NEW del 19 maggio 2005

 
     

Immigrazione : fuggire , ma chi resta gode
di Rodolfo Roselli*

Ogni essere umano sente il bisogno di lottare per sopravvivere, esseri umani , e anche gli animali. Le migrazioni delle mandrie, ogni volta che il cibo scarseggia, ne sono la prova. Come si può restare in un paese ove si vive in tuguri, ove, in un'unica camera affumicata e priva d' aria e di luce, vivono insieme persone d'ambo i sessi e di diversa età, senza un letto, sdraiati sulla paglia, insieme ad animali, in mezzo al sudiciume, al lezzo del concime conservato nelle vicinanze, senza il minimo servizio igienico?

In queste condizioni nessuno può meravigliarsi del conseguente degrado morale. L'incesto e la pederastia non sono né infrequenti e non sono solo le conseguenze più gravi. Le coliche, le dissenterie, i reumatismi, le pleuro-polmoniti e la febbre tifoidea sono le malattie ordinarie e prevalenti. In un Paese, nel quale un quarto del bilancio sia impegnato per spese militari, e il 2,7 % nell'istruzione, è logico si formino masse analfabete che, per combattere la peste, danno credito a pregiudizi medioevali, come gli untori, le ampolline, le fattucchiere,le maghe.

L'età media di sopravvivenza di questi sventurati va da 7 anni ai 30 anni di età, il 50% dei morti, riguarda bambini sotto i 5 anni. Un Paese di gente che, così, si sente tradita, incattivita e disperata, che aspira solo a fuggire, ovunque, in ogni modo, anche rischiando la vita, perché in quelle condizioni, il rischio, non è importante, ma urge solo esistere.

Queste sono le condizioni di uno dei tanti Paesi dai quali arrivano gli emigranti clandestini, ma le condizioni che ho descritto, non sono di nessuno di questi Paesi, sono le condizioni dell'Italia del 1880, secondo un rapporto ufficiale dell'allora Ministro dei Lavori pubblici Stefano Jacini, che descriveva una Italia povera, lacera e macilenta, che con un ritmo crescente, si svuotava dei suoi abitanti. Abitanti che fuggivano verso qualunque altro Paese che avesse un minimo di speranza di vita diversa, anche rischiando forse un suicidio.

Chi cerca di trovare un limite ragionevole a queste migrazioni, è bollato subito come razzista ma, il razzismo non è questo, è ben peggio, perchè la sua culla è proprio l'Africa. Gli emigranti clandestini che arrivando dal Niger, attraverso il deserto del Tenerè, cercando di arrivare in Libia, non sono considerati uomini, ma esseri inferiori, dagli stessi arabi libici, tubu e neri hausa. Sono gli stessi Arabi che prima, per gli stessi uomini, organizzavano il commercio degli schiavi. Adesso li ammassano sui camion, peggio delle bestie. I cammelli e le capre, sono più rispettate, perché hanno spazio, fieno ed acqua. Per questi uomini invece, che hanno pagato in anticipo il biglietto, a nessuno importa se muoiono nel deserto.

Nella loro Africa, con i loro stessi africani, nell'oasi di Dirkou, almeno diecimila vivono da prigionieri, sono degli schiavi che, senza soldi, rubati loro dalla polizia, per non morire di fame, lavorano gratis nelle case dei commercianti del luogo, raccolgono datteri, impastano mattoni, in cambio di una scodella di miglio e qualche sigaretta, che non fumano, ma ne mangiano il filtro, per calmare la fame. Dopo almeno sei mesi di questa vita, i padroni più umani, pagano loro il biglietto per andare in Libia (costa 38 euro e 50). Alcuni più sfortunati sono diventati pazzi e vivono nella boscaglia.

Stesse odissee interminabili dei nostri italiani, emigranti in America del nord e del sud. Nel 1895, un fazendero di Piauhy, in Brasile, aveva ottenuto dal governo italiano il permesso di arruolare 331 emigranti. Con il vapore inglese Pera, partito da Genova, sul quale era anche un delegato del governo italiano, arrivarono su una spiaggia, con poche baracche semidiroccate.

I 331 furono trasbordati su un battello fluviale,che ne poteva contenere 50, legati alle funi, con i bambini nelle sporte, su acque infestate di pescicani, perché quello che avevano visto, non era il loro punto di arrivo, ma dovevano navigare su un fiume per almeno altri sette giorni, per giungere ad una probabile destinazione. Il tutto senza viveri, solo qualche manciata di manioca, con acqua da bere inquinata, senza un medico che potesse soccorrere i numerosi malati, i morti, buttati in acqua, e dati in pasto ai pescicani, erano una benedizione, perché creavano un po' di spazio.

Il delegato italiano che era a bordo, impegnato a fare traffici con quei disperati, vendeva tabacco, cambiava monete e lire per pochi soldi. Chi si ribellava veniva bastonato dalle guardie, chi voleva tornare indietro in Italia, era chiamato cialtrone e birbante, proprio dal delegato italiano e minacciato agitando la pistola. Notate che non erano emigranti clandestini, ma lavoratori arruolati con il consenso del governo italiano.

Perché tutti questi sventurati partono, e sono partiti negli anni passati? Perché molti sono sposati, hanno dei bambini, e quando vedono che la famiglia non ha abbastanza da mangiare, sentono il dovere che, è l'uomo, il capo famiglia, che deve fare qualche cosa. Anche le mogli ne sono consapevoli, e alla partenza regalano a questi loro eroi, la sola cosa che possono dare, un abbraccio e una lacrima.

Siciliani o africani, stessa storia. Vengono da paesi poveri? No, vengono da paesi ricchi, la povertà sbandierata da questi Paesi, si può sintetizzare nel detto napoletano "chiagnere per fottere". Con questo sistema, tra il 1950 ed il 1995 i paesi occidentali hanno distribuito circa un milione di miliardi di dollari in aiuti, ma l'emigrazione non solo non si è fermata, ma è aumentata. Dove sono andati a finire questi soldi?

In realtà questi soldi, dal 1950 hanno preso la via dei conti bancari svizzeri dei governanti e degli sfruttatori locali, frutto d' imbrogli, di corruzione, di progetti truffaldini, mai realizzati e i cui soldi, sono stati spartiti tra governanti locali e imprenditori fasulli occidentali. E proprio quest'ultimi impediscono ogni serio controllo di destinazione. Quindi niente lavoro ai disoccupati, niente ospedali, niente medicine.

Il tasso d'incremento dell'AIDS in questi Paesi, è dovuto al fatto che, essendo tutti gli aiuti indirizzati solo a questa morbo, anche chi ha soldi e magari ha una gamba rotta, o la malaria ,sostenendo bugiardamente di avere l'AIDS, riesce ad arraffare altri soldi. Su trenta Paesi africani sub-sahariani, fra il 1970 e il 1996, l'esportazione complessiva di capitali è stata di circa 177 miliardi di dollari, il che significa che i governanti di quei paesi avevano beni all'estero pari all'importo del 145% dei debiti dei loro paesi. In conclusione questi Paesi avrebbero una situazione del debito estero, migliore di quello italiano.

Piangendo, piangendo, l'80% di ogni dollaro ricevuto dai paesi africani, è stato depositato su banche occidentali, sotto forma di fuga di capitali all'estero, nello stesso anno, che questi capitali sono arrivati sotto forma di aiuti. In sostanza tutti aiuti rubati. Si sostiene che, in questi paesi, l'esportazione della democrazia, sarebbe un primo passo per sanare questa situazione.

Non è vero niente! Democrazia, significherebbe dare voce e potere proprio a quelle masse bisognose di aiuto che, con tutti i mezzi vengono allontanate, proprio perché darebbero fastidio a chi si arricchisce alle loro spalle. E così gli uomini politici africani fanno finta di non comprendere, perché attuando la democrazia, loro, una volta che hanno preso il potere, dovrebbero lasciarlo a qualcun altro, soltanto per delle stupide elezioni. Il potere per loro è solo denaro, e il denaro non si lascia a nessuno.

Il problema dell'Africa dunque, non è risolvibile aumentando gli aiuti, anzi questi possono solo peggiorarlo. Il vero problema è quello di controllare direttamente e rigidamente il percorso degli aiuti che si elargiscono fino al momento che questi di traducono nel reale obiettivo al quale sono destinati. Oggi, invece, le popolazioni sono trattate peggio di quanto fecero le amministrazioni coloniali, che, nonostante tutto, almeno non erano corrotte, perché i soldi mandati allora, per costruire scuole o ferrovie, non venivano messi in tasca da quegli amministratori.

Oggi le popolazioni scappano, ma per i governi corrotti questa fuga è una benedizione, perché i loro problemi, che non hanno intenzione di risolvere, li spediscono a noi, con tutte le conseguenze. E così, in questo modo paghiamo due volte, importiamo tutta la loro disperazione, e la situazione non migliora di una virgola.

Ancora una volta la storia non insegna niente a chi governa, ma nemmeno fa riflettere a noi tutti che subiamo modi di gestire i problemi, che non portano da nessuna parte.

*intervento su Radio Gamma 5 del 18.5.2005

Speciale diritti umani con lo speciale immigrazione

Speciale Mani Pulite con i trattati internazionali anticorruzione


by www.osservatoriosullalegalita.org

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Petrolio: corruzione mondiale e poverta'

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Tratta delle persone

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