NOTIZIARIO del 18 aprile 2004

 
     

Terrorismo : finanziamento e rischi in Italia
di Armando Spataro

Dalla relazione sul terrorismo islamico tenuta ad un incontro di studi del CSM da Armando Spataro, procuratore aggiunto e capo del pool antiterrorismo di Milano.

8. Finanziamento

Coerentemente con la premessa, non saranno qui trattati i problemi giuridici connessi all'applicazione della L.. n. 438/2001 sul finanziamento delle associazioni terroristiche od eversive, nè si parlerà dei provvedimenti di congelamento dei beni, delle società o dei soggetti inseriti nelle liste formate presso l'ONU (Comitato sanzioni del Consiglio di sicurezza - che ha il compito di dare attuazione alle Risoluzioni 1267, 1333 e 1390) o degli altri strumenti similiari predisposti a livello internazionale o nazionale. Ci si limiterà, invece, a riferire gli elementi emersi nel corso delle indagini di questi ultimi anni. In proposito, si è già detto che il finanziamento dei "combattenti" non solo è una delle principali attività che impegna gli appartenenti ai gruppi inquisti, ma è anche una precisa ed ineludibile regola di comportamento.

Tanto premesso, va detto che nell'esperienza applicativa: - non sono stati ancora individuati veri e propri casi di finanziamento, intesi anche in senso tecnico e continuativo, con ricorso, ad es., a strumenti bancari particolarmente sofisticati. La indicazione, peraltro, è suscettibile di aggiornamento all'esito di alcune indagini in atto; - è stata raggiunta la prova giuridica piena della trasmissione di denaro (o addirittura della consegna) da determinati soggetti ritenuti appartenenti ad un'associazione terroristica a loro sodali coinvolti nelle stesse attività, spesso quando costoro si trovavano fuori dall'Italia, talvolta addirittura in campi di addestramento.

Al riguardo, nel corso delle indagini milanesi, sono stati accertati trasferimenti di piccole somme di denaro (mai superiori a dieci milioni di vecchie lire) attraverso canali alternativi rispetto a quelli bancari, come ad es. quelli della Western Union; - un'ulteriore attività investigativa si è svolta nei confronti di una serie di persone accusate di aver consapevolmente emesso falsa documentazione fiscale, ai fini dell'evasione di imposta a favore di una ditta individuale nella disponibilità del principale indagato di un'associazione terroristica; è conseguenziale la considerazione per cui le provviste di imposta inevasa venissero utilizzate anche per le necessità del gruppo criminale.

Ma nei confronti di queste persone , anche perché non ancora in vigore la legge del 2001, si è preferito utilizzare il più rassicurante (dal punto di vista probatorio) disposto normativo dell'associazione a delinquere semplice, finalizzata alla commissione di una pluralità di illeciti fiscali; - è anche emersa la costituzione di piccole società intestate a personaggi sospettati di attività terroristiche, sicchè appare verosimile il loro utilizzo a scopi di illegale finanziamento delle stesse; - in un caso già citato (vedi cenni all'indagine milanese cd. "Sfinge", pagg. 30 e 31), è apparso significativo il ricorso alla pratica sistematica della estorsione in danno, però, di cittadini di fede islamica, accompagnata dalla costituzione e dall'avvio di una cooperativa ed attività commerciali varie; - in numerose occasioni, peraltro, sono state sequestrate somme di denaro in contanti, trovate in possesso di indagati e destinate all'evidenza ad essere inviate a combattenti residenti all'estero: nelle indagini milanesi, ad es., per limitarci ai sequestri più consistenti, sono stati sequestrati circa 5.000,00 euro in monetine, il 4.9.02, ad un indagato che rientrava in auto da Bologna; 8.525,00 euro sono stati sequestrati il 12.7.02 a Milano, nel citato appartemento di C.so XXII Marzo, mentre ben 200.000,00 euro in contanti sono stati sequestrati a Padova, il 2.10.03, unitamente a documenti falsi a Bentiwaa Farida che, secondo l'accusa, li custodiva per Bouyahia Maher; - non è stata raggiunta la prova in Italia di consumazione di attività nel campo del traffico di stupefacenti a fini di finanziamento dell'attività terroristica.

9. Collegamenti con la criminalità comune e/o organizzata

Il più concreto elemento che dimostra l'esistenza di collegamenti tra le associazioni terroristiche internazionali e la criminalità comune italiana consiste nella ampia ed accertata disponibilità, da parte della prima, di documenti di identità di ogni tipo, spesso ricettati e molte volte falsificati. Sembra ragionevole supporre che il relativo approvvigionamento sia realizzato presso delinquenti comuni, dediti a questi traffici lucrosi. Si è già detto che, a questo proposito, la piazza di Napoli costituisce un punto di riferimento privilegiato. E' un fatto comunque che, salvo rarissimi casi, i procedimenti per fatti di terrorismo islamico non hanno visto imputati cittadini italiani per questo tipo di reati, mentre è vero anche che spesso vengono arrestati cittadini marocchini, tunisini etc., trovati in possesso di documenti falsi o ricettati, senza che emergano a loro carico elementi di sospetto circa loro collegamenti con gruppi terroristici.

Non ci sono elementi per affermare l'esistenza di rapporti tra:

  • - associazioni terroristiche internazionali e criminalità organizzata di tipo mafioso. Da un lato, la circostanza che in questi anni, salvo isolate eccezioni , non siano state sequestrate armi nelle operazioni contro il terrorismo islamico impedisce di ipotizzare l'esistenza di possibili rapporti connessi alle relative forniture : del resto, il sequestro a Torino nel '98 di armi di probabile provenienza 'ndranghetista, trovate in possesso di egiziani sospettati di attività terroristiche, non ha avuto seguito investigativo. D'altro lato, il citato episodio di Napoli (arresto di 28 pakistani clandestini e sequestro di tritolo e micce, nel febbraio del 2003, in una casa confiscata del boss della camorra Salvatore Giuliano) è ovviamente allarmante, ma non ancora decisivo per affermare l'esistenza dei rapporti in questione. Forse più significativo è quanto riferito ai PM napoletani da un collaboratore del clan camorristico dei casalesi, il quale ha rivelato che in carcere, nel '97, ebbe rapporti con un algerino del G.I.A., che intendeva accordarsi con lui per ottenere appoggio dal suo clan al fine di favorire il transito dalla Campania di armi destinate al gruppo algerino. Non risulta, peraltro, che i contatti carcerari ebbero seguito concreto.
  • - associazioni terroristiche internazionali e Brigate Rosse o associazioni terroristiche nazionali. Infatti, la mera attenzione dimostrata dalle B.R. ( e sigle affini o derivate), nei loro documenti, alla tematica delle rivendicazioni islamiche contro gli Stati Uniti rientra nella "tradizione" del brigatismo italiano. Non vi è traccia alcuna, inoltre, di approvvigionamenti di armi delle BR presso gruppi islamici (circostanza ampiamente documentata in sentenze ormai definitive per quanto riguarda sia i Comitati Comunisti Rivoluzionari di Oreste Scalzone, che le Brigate Rosse). Queste valutazioni - è chiaro - non possono che intendersi "allo stato degli atti".

10.I fattori di rischio per l'Italia Si è già detto in premessa che, fino all'11 marzo scorso, gli esperti e gli osservatori internazionali, salvo poche eccezioni e nonostante le minacce e gli anatemi provenienti da numerosi esponenti di rilievo delle principali organizzazioni terroristiche di matrice islamica, consideravano l'Europa una sorta di retroterra logistico, utilizzato, cioè, per attività di proselitismo ad ampio raggio (specie tra le masse di immigrati clandestini), per organizzare l'invio nelle zone di guerra di militanti muniti di documenti falsi di identità e per raccogliere mezzi e denaro (anche attraverso attività illecite) da spedire ai combattenti per sostenerne e finanziarne le attività.

Dopo la strage di Madrid - evidentemente - il rischio è più alto per ogni paese europeo, e per l'Italia, in particolare, a causa dell'appoggio fornito all'intervento statunitense in Afghanistan e per i buoni risultati ottenuti contro le reti italiane del terrorismo islamico. E' persino presente il rischio di azioni provenienti da singoli radicali islamici che, sganciati da una specifica organizzazione d'appartenenza, decidano di realizzare la c.d. Jihad individuale. Londra è forse il crocevia, il nodo principale del network europeo, grazie alla presenza di una forte leadership religiosa radicale. E' da Londra, la roccaforte del terrorismo islamista in Europa, che sono arrivati in un recente passato gli allarmi più forti: per Muhammad al-Mas'ari - convertitosi alla causa di Osama Bin Laden, già professore di fisica nelle università saudite - "il fatto che l'Italia abbia partecipato alla guerra in Afghanistan l'ha trascinata in un confronto con l'islam che sarebbe stato preferibile evitare. Questo ha danneggiato l'Italia. Inoltre l'arresto delle persone, il privarle dei mezzi di sostentamento - questi sono dei problemi".

Meno laconico l'egiziano Yasir al-Sirri, alias Abú 'Ammar, fondatore dell'Osservatorio dell'informazione islamica, il quale ha spiegato che il nostro paese funzionava anche come base logistica di smistamento e di passaggio per i mujahidin attivi nei Balcani: "L'Italia era un punto di passaggio privilegiato per la Bosnia, ha rappresentato per gli islamici quello che il Pakistan è stato per L'Afghanistan. Gli islamici erano sinceramente interessati alla stabilità dell'Italia. Aveva un'importanza strategica. Era un rifugio. (...) Decine di islamici sono partiti dall'Italia per combattere il jihad in Afghanistan, ma non hanno creato alcun problema in Italia perché essa non veniva considerata un loro obiettivo". Il rapporto speciale con l'Italia, però, si è rotto per colpa, secondo Abù 'Ammar, di Roma: "Dopo l'11 settembre l'atteggiamento italiano è cambiato, ha adottato la politica americana, contraddicendo le regole della propria sicurezza interna. In questo modo ha violato lo 'Aqd al-Aman, il patto di sicurezza con gli islamici. In passato i servizi segreti italiani erano attendibili e sinceri. Oggi è diverso, lavorano sulla base di informazioni lacunose e false, ripetendo ciò che dicono gli americani. Creano problemi con gli islamici per comportarsi come gli americani che sono interessati ad intensificare la tensione con i Musulmani ovunque nel mondo". Poi conclude: "Se io come musulmano mi sento represso e vedo che l'Italia si allea con gli americani, la considero un nemico dell'islam. In origine l'Italia non era un obiettivo, è il suo allineamento con l'America che ha cambiato la situazione.

Ma quali sono i possibili bersagli sul territorio italiano? A indicarli è lo sceicco 'Umar Bakrì, un'altra vecchia conoscenza di Bin Laden quando frequentava Londra , leader degli al-Muhagirun ("gli emigranti"), sostenuto dalla potente comunità pakistana. "Essendo l'Italia un Dar al-Harb per i musulmani nel mondo, diventano leciti una serie di obiettivi. In primo luogo le basi americane e della Nato, le ambasciate e le sedi diplomatiche di Usa, Gran Bretagna ed Israele. Ma anche le sedi degli apparati repressivi dello Stato impegnati nella guerra contro l'islam e i musulmani, ad esempio, le caserme, gli uffici della polizia e dei servizi segreti" . Dunque, nel nostro paese non vi sono solo obiettivi esterni, che riguardano Stati tradizionalmente nemici per gli integralisti, ma anche bersagli interni, quelli, insieme alle procure, più impegnati nell'opera di smantellamento delle cellule integraliste in Italia. Nell'ambito di vari procedimenti, peraltro, sono state intercettate comunicazioni telefoniche tra indagati contenenti chiari riferimenti alle loro aspirazioni - più che a progetti - a compiere attentati in Italia.

Sono evidenti, comunque: - l'abilità con cui la rete terroristica di Osama bin Laden è riuscita a rimodulare il proprio modello organizzativo, rinunciando a radicarsi in un territorio delimitato (come era avvenuto negli anni passati per l'Afghanistan ed il Sudan) e frammentando la propria influenza in aree geografiche anche assai lontane tra loro; - la notevole potenzialità offensiva dimostrata dai gruppi islamisti, come confermato dai sanguinosi attentati perpetrati negli ultimi tempi in ogni parte del mondo: da Ryad a Casablanca, da Giacarta a Istambul ed a Madrid contro insediamenti occidentali ed ebraici; - il peso di minaccia specifico per l'Italia connesso all'audiomessaggio del 18 ottobre scorso, attribuito ad Osama bin Laden, nel quale costui, che già il 12 novembre 2002 in un analogo messaggio aveva citato il nostro paese, reclama "il diritto di colpire tutti i paesi che cooperano nelle operazioni militari con gli americani", tra cui l'Italia.

E' proprio questo, anzi, lo scenario che fa da sfondo all'attacco terroristico del 12 novembre scorso contro la struttura ospitante il comando delle forze italiane (Carabinieri) di stanza a Nasiriyah (Iraq), che ha provocato la morte di 19 cittadini italiani tra cui due civili. La consapevolezza della descritta situazione di rischio, pressocchè comune - peraltro- a tutti i paesi europei, non può che spingere alla intensificazione di ogni sforzo di conoscenza del terrorismo islamico, nelle sue varie forme di manifestazione: premessa essenziale per un'azione di contrasto efficace.

(si chiude con le priorita' d'azione,
gia' pubblicate >
)

by www.osservatoriosullalegalita.org

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I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE

 

< parte prima (cenni storici)

< parte seconda (terrorismo islamico in Italia)

< parte terza (il manuale del terrorista islamico)

< parte quarta (gruppi di terrorismo islamico in Italia)

< parte quinta (le indagini atiterrorismo in Italia)