19 gennaio 2008

 
     

Emergenza rifiuti in Campania . Le buone intenzioni...
di Massimiliano Trematerra

Il commissario delegato per soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania, sebbene la straordinarietà dovrebbe caratterizzare ogni commissariamento, è organo istituito più di dieci anni fa.

Con ordinanza del presidente del consiglio dei ministri n. 2425/96 fu nominato, in luogo del commissario di governo in Campania - che aveva sino ad allora e dal 1994 ricoperto la relativa carica, commissario dell'emergenza rifiuti "fino all'approvazione del piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti" il presidente della regione Campania A. Bassolino. La scadenza per l'elaborazione di detto piano, originariamente fissata con la predetta ordinanza nel 31.12.1996, è stata in seguito prorogata con numerose altre ordinanze del presidente del consiglio dei ministri o del ministro dell'interno.

Di fatto, il piano regionale per la risoluzione dell'emergenza rifiuti venne elaborato e portato a compimento, con la previsione della realizzazione di due termovalorizzatori e sette impianti per la produzione di combustibile derivato da rifiuti nel 1997. Fu, quindi, bandita una gara vinta da una associazione temporanea di imprese, la cui capogruppo era la società FIBE s.p.a., interamente partecipata dalla Impregilo s.p.a., i cui legali rappresentanti sono oggi imputati per truffa ai danni della regione Campania, nel processo di cui tanto si discute oggi, la cui udienza preliminare si sta tenendo proprio in questi giorni.

L'appalto aggiudicato a FIBE s.p.a. venne disciplinato a mezzo di contratti stipulati l'uno tra il commissario delegato e la FIBE s.p.a. (rep. 52/01), con riferimento alla gestione in Napoli e provincia, l'altro con la FIBE Campania s.p.a. (rep. 11503/00) nelle altre province campane. L'appalto aveva ad oggetto la costruzione di due termovalorizzatori e di sette impianti di Combustibile Derivato da Rifiuti, ponendosi come corrispettivo dell'opera la gestione dei medesimi impianti per un periodo di dieci anni. Si trattava, dunque, di un project financing stante l'indisponibilità da parte della regione Campania e degli altri enti interessati, delle somme occorrenti per il pagamento immediato del corrispettivo delle dette opere.

Tra il 2001 e il 2003, le società affidatarie dei lavori e del servizio di gestione hanno ultimato e messo in funzione gli impianti di produzione di CDR di Caivano, Pianodardine, Santa Maria Capua Vetere, Giugliano, Casalduni, Tufino e Battipaglia. Dei due termovalorizzatori previsti ne è stato costruito uno solo ad Acerra ma il giudice penale ne ha disposto nel tempo molteplici sequestri.

La ragione principale, l'inquinamento prodotto dalla combustione, sembrava dipendere dal non raggiungimento da parte del combustibile della temperatura sufficiente ad elidere i rischi di inquinamento. Questo può addebitarsi ad una non corretta raccolta differenziata e alla conseguente mescolanza di rifiuti secchi con rifiuti umidi. Di fatto, l'incompletezza del ciclo rifiuti ha obbligato il commissario delegato ad individuare siti ove ubicare le c.d. eco-balle prodotte dagli impianti di CDR.

Il commissario delegato ha così svolto delle molteplici attività istruttorie all'esito delle quali ha, ogni volta che la necessità lo ha reso indilazionabile, individuato siti per la ubicazione di frazione organica stabilizzata e sovvalli, che sono il materiale risultante dal trattamento dei rifiuti negli impianti di CDR. Le ubicazioni di questi materiali sono state giustificate da un punto di vista ambientalistico, come interventi di ricomposizione morfologica, portati avanti sino a saturazione dei siti stessi.

Ciascuno di questi interventi ha provocato comprensibili reazioni da parte delle popolazioni delle località interessate, poiché si è cominciato a percepire che quella che veniva definita come un'emergenza era divenuta ormai un procedere disordinato con obiettivi che tuttora appaiono irraggiungibili.

Speciale rifiuti in Italia

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