27 febbraio 2007

 
     

USA : trattamento in carcere a nemici combattenti finira' in tribunale
di Rico Guillermo*

Il trattamento dei detenuti a Guantanamo e nelle altre carceri USA sta per essere passato al vaglio di un tribunale degli Stati Uniti, precisamente a Miami, in Florida, dove e' in corso il processo a José Padilla, accusato di collegamento con una cellula terroristica internazionale. Internato come "nemico combattente" in una prigione di Charleston, nella Carolina del Sud, il suo processo e' cominciato il 22 febbraio.

Il problema che hanno sollevato i suoi avvocati e' il comportamento dell'imputato, che oggi teme i suoi difensori e si sente invece protetto dai suoi carcerieri. Questo sarebbe dovuto, dicono, al trattamento ricevuto in carcere, dove e' rimasto per oltre 1300 giorni in una cella piccolissima e in stato di privazione sensoriale, mentre gli interrogatori sono avvenuti invece in presenza di forti suoni e luci. Inoltre gli sarebbe stato iniettato un siero della verita', forse un allucinogeno. Per tali ragioni Padilla non sarebbe in se' e non potrebbe sostenere un processo.

Il procuratore ha dichiarato invece di ritenere che Padilla sia perfettamente consapevole e che non importa cosa gli e' accaduto in carcere, perche' non e' questo l'oggetto del processo. Ma non la pensa cosi' il giudice Marcia Cooke, secondo la quale e' invece rilevante cosa sia accaduto all'imputato in prigione e come questo abbia influito sul suo stato mentale attuale. Il giudice ha percio' richiesto la testimonianza in udienza di vari impiegati della prigione. Fra gli interrogativi c'e' come sia possibile che un uomo accusato di essere coinvolto in progetti antigovernativi si comporto ora "come una parte della mobilia".

Ma di fatto - nota in un editoriale Naomi Klein, giornalista ed attivista canadese nota per il saggio "No Logo" - il processo assume molta maggiore importanza, poiche' coinvolge i metodi adottati con i prigionieri di Guantanamo e le pratiche documentate in decine di casi di extraordinary rendition della CIA, cosi' come nelle prigioni in Iraq e in Afghanistan.

E molti hanno sofferto gli stessi sintomi di Padilla, anzi, secondo James Yee, ex cappellano musulmano dell'esercito a Guantanamo, c'e' un'intera sezione della prigione, denominata Delta Block, riservata ai detenuti che sono stati ridotti in uno stato infantile, parlando con voce da bambini, dicendo assurdita' e cantando ripetutamente e a viva voce canzoncine per l'infanzia. Nel blocco c'e' una vigilanza antisuicidio 24 ore su 24. Secondo Human Rights Watch, inoltre, vicino Kabul i prigionieri delle carceri USA, sollecitati continuamente con forti suoni sconosciuti, sono ormai ridotti a battere la testa contro le sbarre, come raccontato da un ex detenuto.

Fino ad oggi queste tecniche non erano mai finite in tribunale, perche' essendo i prigionieri stranieri, non si erano posti problemi di habeas corpus, anche se la Corte Suprema aveva sentenziato che i detenuti di Guantanamo avrebbero potuto rivolgersi ai Tribunali civili per verificare la fondatezza della loro detenzione. Tuttavia una successiva legge voluta da Bush ha ristretto la giurisdizione applicabile ai "nemici combattenti" alle sole commissioni militari. Ma il caso di Padilla e' diverso: Padilla e' un cittadino americano quindi e' l'unica vittima del vuoto legale post-9/11 ad affrontare un processo normale negli Stati Uniti.

La decisione del giudice solleva ora un problema per l'amministrazione USA, e riporta alla ribalta un manuale in uso presso la CIA declassificato nel 1963, nel quale si esaltano gli effetti della detenzione con privazione sensoriale e degli interrogatori con stimoli violenti. D'altra parte il manuale da campo dell'esercito, ristampato l'anno scorso, dichiara, "la privazione sensoriale puo' provocare ansia estrema, allucinazioni, pensieri bizzarri, depressione e comportamento antisociale", nonche' "profonda afflizione psicologica".

*si ringrazia Claudio Giusti, membro del Comitato scinetifico dell'Osservatorio

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