NEW del 29 settembre 2005

 
     

Iraq : direttore Reuters , esercito USA blocca informazione
di Mauro Giannini

L'accusa all'esercito USA di ostacolare i giornalisti e di provocare incidenti mortali agli operatori della stampa proviene questa volta non da un'associazione per la difesa della liberta' di espressione, ma dall'autorevole direttore di una delle maggiori agenzie di stampa del mondo, Reuters.

David Schlesinger, direttore della gestione globale Reuters, ha scritto al Senatore John Warner, presidente della Commissione delle forze armate del Senato statunitense, chiedendogli di veicolare al segretario della difesa Donald Rumsfeld la "grande e diffusa preoccupazione nel mondo dei media sul comportamento delle truppe USA" in Iraq, che e' "fuori controllo".

I soldati americani tentano infatti di impedire alla stampa di rendere noto cosa accade in Iraq e pertanto si verifica "una serie di incidenti di disturbo" in cui i giornalisti restano uccisi o sono arbitrariamente o illegalmente arrestati.

A giudizio di Schlesinger le uccisioni e gli arresti dei giornalisti costituiscono di fatto una pressione sugli operatori dei media che limita la liberta' di stampa impedendo la piena indipendenza e la completezza dell'informazione, limitando la liberta' "che gli USA dicono di volere".

Warner incontrera' oggi il capo del Pentagono e Schlesinger gli ha chiesto di domandare a Rumsfeld di risolvere questa questione "in modo che siano bilanciati i legittimi interessi di sucurezza delle forze armate USA in Iraq e gli egualmente legittimi iunteressi dei giornalisti in zona di conflitto sotto le leggi internazionali".

66 operatori dei media sono stati uccisi in Iraq dal marzo 2003. Molti di essi erano iracheni corrispondenti per testate occidentali. Le forze americane hanno ammesso di aver ucciso tre giornalisti della Reuters, fra cui di recente Waleed Khaled, sparato il 28 agosto a Baghdad, ma l'agenzia di stampa internazionale crede che anche un quarto giornalista, che e' stato ucciso lo scorso anno mentre lavorava a Ramadi, sia rimasto vittima del "fuoco amico".

Gli Americani hanno affermato di essere sempre stati nel giusto a sparare, e che le morti sono state accidentali, ma il direttore di Reuters ricorda che Washington ha rifiutato inchieste indipendenti e trasparenti sui fatti. Mai nessuno e' stato sanzionato per quelle morti, anche quando i soldati avevano ammesso di esserne gli autori, come nel caso dell'Hotel Palestine.

Di recente, poi, si sono avute diverse esecuzioni di giornalisti locali o stranieri con un colpo alla testa. In alcune occasioni, testimoni hanno affermato di aver visto uomini in divisa prelevare la vittima poche ore prima del ritrovamento del corpo.

Gli Stati Uniti hanno imposto l'evacuazione degli operatori della stampa - "per motivi di sicurezza", ma pena l'arresto o l'allontanamento con la forza - da molte zone calde, come l'assedio di Najaf.

Unica eccezione i giornalisti al seguito dell'esercito, i cosiddetti "embedded", che hanno accettato di seguire appositi regolamenti che li vincolano a girare sempre accompagnati dai soldati USA ed a non riportare cio' che potrebbe riguardare segreti militari o danneggiare l'immagine dell'esercito.

Speciale libera informazione

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