NEW del 25 settembre 2005

 
     

Riforme giustizia : legalita' frullata e assuefazione
di Fabio Roia *

Stiamo vivendo un periodo di confusione istituzionale dove un pericoloso sentimento di rassegnazione ed adattamento sta aggredendo la magistratura ed il nostro quotidiano. E' una sorta di assuefazione alla legalità frullata -determinata da una probabile reazione di sopravvivenza- che le ultime recenti vicende ci stanno proponendo.

Le intercettazioni telefoniche sono uno strumento di ricerca di elementi di prova per vagliare la fondatezza di una notizia di reato già esistente. E' vero che in qualche caso vengono utilizzate come strumento di ricerca di altre notizie di reato -ed in queste situazioni si è in presenza di un deficit di legittimità degli atti che andrebbe opportunamente sanzionato- ma pensare alla loro limitazione, in un contesto storico dove la prova dichiarativa è dissacrata ed inquinata per tradizione e dove la prova critico-logica soffre di paure applicative determinate dal clima giudiziario, significa rinunciare ad indagare, e quindi a perseguire, fenomeni di criminalità articolata (economica, politica, organizzata) e reati di particolare allarme sociale (violenze sessuali, rapine).

L'iniziativa legislativa in materia -come al solito- non rientra in un piano organico di riforma del processo ma appare occasionata dalle vicende giudiziarie che riguardano banchieri, centri di finanza, pr ofili anche istituzionali. La divulgazione giornalistica (che è altra cosa rispetto allo strumento del processo) rischia di indurre il legislatore ad intervenire sul presupposto della notizia. Per non informare basta non indagare.

L'appello del Pubblico Ministero viene limitato e, ancora una volta, non si pensa ad un complessivo riordino di sistema (le impugnazioni) bensì ad un intervento incomprensibile che altera la fisiologia delle parti nel processo. Invero occorre dire che - sul tema- qualche torto la magistratura associata l'ha maturato, posto che alcune idee contrabbandate come intelligenza di tutti appartengono soltanto ad alcuni esponenti correntizi troppo lontani dalla viva realtà giudiziaria.

La riduzione dei termini di prescrizione dei reati ha finalità particolari ben note ma quello che dovrebbe far sussultare le coscienze giuridiche, politiche e civili - al di là della ricorrente carenza di etica legislativa- è che il provvedimento rischia di azzerare per prescrizione migliaia di processi riguardanti fatti di particolare gravità vanificando il lavoro di polizia giudiziaria e magistratura (con dispersione dei costi sopportati dall'Amministrazione) ma, soprattutto, costituendo un fattore di disincentivazione alla scelta di riti alternativi e, in qualche modo, di valenza criminogena (delinquo, sfido il processo, aspetto la prescrizione).

Pare inoltre che il Ministro della giustizia non sia in grado di monitorare statisticamente gli effetti perdonistici del provvedimento sui processi in corso. Si approva dunque una legge -che appare devastante sul piano della illegalità accertata- senza nemmeno saperne le conseguenze. Negli schemi dei decreti attuativi della riforma dell'ordinamento giudiziario appena emanati (e letti) si evidenziano subito i solchi di erosione dell'autonomia e indipendenza dei magistrati realizzata attraverso lo svuotamento dei compiti del Consiglio Superiore della Magistratura (al quale viene completamente tolta la materia della formazione).

Fra le altre disposizioni:
- Il comitato di gestione della Scuola della Magistratura (nominato dal comitato direttivo del quale fanno parte, su sette componenti, soltanto due magistrati ordinari -che devono esercitare ovviamente funzioni di secondo grado da almeno tre anni in ossequio alla nuova struttura piramidale della giurisdizione- scelti dal CSM), al termine del corso si aggiornamento professionale, formula una valutazione finale che viene inserita nel fascicolo personale del magistrato.
- Il consiglio giudiziario in composizione allargata (con la presenza di componenti designati dal consiglio regionale, di componenti avvocati e professori universitari, del componente rappresentante dei giudici di pace) esercita la vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto e, qualora rilevi l'esistenza di disfunzioni, le segnala al Ministro della giustizia.

In questo contesto la magistratura potrebbe scegliere, fra stanchezza e mancanza di carisma istituzionale la via del conformismo (perseguire l'illegalità del comune sentire) ed il singolo magistrato quella del riflusso privatistico (lavoro, titoli, tempo libero). Occorre invece vincere con fatica quel senso di assuefazione che sta intorpidendo l'agire e, forse, il sentire.

* Magistrato, Unicost, Milano

Speciale Giustizia

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