NEW del 04 aprile 2005

 
     

Diritti e informazione : amianto , la congiura del silenzio
da Roberto Topino*

Il testo che segue è del 2000, il "processo del secolo", allora fermo, è giunto ad un accordo per un mega risarcimento pari a 4,7 miliardi di dollari destinato a circa 400.000 vittime di prodotti di isolamento contenenti amianto.

Un dato emerge con grande chiarezza. C'è stato, e c'è ancora, un gran da fare, da parte di chi ha grossi interessi economici, al fine di impedire la conoscenza dei rischi collegati con l'amianto per evitare future condanne e risarcimenti per le vittime.

L'aiuto di alcuni mezzi di informazione e fin troppo evidente. L'unica via di uscita per chi non vuole respirare l'amianto è quella di far conoscere i rischi al maggior numero di persone possibile: l'informazione genera la consapevolezza del rischio e questa è la base per future richieste di risarcimento.

Chi utilizza o sparge l'amianto oggi, deve sapere che in futuro dovrà risarcirne le vittime. Sottolineo che non è materialmente pensabile che vi possa essere un uso "controllato" dell'amianto (tesi peraltro largamente confermata da esperienze di studiosi degli Stati Uniti).

Infine rilancio uno dei messaggi conclusivi del Congresso Mondiale dell'Amianto, "per piccolo che tu sia, potrai sempre lottare, per grande che tu sia, potrai sempre perdere".

Roberto Topino

TRA PRODUTTORI E OMC CONGIURA DEL SILENZIO I criminali dell'amianto

Benché da quasi quarant'anni sia stato scientificamente dimostrato che l'amianto è cancerogeno e che ha fatto migliaia di vittime, l'Organizzazione mondiale del commercio (Ocm) sta istruendo un reclamo del Canada - che esporta il 99% della sua produzione di fibra mortale - contro la Francia, accusata di averla proibita dal 1997. Chi pensa sia solo un brutto sogno sbaglia: mettendo come al solito la "libertà" di commercio al di sopra di ogni altra considerazione, l'Omc, grazie al suo Organo di composizione delle vertenze (Ord), è perfettamente capace di dare ragione agli industriali della morte e agli stati che non si vergognano di appoggiarli. Dopo la scandalosa sentenza sul bovino agli ormoni, tutto sembra possibile.
di PATRICK HERMAN e ANNIE THÉBAUD-MONY **

Udienze a porte chiuse, segreto e anonimato caratterizzano il funzionamento dell'Organo di composizione delle vertenze (Ord), braccio armato dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc). È il caso di ricordare che è stata la condanna inflitta all'Unione europea per il suo rifiuto di importare carne agli ormoni dagli Stati Uniti in Francia, che ha dato ampia - e sgradita - notorietà all'Omc e provocato reazioni a catena, a cominciare dalle iniziative dei produttori di formaggio Roquefort dell'Aveyron.

Oggi, senza altra pubblicità, l'Ord si prepara a deliberare su un reclamo canadese che contesta, sempre in nome della libertà di commercio internazionale, la decisione francese di proibire l'amianto, in vigore dal 1° gennaio 1997. Il 28 maggio 1998, Ottawa ha aperto un contenzioso contro la Francia, dando inizio a una battaglia fra esperti. Il tutto avviene lontanissimo dalle innumerevoli vittime che, dal canto loro, hanno già subito sul proprio corpo gli effetti dell'amianto. Da una parte si schierano Canada, Zimbabwe e Russia, paesi produttori per i quali questa industria riveste carattere strategico. Dall'altra, la Francia, la cui posizione è difesa dall'Unione europea - una direttiva che proibisce il commercio e l'uso dell'amianto è stata adottata nel luglio 1999 e dovrà entrare in vigore in tutti i paesi al più tardi nel 2005. Per ora, solo tre dei suoi membri non l'hanno ancora applicata (Spagna, Grecia e Portogallo). Parigi gode del sostegno degli Stati Uniti: per gli americani, tutte le varietà di amianto sono cancerogene.

L'importanza della "sentenza" che sarà emessa dall'Ord si può comprendere solo alla luce della guerra che, da un secolo, oppone la lobby industriale dell'amianto ai milioni di vittime della fibra mortale. Tra il 1930 e il 1960, gli industriali, onde evitare condanne, si danno da fare per impedire la divulgazione delle conoscenze circa il legame tra amianto e malattie respiratorie - tra cui il cancro. Già nel 1932, in realtà, alcuni operai americani avevano fatto causa alla ditta Johns Manville, ma sarà solo nel 1962 che gli epidemiologi stabiliranno, finalmente in modo definitivo, ciò che i dirigenti delle imprese sapevano da tempo: l'amianto è cancerogeno.

A partire da questo momento, una vera e propria cospirazione del silenzio si organizza in tutti i continenti. In Sudafrica, il ricercatore Christopher Wagner non riesce a trovare un editore per la sua ricerca sul mesotelioma e alla fine pubblica il suo lavoro in Gran-Bretagna. Nel 1987, nei cantieri navali di Danzica, in Polonia, il dottor Bogden Przygocki affigge, senza autorizzazione, un'informazione sui pericoli dell'amianto. Viene licenziato dal servizio sanitario del cantiere.

Durante gli anni '80 e '90, la polemica si sposta sul terreno delle organizzazioni internazionali. Tramite rapporti "ufficiali" dell'Organizzazione mondiale della salute (Oms) e dell'Ufficio internazionale del lavoro (Bit), gli "esperti" dell'industria tenteranno di fare accettare come verità scientifica un doppio messaggio: 1. l'amianto bianco (crisolite) è poco o per nulla tossico; 2. è possibile il suo "uso controllato". Questi tentativi falliscono per la pressione di ricercatori non legati agli industriali, i quali denunciano la strumentalizzazione delle organizzazioni internazionali da parte delle lobbies. I cosiddetti "esperti" tuttavia, avendo mantenuto legittimità sociale, continuano a diffondere il loro messaggio allo scopo di "rassicurare i mercati" in espansione dei paesi del Sud, ma evitano accuratamente ogni confronto con le vittime che non vengono mai chiamate a testimoniare.

Le molte strade della manipolazione.
La manipolazione di governi e opinione pubblica prende anche altre strade. In Brasile ricerche epidemiologiche in condizioni incompatibili con il necessario rigore scientifico vengono condotte da universitari - peraltro consulenti medici delle imprese produttrici. La mancanza di rigore vale per l'identificazione degli ex lavoratori esposti (in Brasile il 60% dei lavoratori non è denunciato), per l'accertamento di una diagnosi (un terzo della popolazione non ha alcuna possibilità di accedere alle cure) o per la misurazione del rapporto dose-effetto (senza una conoscenza precisa delle esposizioni). Così sarà "dimostrata" l'innocuità della crisolite brasiliana!

Queste pratiche falsamente "scientifiche" sono accompagnate da un'offensiva mediatica a livello mondiale. In Francia, il Comitato permanente amianto (Cpa), organismo informale creato nel 1982 da un'agenzia di comunicazione, riunisce, attorno agli industriali, gli scienziati che garantiscono, i poteri pubblici che appoggiano e i sindacati che seguono. E il Cpa sarà l'interlocutore privilegiato della stampa, l'"inevitabile" esperto che vanta in continuazione l'uso controllato dell'amianto. Bisognerà aspettare il 1995 perché lo scandalo scoppi... e il Cpa sparisca altrettanto furtivamente di quando era nato. Il che non impedirà a Claude Allègre di denunciare il "terrorismo intellettuale" che regna, a suo giudizio, nell'università di Jussieu, a Parigi, schierata sulla totale eliminazione dell'amianto, e di concludere che "a causa di una psicosi collettiva, si è trasformata una questione marginale in un grave pericolo".

Una questione marginale...
Da parte loro gli industriali e lo stato canadese offrono a giornalisti e sindacalisti stranieri viaggi a Thetford Mines, nel Quebec. Turismo nel paese dell'amianto senza rischio! Dulcis in fundo, non viene dimenticato neanche l'aiuto umanitario: in Guatemala, il terremoto del 1976 permette alla Duralit, filiale locale di Eternit, di fornire tettoie in amianto-cemento, finanziate dalle collette di solidarietà. Nel 1991, viene firmato anche un protocollo di accordo tra l'Alto commissariato per i rifugiati e la multinazionale belga Etex. I primi "clienti" non tardano ad arrivare: Croazia, Guatemala e Ruanda-Burundi.

La risposta delle vittime dell'amianto si pone sul terreno della giustizia e dei diritti sociali. I processi fanno emergere il dramma dei malati e delle loro famiglie, le pratiche delittuose dei datori di lavoro, l'astensione colpevole dei poteri pubblici, dando a questo scandalo una vera e propria dimensione politica. Negli Stati Uniti, il "processo del secolo" - quasi 300.000 denunce depositate - non ha avuto alcun seguito: nell'agosto 1982, la Johns Mansville dichiara bancarotta e crea un fondo di risarcimento, imitata da altri industriali e dalle loro compagnie assicuratrici. Ma il fondo si esaurisce rapidamente, dato il gran numero di vittime.

In Francia, tra il 1996 e il 2000, su iniziativa dell'Associazione nazionale di difesa delle vittime dell'amianto (Andeva), sono state avviate oltre mille cause civili o penali. Queste azioni giudiziarie finiscono per essere un processo anche al sistema di prevenzione e indennizzo delle malattie professionali e alle sue istituzioni, in particolare la medicina del lavoro. In Brasile, oggi quinto produttore nel mondo, Eternit e Saint-Gobain hanno sfruttato l'amianto grazie alle premure della dittatura militare, che ha censurato ogni informazione riguardante la salute sul lavoro e i rischi industriali.

Su iniziativa dell'Associazione brasiliana degli esposti all'amianto (Abrea), creata nel 1997, centinaia di lavoratori (o di familiari di vittime decedute) hanno sporto querela. Nel 1998, Eternit è condannata ad indennizzare un ex dipendente. A questo punto, Eternit e Brasilit (filiale brasiliana della Saint-Gobain) propongono ai loro ex operai un accordo amichevole, secondo il quale gli operai rinunciano ad ogni azione giudiziaria in cambio di un eventuale indennizzo forfettario in caso di malattia. Fernanda Giannasi, ispettrice del lavoro a San Paulo, denuncia pubblicamente questi accordi, che saranno invalidati per ben due volte dalla giustizia brasiliana. Una denuncia per diffamazione, presentata dalla Eternit contro la Giannasi, provoca, a livello nazionale e internazionale, un ampio movimento di protesta e di solidarietà. Vista respinta la sua denuncia, la Eternit rinuncia a ricorrere in appello.

Nel 2000, il Brasile potrebbe decidere di proibire l'amianto, il divieto potrebbe diventare effettivo nel 2005 (come per la direttiva europea). La protesta si organizza. A Londra, nel 1999, circa 2.000 lavoratori neri delle miniere del Sudafrica sporgono denuncia contro la ditta britannica Cape Ltd, loro ex datore di lavoro. Questa risponde con una campagna di stampa, rilanciata dai giornali conservatori che denunciano il "costo scandaloso", per i contribuenti britannici, dell'eventuale indennizzo di questi "minatori stranieri". Il Canada, che esporta il 99% della sua produzione, svolge un'intensa attività diplomatica. Nel 1994, in Brasile, in occasione di un seminario internazionale organizzato dal ministero del lavoro, l'ambasciatore canadese esprime a sette ministri la preoccupazione del suo governo riguardo a un accordo tra lo stato brasiliano e gli interlocutori sociali per la progressiva sospensione dell'uso dell'amianto nei materiali di frizione.

Nel 1997, l'ambasciata del Canada a Seul ottiene dal governo coreano il ritiro di un'etichettatura che segnalava il pericolo dell'amianto canadese importato. In Europa, dopo l'interdizione francese, Ottawa ha intensificato le pressioni. Non senza successo: Anthony Blair ha ritardato di due anni la decisione di proibire l'amianto auspicata dalle autorità sanitarie britanniche... in cambio del sostegno canadese nella crisi della "mucca pazza".

(....)

* Medico del lavoro, membro del Comitato tecnico dell'Osservatorio
**Rispettivamente giornalista e direttrice di ricerca all'Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica (Inserm); coordinatori della Rete internazionale Ban Asbestos ("Proibiamo l'amianto").

Da Le Monde Diplomatique, tradotto per Il Manifesto 2000.

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