19 ottobre 2007

 
     

Pena di morte : peccato non sia vero
di Claudio Giusti*

Il Resto del Carlino di oggi, 19 ottobre, dedica due pagine al caso di Paula Cooper, l'americana di colore che, quindicenne, fu condannata a morte per il brutale omicidio di Ruth Pelke. Secondo il RdC la Cooper fu "salvata dal patibolo" grazie all'intervento dell'opinione pubblica italiana ed europea e ai due milioni di lettere che, nel 1988-89, arrivarono al Governatore dell'Indiana.

E' un vero peccato che non sia vero. La verità dei fatti è che la quindicenne Paula Cooper ebbe la sentenza commutata, dalla Corte Suprema dell'Indiana, il 13 luglio 1989, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva deciso, con le sentenze Thompson contro Oklahoma del 29 giugno 1988 e Stanford contro Kentucky del 26 giugno 1989, che era contrario alla Costituzione condannare a morte chi avesse meno di sedici anni al momento del delitto. La Corte Suprema dell'Indiana si limitò quindi a prenderne atto.

Nel caso della Cooper, come in quello più recente di Kenneth Foster, il peso dell'opinione pubblica internazionale è stato pressoché irrilevante e gli sforzi sono stati indirizzati al bersaglio sbagliato: il Governatore.

Occorre invece puntare sull'opinione pubblica americana e occorre farlo con competenza e fantasia.

Scusate, dimenticavo. Dal 1989 ad oggi le esecuzioni americane sono state un migliaio e non 358, come dice il RdC.

* membro del Comitato scientifico dell'Osservatorio

Speciale diritti

Speciale giustizia USA

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