NEW del 14 agosto 2006

 
     

Presidente Corte suprema Israele : anteporre i diritti alla sicurezza
di Giulia Alliani

Ieri, sul Corriere della Sera, il professor Angelo Panebianco faceva un'ipotesi, e scriveva: "Immaginiamo che tra qualche mese venga fuori che l'Apocalisse dei cieli, il grande attentato destinato a oscurare persino gli attacchi dell'undici settembre, con migliaia e migliaia di vittime innocenti, sia stato sventato solo grazie alla confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani tramite tortura, di un jahadista coinvolto nel complotto, magari anche arrestato (sequestrato) illegalmente. Chi se la sentirebbe in Occidente di condannare quei torturatori? La risposta è: un gran numero di persone. In Italia più che altrove".

Il professore aggiungeva che "fra coloro che condannerebbero i torturatori senza dubbi nè tentennamenti ci sarebbero anche tante brave persone in buona fede che hanno orrore del terrorismo ma che credono che cose come la legalità , i diritti umani e quello che chiamano (in genere, senza sapere bene cosa sia) lo «stato di diritto» debbano sempre avere la precedenza su tutto: anche sulla salvezza di migliaia di vite umane". Il professor Panebianco provava anche a chiedersi come mai questo potesse accadere e, cercando le possibili cause, spiegava che "C'è in primo luogo il lunghissimo periodo di pace che abbiamo alle spalle" e che "Quella fortunata età  dell'oro che è stata la lunga pace post '45 ha reso un gran numero di persone, soprattutto quelle nate dopo la Seconda guerra mondiale, incapace persino di mettere a fuoco l'idea di «nemico», il nemico vero, assoluto, quello che ti ucciderà  se non riuscirai a neutralizzarlo".

"Per queste persone - notava Panebianco - la guerra è un fenomeno letteralmente incomprensibile. Ciò le rende disponibili a credere che la guerra dichiarata all'Occidente dal terrorismo jahadista possa essere affrontata con gli stessi strumenti con cui ci si difende dai ladri di polli o dai rapinatori di banche". Errore gravissimo dei "neofiti della legalità", ai quali nessuno ha spiegato che "lo stato di diritto è solo uno strumento, altamente imperfetto, che serve a regolare i rapporti entro la comunità  democratica in condizioni di normalità . Uno strumento che fallisce quando scatta l'emergenza, quando qualcuno ti dichiara guerra". Tuttavia, e fortunatamente, esistono anche "i liberali di antica data" che "hanno sempre saputo che lo stato di diritto deve convivere, se si vuole sopravvivere, con le esigenze della sicurezza nazionale. Il che significa che si deve accettare per forza un compromesso, riconoscere che, quando è in gioco la sopravvivenza della comunità  (a cominciare dalla vita dei suoi membri), deve essere ammessa l'esistenza di una «zona grigia», a cavallo tra legalità  e illegalità , dove gli operatori della sicurezza possano agire per sventare le minacce più gravi".

Ahinoi, "i neofiti della legalità  non lo capiranno mai ma questo compromesso è anche l'unica cosa che, in condizioni di emergenza, possa salvare lo stato di diritto e la stessa democrazia". Panebianco, concludendo le sue riflessioni, non mancava di citare con la dovuta preoccupazione "i contraccolpi dell'inchiesta giudiziaria sul sequestro di Abu Omar", auspicando la pronta ricostituzione di "quel compromesso tra stato di diritto e sicurezza nazionale che in Italia, proprio in uno dei momenti più cupi e pericolosi della storia recente dell'Occidente, è venuto meno".

E' davvero una curiosa coincidenza, ma proprio il giorno prima che il "Corriere della Sera" pubblicasse l'articolo di Panebianco, "La Stampa", nell'ambito di un dibattito sulla riforma dei Servizi segreti, aveva pubblicato un intervento di Armando Spataro, il magistrato titolare dell'inchiesta su Abu Omar, quella dei contraccolpi. Secondo Spataro "non si può condividere l'opinione di chi invoca «mani libere» per i servizi segreti: la loro funzione è essenziale, in democrazia, al pari di quelle proprie della polizia giudiziaria, della magistratura e di altre istituzioni; ma proprio le democrazie, come è richiesto agli Stati membri dall'Unione Europea, quando lottano contro il terrorismo, devono farlo nel pieno rispetto delle regole e, come è stato scritto in una sentenza della Corte Suprema israeliana firmata dal suo presidente A. Barak, «con una mano legata dietro la schiena». Altrimenti smentirebbero se stesse e non sarebbero distinguibili dai propri nemici".

E' chiaro a questo punto che il presidente della Corte Suprema israeliana non dev'essere uno di quei "liberali di antica data" che sanno accettare i compromessi e le zone grige. Risulta invece piu' difficile, vista l'eta' e la professione, considerarlo un "neofita della legalità ". Non si capisce poi come possa esprimersi in certi termini una persona che, non solo non e' fra "quelle nate dopo la Seconda guerra mondiale" che conoscono solo "quella fortunata età  dell'oro che è stata la lunga pace post '45", ma che ha avuto la famiglia sterminata dai nazisti e solo per caso e' sfuggita all'Olocausto. E, come se non bastasse la sentenza citata da Spataro, il giudice Barak si permette di ribadire il concetto anche in occasione di visite e conferenze presso universita' americane, dove ha gia' detto la sua proprio sui punti affrontati da Panebianco, giungendo pero' a conclusioni diametralmente opposte.

Per esempio, nel 2003, il presidente della Corte Suprema di Israele, ha pronunciato un discorso alla Brandeis University, in occasione della laurea honoris causa che gli era stata assegnata. Vale la pena di leggere tutto il suo intervento molto attentamente, confrontandolo poi con l'articolo di Panebianco: "Oggi mi e' stato tributato un grande onore. Ricevere una laurea honoris causa da parte di questa universita'costituisce, dal mio punto di vista, un momento importante della mia carriera. Sono grato perche' mi avete ritenuto meritevole di ricevere questa laurea, in special modo per il legame tra questa Universita'e il compianto giudice Brandeis, che e' stato uno dei maggiori giuristi d'America ed un Sionista, e per il quale ho provato grandissima ammirazione e stima durante i miei 25 anni alla Corte Suprema di Israele. Voi studenti partite oggi, lasciando l'ambiente accogliente dell'Universita', per tuffarvi nella realta' della vita. E'possibile che io, che vengo da un altro paese e da un'altra cultura, e sono molto piu' vecchio di voi, possa dirvi qualcosa che abbia senso e importanza per la vostra vita? Ne dubito. E allora, vi prego di permettermi di raccontarvi alcune delle mie esperienze e quanto da esse ho imparato. Forse in questo ci sara' qualcosa che potra', almeno un poco, servivi da guida".

"Durante la seconda guerra mondiale - continuava l'intervento del presidente Barak - la mia famiglia ed io eravamo nel Ghetto di Kovno, in Lituania. Siamo caduti vittime dell'Olocausto. La maggior parte della mia famiglia e' stata sterminata. La maggior parte dei bambini del Ghetto sono stati fucilati sul posto, o sono stati uccisi ad Auschwitz. Sono sopravvissuti solo pochissimi bambini su parecchie migliaia. Io mi sono salvato per miracolo, grazie ad una famiglia lituana. Che cosa mi ha insegnato e mi insegna tuttora questa esperienza? La lezione che ne ho tratto non e' l'odio: non e' la fine della speranza nella natura degli esseri umani. All'opposto: la lezione e' il desiderio di avere fiducia e amore per ogni essere umano. Solo il credere nella nostra capacita' di superare le difficolta' ci ha permesso di continuare a esistere in mezzo all'orrore. E solo la fiducia negli esseri umani e nella loro dignita' ci ha permesso di vivere dopo che avevamo lasciato l'inferno".

"E cosi', la lezione che mi viene dall'Olocausto consiste nella centralita' dell'essere umano, e nel fatto che i diritti umani rivestono un altissimo significato. La lezione e' stata che siamo tutti fatti a immagine di Dio, e come tali siamo tutti uguali. Difendere la dignita' e l'eguaglianza degli esseri umani: questa e' la Stella Polare che mi guida nella mia funzione di giudice. Naturalmente, come giudice non ho un programma, non rappresento una piattaforma in base alla quale sono stato eletto. Come giudice il mio lavoro consiste nel risolvere i conflitti che mi vengono portati davanti, in modo oggettivo e indipendente. Sono imparziale. Ma questa imparzialita' non significa indifferenza. Come giudice, per me, fa parte del mio lavoro difendere i fondamenti della societa' e soddisfarne i bisogni. Come giudice, per me, in base a quanto ho imparato dalla mia esperienza, fa parte del mio lavoro difendere i diritti umani e la dignita' e l'eguaglianza di ogni individuo. Come giudice, secondo me, fa parte del mio lavoro cercare di trovare il giusto equilibrio tra la societa' e l'individuo".

"Oggi voi uscite per tuffarvi nella vita. Ognuno parte per la sua strada. Io spero che in questa Universita'abbiate appreso la lezione che io ho appreso dalla mia vita: la centralita' dell'essere umano e della sua dignita', la necessita' di preservare i diritti umani di ogni singolo essere umano in quanto essere umano; la tolleranza per le opposte opinioni, anche per quelle che tolleranti non sono; la necessita' di trattare tutti nello stesso modo e in modo onesto, e la necessita' di rispettare lo stato di diritto. Nella Germania nazista la legge c'era. La parola del Fuhrer era legge e richiedeva obbedienza. Il governo nazista agiva in base a leggi che si era creato da solo. Non e' questo lo stato di diritto che ci viene richiesto di rispettare. La legge di cui parliamo e' la regola stabilta dalla legge democratica. E' la legge approvata dai cittadini per mezzo dei loro rappresentanti. E' la legge che stabilisce il giusto equilibrio tra le esigenze dello Stato e i diritti dell'individuo. Quindi, democrazia non significa solo regola della maggioranza. Democrazia vuol dire anche diritti umani. Una maggioranza che nega i diritti della minoranza offende la democrazia".

"Per me - continuava il presidente della Corte Suprema israeliana - la democrazia non e' solo democrazia formale. Per me la democrazia e' anche democrazia sostanziale. La democrazia ha una sua interna moralita' che si basa sulla dignita' e l'uguaglianza di tutti gli esseri umani. Non esiste democrazia se non vengono riconosciuti valori fondamentali come moralita' e giustizia. E soprattutto non puo' esistere democrazia senza difesa dei diritti umani fondamentali - diritti cosi' essenziali che devono essere indipendenti dal potere di una maggioranza. Rispetto dello stato di diritto e democrazia devono essere al di sopra di tutto in tempo di pace. Devono essere al di sopra di tutto anche in tempi di guerra e di terrore. Il detto romano per cui 'in guerra, le leggi tacciono', o il ben noto detto 'quando parlano le armi, le Muse tacciono', sono sbagliati. Ogni guerra in cui un paese si impegna - contro il terrorismo o qualsiasi altro nemico - viene condotta in base a regole e leggi. Lo Stato deve sempre agire in base a una legge. Non ci sono buchi neri. E la legge ha bisogno delle Muse, in modo ancora piu' urgente quando sono le armi a parlare".

"Abbiamo bisogno delle leggi soprattutto in tempi di guerra. E abbiamo bisogno dei diritti umani soprattutto in tempo di guerra e nella lotta contro il terrore. Si', quando una democrazia combatte contro il terrore, non puo' considerare ammissibili tutti i mezzi, e non tutti i metodi impiegati dai suoi nemici le sono consentiti. Talvolta una democrazia deve combattere con una mano legata dietro la schiena. CiĆ² non toglie che essa possa avere una posizione di forza. Preservare lo stato di diritto e garantire il rispetto delle libertà  individuali costituisce un aspetto importante del modo in cui essa interpreta la sicurezza. E' così che, alla fine dei conti, essa rafforza il suo spirito ed è in grado di superare le difficoltà  che deve affrontare. Cosi' negli Stati Uniti dopo l'11 settembre, e cosi' nel mio paese, Israele, dove da molto tempo subiamo il terrorismo".

"Nel momento in cui partite per la vostra vita, date il giusto valore allo stato di diritto e alla democrazia. Solo in questo modo e' possibile stabilire i fondamenti sociali che difendono l'individuo e i suoi diritti. Voi siete fortunati. L'America e' una delle democrazie piu' illuminate del mondo. Serve da modello e ispirazione per altre democrazie, per quanto riguarda il giusto equilibrio tra lo Stato e l'individuo. La Costituzione americana e' un esempio e un modello per il mondo intero per quanto concerne la difesa dei diritti umani in uno stato democratico. Le sentenze dei vostri tribunali si studiano in molti stati democratici. La mia vita mi insegna che bisogna combattere per la democrazia e lo stato di diritto".

" La democrazia e lo stato di diritto non vanno presi per scontati. Grandi forze dall'interno e dall'esterno cospirano contro di essi. Non ci si puo' piu' cullare nell'idea che "tanto a noi non succedera'". Tutto puo' accadere. Se la democrazia e' stata stravolta e distrutta nella Germania di Kant, di Beethoven e di Goethe, puo' succedere ovunque. Se noi non difendiamo la democrazia, la democrazia non difendera' noi. E' con questo spirito che io entro ogni giorno nella mia aula. Quando giudico, vengo giudicato. E voi, iniziando la vostra nuova vita, possiate essere, con i vostri atti e i vostri pensieri, lo scudo della democrazia in America e nel mondo. Che Dio vi benedica".

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