11 giugno 2007

 
     

USA : future giurie forse piu' bianche e piu' inclini alla pena di morte
di Rico Guillermo*

Una decisione di lunedi' scorso della Corte suprema USA ha reso piu' facile per i pubblici procuratori escludere dalle giurie che devono decidere su casi in cui sia applicabile la pena di morte, persone che abbiano espresso riserve su tale tipo di sanzione.

Percio' le giurie saranno piu' bianche e piu' inclini alla pena capitale, secondo vari giuristi e psicologi. Peraltro i giurati che restano dopo l'esclusione di chi si pone questioni etiche sulla pena di morte, come mostrano tutti gli studi, votano in maniera piu' marcata per la colpevolezza degli imputati che la media dei giurati in generale.

In una serie di casi recenti, la Corte suprema ha limitato la possibilita' di comminare la pena di morte, ad esempio nel caso di imputati mentalmente ritardati e minorenni, ed ha capovolto sentenze di morte basate sulle istruzioni errate date alle giurie, sulla scelta dei giurati in base al colore della pelle e sull'incompetenza degli avvocati della difesa.

Ma lunedi' e' stato stabilito il principio che, in ogni Stato USA che preveda la pena di morte, si potrebbe decidere che solo chi sia preparato a comminare tale tipo di punizione possa far parte delle giurie capitali e secondo alcuni esperti potrebbe dare a giudici l'autorita' per escludere circa la meta' della popolazione dalle giurie nei casi di pena di morte.

Infatti e' all'incirca del 50-60% il sostegno alla pena di morte negli USA, mentre secondo uno studio del Centro d'informazione sulla pena di morte - un gruppo senza scopo di lucro di Washington - reso noto il 9 giugno, il 39% degli Americani afferma di avere un'obiezione morale sulla pena di morte.

Ma secondo alcuni giuristi vi e' contraddizione fra l'interesse mostrato dalla Corte per l'innocenza o potenziale innocenza di condannati alla pena capitale e la scelta di dare la possibilita' di selezionare giurie composte in tutto o in gran parte da giurati favorevoli per principio alla pena di morte. Ed anche secondo giuristi convinti assertori della pena di morte, la probabilita' che il numero delle condanne aumenti in caso di giurati inclini alla pena di morte sono effettivamente superiori, anche se questi parlano di "misure di sicurezza nel sistema".

Eppure queste misure di sicurezza non hanno impedito, quando le giurie erano scelte in modo meno selettivo, di condannare a morte innocenti. Alcuni di essi sono stati liberati - anche di recente - dopo decenni nel braccio della morte. Per altri, il riconoscimento dell'innocenza e' giunto a sentenza gia' eseguita.

I giurati per le giurie chiamate nei casi capitali tendono - secondo quanto dichiarato da Brooke Butler, professore di psicologia all'Universita' della Florida del Sud, ad Adam Liptak, del New York Times - ad essere un gruppo demografico unico: bianchi, maschi, moderatamente istruiti, di media condizione socieoconomica, politicamente conservatori, cristiani (protestanti o cattolici). In uno studio, il professor Butler ha rilevato che in genere queste persone hanno dei pregiudizi, razzisti, sessisti e omofobici.

Ma anche uno studio del 2001 del giornale dell'Universita' della Pennsilvania, derivante da interviste con 1.155 giurati capitali di 340 processi in 14 Stati, ha rilevato che la razza ha svolto un ruolo importante nella scelta da parte dei giurati di imporre condanne a morte, e la differenza e' tanto piu' vistosa quando l'accusato e' nero e la vittima bianca. La presenza di un singolo giurato maschio nero ha avuto un effetto opposto, riducendo la probabilita' di condanna capitale dal 72% al 43%.

La norma giuridica che regola la selezione dei giurati capitali e' neutra. I procuratori che desiderano escludere i giurati devono dimostrare che i loro punti di vista sulla pena di morte impedirebbero o sostanzialmente altererebbero la loro capacita' di seguire la legge. Il disaccordo con la pena di morte per motivi ideologici o la riluttanza ad imporla non e' sufficiente. Devono dire soltanto che sono disposti a considerarla.

Molti ritengono giusto che le giurie, rappresentando il popolo, riflettano i sentimenti della comunita' sui diversi tipi di pena. Al contrario, il giudice William H. Rehnquist, precedente presidente della Corte Suprema, scrivendo il parere di maggioranza in un caso del 1986, disse invece che la costituzione non esclude l'esclusione dei gruppi di persone basato sui loro atteggiamenti sui diversi aspetti della condanna capitale, ma cio' e' diverso dall'"esclusione all'ingrosso dei neri, donne o i ispanoamericani dal servizio nella giuria", perche' ha il fine di "servire l'interesse legittimo dello Stato di ottenere una singola giuria che puo' applicare correttamente ed in modo imparziale la legge ai fatti".

Viceversa, nel suo parere di dissenso, il giudice Thurgood Marshall obiettava che l'esclusione dei giurati oppositori della pena di morte, "concede allo Stato un vantaggio speciale in quei processi dove le accuse sono piu' serie e le potenziali punizioni piu' severe".

* si ringrazia Claudio Giusti

Speciale diritti umani

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