NEW del 26 maggio 2005

 
     

Immigrati clandestini e regolari : oggi quesiti al parlamento
di red

Alcune questioni sugli immigrati clandestini e regolari sono state poste oggi in parlamento. Chiedendo se il governo iintenda, come nel nell'ottobre 2004 e nel marzo 2005, effettuare rimpatri di massa verso la Libia con i 1000 immigrati irregolari sbarcati l'11 e 12 maggio a Lampedusa, l'interrogazione presentata dai senn. Martone, Malabarba ed altri in Senato ha richiamato il rapporto della Commissione Europea nei centri di detenzione in Libia.

In esso si descrivono condizioni di insicurezza igienica e promiscuita', indizi di sovraffollamento e sottoalimentazione, detenzione senza motivo ed altre vicende preoccupanti in relazione alle persone raccolte nei centri libici.

Il dossier redatto dalla commissione, e' costituito da settanta pagine di denunce: arresti arbitrari di cittadini stranieri, detenuti da mesi senza sapere il perche', ammassati in campi di raccolta e forse nutriti a pane e acqua; nessun esame dei singoli casi, ma espulsioni decise con provvedimenti di massa, nessuna possibilità per l'UNHCR, l'agenzia delle Nazioni Unite, di verificare il rispetto dei diritti umani, nessun riconoscimento delle convenzioni internazionali, nessuna garanzia di difesa.

In base a quanto consta agli interroganti, i campi di detenzione a lungo termine possono essere considerati prigioni. Non ci sono celle separate per sesso, età o nazionalita', ma stanze con circa 200 persone, che ospitano non solo donne, ma intere famiglie con i loro bambini, o minori non accompagnati, mescolati con il resto dei detenuti e sorvegliati dalla polizia.

Gli inviati di Bruxelles insistono nel sottolineare che la missione dell'Unione europea non ha avuto assolutamente accesso all'esatta procedura che viene seguita per questo tipo di espulsioni; mancano garanzie anche per quanti, una volta rimpatriati, rischiano di essere arrestati o uccisi; secondo quanto si afferma nel predetto rapporto, la Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati e nemmeno il suo protocollo del 1967.

La Costituzione libica prevede una sorta di protezione per i rifugiati. Ma non c'è nessun ufficio che si occupi dei richiedenti asilo e non esistono accordi di cooperazione tra Libia e Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). L'ufficio locale dell'UNHCR non ha uno status ufficiale. Di conseguenza la protezione interna dei rifugiati non è garantita.

Il ministro Pisanu, nelle due occasioni di nvio forzato in Libia, ha rassicurato che queste operazioni di rimpatrio sono conformi al diritto nazionale, alle convenzioni internazionali ed ai principi generalmente riconosciuti a salvaguardia dei diritti umani. Da qui i timori dei senatori in merito ad un potenziale ripetersi delle deportazioni "camuffate, dicono da «respingimenti in frontiera»".

I parlamentari hanno anche chiesto di sapere "in base a quali informazioni e garanzie, tre settimane dopo la fine della visita in Libia della delegazione europea, il Commissario europeo responsabile per il portafoglio Giustizia, Libertà e Sicurezza, Franco Frattini, risponda così a una interrogazione sui rimpatri da Lampedusa presentata all'Europarlamento: «La riammissione in Libia è stata condotta in conformità con gli accordi tra i governi libico e italiano, con la normativa UE e il relativo diritto internazionale»".

Una questione piu' tecnica e' stata posta invece alla Camera nell'interpellanza di una ventina di deputati. Essa riguarda gli onerosi adempimenti stabiliti per le imprese che intendano assumere un extracomunitario al suo primo contratto per l'ottenimento del permesso di soggiorno per lavoro o anche per il rinnovo del permesso.

Il datore di lavoro infatti deve infatti certificare che il cittadino non comunitario abbia un alloggio, attestandone la proprietà o un regolare contratto di affitto o un contratto di comodato d'uso o, in alternativa, che sia residente presso una comunità; dichiarare che l'alloggio occupato dal lavoratore comunitario risponda ai parametri minimi previsti per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, richiedendo opportuna certificazione ad aziende sanitarie locali o comuni; garantire la disponibilità dell'alloggio con i requisiti di abitabilità ed idoneità igienica e sanitaria per tutta la durata del rapporto di lavoro, intervenendo, ad esempio, anche in caso di morosità del dipendente stesso; ed infine farsi carico delle spese economiche per il rimpatrio del dipendente non comunitario.

A giudizio deigli interpellanti, tali oneri burocratici, per i quali oltretutto il datore di lavoro deve perdere tempoed esporsi come garante riguardo a questioni su cui non sempre e' competente, rischiano di favorire il lavoro nero (e quindi la clandestinita') ed esasperare le imprese, gia' oberate di notevoli impegni burocratici, gia' in precedenza lamentati.

Replicando alla perorazione del primo firmatario Alfiero Grandi, il sottosegretario al lavoro e delle politiche sociali sen. Grazia Sestini ha risposto citando il testo unico ed alcune esemplificazioni che si starebbero introducendo nella modulistica per i rinnovi, tuttavia e' stato rilevato che le problematiche sollevate trovano poca o nulla soluzione nella risposta data, e si e' auspicato che la normativa venga snellita onde evitare i rischi illustrati.

Speciale diritti umani con lo speciale immigrazione


by www.osservatoriosullalegalita.org

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