NOTIZIARIO del 7 aprile 2004

 
     

Terrorismo: priorita' nell'azione di contrasto
stralcio dell'intervento ad un incontro di studi del CSM il 29 marzo 2004 a Roma di Armando Spataro *

Le priorità nell'azione di contrasto del fenomeno Vari fattori possono determinare l'innalzamento della qualità dell'azione di contrasto del fenomeno terroristico internazionale.

Devono essere perseguiti con determinazione la costruzione dello spazio giuridico europeo ed delle relative istituzioni, nonchè il rafforzamento di ogni forma di cooperazione tra ordinamenti. Tale necessità è elementare e tuttavia va ribadita in un momento in cui, nel nostro paese, si manifestano ritardi e note resistenze persino in relazione all'istituto del mandato d'arresto europeo, al punto da suscitare vive critiche da parte della comunità internazionale.

Non occorrono, invece, nuovi istituti di diritto sostanziale, poichè le difficoltà che emergono in ordine alla configurabilità del reato previsto dall'art. 270 bis cp sono connesse alla prova in fatto della finalità di terrorismo che la norma prevede e non, invece, a limiti intrinseci dell'istituto.

La Polizia Giudiziaria:

  • - deve essere dotata di altro personale qualificato (o da ulteriormente qualificare) e di mezzi che attualmente, come affermano i suoi dirigenti a livello periferico, non possiede (autovetture per i pedinamenti, telecamere, mezzi informatici etc., fondi per la retribuzione di interpreti preparati ed affidabili);
  • - deve recuperare, dove smarrito, il senso di una specifica professionalità che non prevede prassi tanto inaccettabili quanto ormai diffuse: le informative-teorema rivolte ad un numero indefinito di AA.GG.; le informative-itineranti che, in violazione delle regole di competenza territoriale, vengono dirette in successione a più Procure finchè non si individua quella disposta a valorizzarle secondo i desiderata dei redigenti; le singolari e formali richieste di cattura di indagati rivolte al PM (mentre solo i fatti dovrebbero essere al PM riferiti e solo il PM può trarne elementi per richiedere provvedimenti restrittivi); le informative infarcite di notizie provenienti da innominate e "qualificate fonti" o di ipotesi espresse al condizionale o di notizie che, pur assolutamente indimostrate, si danno per provate (ad es., la morte di indagati in azioni suicide o il sequestro di documenti italiani in campi di addestramento);
  • - deve intensificare la tradizionale indagine fondata sul pedinamento ed il controllo del territorio, evitando di affidarsi solo o prevalentemente alle intercettazioni;
  • - deve abbandonare l'aspirazione, che talvolta affiora, a coordinare le Autorità Giudiziarie e recuperare, piuttosto, il senso, talvolta smarrito, del lavoro pianificato con il P.M., sotto la direzione di questo.

I pubblici ministeri, attrezzandosi anche spontaneamente come avvenne durante gli anni più bui del terrorismo interno, a loro volta devono:

  • - recuperare la cultura del coordinamento tra uffici e dello scambio reciproco di informazioni, anche attraverso la realizzazione di banche dati ad hoc (almeno finchè non ne sarà disponibile una a livello nazionale);
  • - perseguire una nuova specializzazione in una materia in buona parte ancora poco esplorata, che richiede anche conoscenza della storia e della cultura islamica, oltre che del progressivo diffondersi del jihadismo;
  • - incrementare i rapporti di cooperazione con le Autorità Giudiziarie straniere, anche al di fuori dello spazio europeo, attraverso gli strumenti delle rogatorie e dell'assistenza giudiziaria. Confortanti segnali provengono, in questo periodo, dalla collaborazione offerta ad alcune Procure distrettuali dalle Autorità algerine, marocchine e tunisine;
  • - contribuire, con la p.g., nel rispetto delle garanzie degli indagati ed imputati, al recupero pieno del proprio ruolo giudiziario che nulla ha a che fare, se non in modo derivato ed indiretto, con le funzioni di prevenzione. In tale direzione sono da evitare rapporti, pur finalizzati all'investigazione, con organismi diversi dalla polizia giudiziaria e l'utilizzo di elementi e notizie non accertati da quest'ultima.

Sarebbe auspicabile, infine, che l'informazione sul terrorismo di matrice islamica fosse ispirata alla ricerca dell'assoluta aderenza alla realtà, evitando sensazionalismi ed inutili allarmismi di cui, francamente, non si sente alcun bisogno. Ma questo non riguarda i doveri e le competenze del giurista pratico e chiama in ballo, piuttosto, i costumi di una società moderna in cui troppo spesso le esigenze dell'informazione vengono confuse con quelle della propaganda.

* sostituto procuratore alla divisione antiterrorismo della procura di Milano.

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Terrorismo: occorre un supergiudice UE