NOTIZIARIO del 03 maggio 2004

 
     

Gli esperti : tortura legale ?
di Giulia Alliani

L'attenzione di cittadini, media ed esperti si appunta in questi giorni sulla tortura, sia per la diffusione delle notizie provenienti dall'Iraq, e di cui si e' diffusamente relazionato su questo Bollettino, sia per la decisione del parlamento italiano di non considerare tortura una minaccia o violenza non reiterata.

Ancora di tortura parla oggi, in un'intervista a La Stampa, il prof. Dershowitz, l'avvocato progressista più famoso d'America, paladino dei diritti civili, nato a Brooklyn da famiglia ebraica (e non e' certo la prima volta. Vedi: "Terrorismo", di Alan Dershowitz, Carocci, 2003, e Corriere della Sera, 1 febbraio, 2002, «I terroristi? Torturiamoli» intervista di A. Farkas).

"Tengo a precisare" ha detto il famoso avvocato "che la mia proposta scaturisce dall'avversione viscerale per la tortura: una realtà clandestina ed illegale che purtroppo esiste e che, non potendo abrogare, desidero portare nell'ambito della legge e della democrazia [...] Il mio obiettivo è istituzionalizzare la tortura per controllarla e fermarla."

Alla base del suo progetto, ci sarebbero dei torture warrants, mandati per torturare i prigionieri. Ma non per far confessare i serial killer; i "mandati di tortura" si eseguirebbero solo contro quelli che lo Stato proclama di volta in volta come "terroristi".

Potrebbe essere interessante chiedere al Professor Dershowitz se, ai tempi del nazismo e della persecuzione contro gli ebrei, avrebbe ritenuto opportuno fare a Hitler le stesse proposte. In fondo, dal punto di vista di Hitler e dello stato tedesco dell'epoca, anche gli ebrei si dovevano considerare pericolosi terroristi, no? Il problema e' tutto qui: chi decide chi sono i terroristi? Un magistrato dovrebbe quindi poter ottenere un «mandato di tortura» così come ottiene un mandato di perquisizione.

Secondo Dershowitz, siccome accade spesso che, in situazioni gravi, gli inquirenti ricorrano al sistema di provocare sofferenze a qualche imputato per ottenere informazioni, bisognerebbe regolare per legge questa pratica in modo da sottrarla all'arbitrio dei singoli e "impedire che il singolo agente, poliziotto o funzionario di basso livello possa soggettivamente decidere che cosa fare" in quanto "Le decisioni devono essere prese da chi politicamente deve rendere conto agli elettori affinche' possa essere punito per eventuali errori commessi".

Nemmeno Paolo Mieli, sul Corriere della Sera, pareva molto convinto delle idee propugnate da Dershowitz: "Punto d'appoggio di queste tesi - commentava Mieli - sono alcune pagine scritte all?inizio dell?Ottocento dal filosofo inglese Jeremy Bentham che si dichiarò favorevole all?uso della tortura «in un numero ristretto di casi».

E un interessantissimo studio di John Langbein, docente all?università di Yale, sull?impiego della tortura legalizzata in Inghilterra: «Torture and the Law of Proof» («La tortura e le leggi della prova»). Langbein ha analizzato 81 mandati di tortura rilasciati tra il 1540 e il 1640 constatando che in molti di essi, specialmente nei casi di alto tradimento, la tortura viene usata per scongiurare un crimine non per documentarlo. Secondo Dershowitz è questo il punto: la tortura, inammissibile come mezzo per ottenere una prova, può essere entro certi limiti tollerata se ha lo scopo di impedire un attacco terroristico."

"A me viene in mente un altro precedente - continuava Mieli - Verso la fine degli anni Ottanta, il governo israeliano nominò una Commissione presieduta da un giudice (in pensione) della Corte suprema per affrontare il tema delle sofferenze inflitte a un imputato allo scopo di farlo parlare nenti attentati. La Commissione concluse che esistono tre modi per risolvere questo grave dilemma:

  • 1) permettere ai servizi di sicurezza di combattere il terrorismo... rimanendo in una zona di penombra esterna al dominio della legge»;
  • 2) quello ipocrita di «dichiarare di attenersi al principio di legalità, ma chiudere un occhio nei confronti di ciò che accade sotto l?apparenza delle cose»;
  • 3) quello più onesto di «garantire per legge un quadro adeguato per l?attività dei servizi di sicurezza impegnati nel tentativo di impedire gli atti terroristici».

La Corte suprema di Israele decise di scartare tutte e tre le soluzioni e dichiarò illegale in tutto e per tutto l'uso delle pressioni fisiche. Sempre e comunque. Di lì a poco saltò in aria un bus provocando la morte di diverse persone. Grande fu l'emozione. I servizi di sicurezza israeliani dichiararono che se fosse stato loro consentito di far ricorso a uno dei metodi di cui sopra, forse quell'attentato avrebbe potuto essere evitato. Ma la Corte suprema in una seduta altamente drammatica ribadì la sua scelta."

Mieli concludeva dicendo: "A me sembra che quella Corte abbia fatto bene". E questa volta siamo d'accordo con lui.

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