NOTIZIARIO del 16 aprile 2004

 
     

Gruppi terroristici islamici in Italia
di Armando Spataro

Dalla relazione sul terrorismo islamico tenuta ad un incontro di studi del CSM da Armando Spataro, procuratore aggiunto e capo del pool antiterrorismo di Milano.

4. I gruppi terroristici presenti sul territorio italiano, le loro relazioni in Europa. Le principali indagini in Italia.

Di seguito verranno sinteticamente illustrate le principali indagini svoltesi in Italia negli ultimi anni (anche recentemente) nel settore del terrorismo islamico. L'argomento è stato suddiviso in sub paragrafi, ciascuno dei quali dedicato alle indagini sugli appartenenti ad una specifica organizzazione terroristica : sarà necessario ed utile, pertanto, qualche breve cenno alla nascita ed alla storia di ciascun gruppo (si tratterà, dunque, di cenni storici "dedicati", diversi dalla sintesi di carattere generale, sulle prime manifestazioni del terrorismo islamico oggetto del paragrafo 2). Si avrà modo di spiegare, successivamente, come la realtà attuale denoti la sostanziale impossibilità di considerare gli indagati affiliati con precisione all'una o all'altra sigla, essendo ormai diventato sempre più complesso l'intreccio dei loro rapporti criminali.

4.a Il "GRUPPO ISLAMICO ARMATO" ("GIA") Cenni storici Il "GIA" è stato formato in Algeria da reduci della guerra afgana. I primi contatti tra organizzazioni terroristiche stanziate in Algeria ed "AL-QA'IDA" avevano avuto inizio a Khartoum, nel 1992, e si erano conclusi con la promessa di "AL-QA'IDA" di fornire supporto logistico e finanziario a gruppi terroristici algerini come il "GIA". Il "GIA", comunque, aveva ottenuto fino al 1995 un sostegno regolare della zona pakistano-afghana ove i suoi principali rappresentanti erano ABOU LEITH (morto in Sudan nel 1995), ABOU KASSIM, che gestiva in Pakistan l'accoglienza degli algerini volontari per i campi di addestramento e AL JEZAIRI (l'algerino) ucciso nel febbraio 1997 nel campo di Jalozai (Pakistan). Il gruppo aveva deciso di colpire la Francia già nel 1995, con l'appoggio di un simpatizzanti algerini in Belgio, individuati dalla polizia belga, il 01.04.1995. Ciò aveva determinato la riorganizzazione della rete di sostegno in Francia.

A Londra operava RACHID RAMDA, anch'egli veterano afghano, che, sempre a Londra, aveva collaborato alla rivista "Al Ansar" destinata alla propaganda di tutte le cause della jihad nel mondo ed in particolare al sostegno del "GIA". Si ritiene che, a partire dal novembre 1995, JAMEL ZITOUNI, si fosse assicurato un'autorità assoluta all'interno dell'organizzazione che, si ricorderà, è responsabile dei massacri di popolazioni civili in Algeria. Dopo l'omicidio dello Zitouni, suo successore divenne Antar ZOUABRI, ma il movimento appare ormai indebolito da numerose dissidenze. Anche in quest'ultimo periodo, la formazione prosegue la sua ribellione armata per "la creazione di uno stato islamico in Algeria", a seguito della definitiva rinuncia della cosiddetta "politica di riconciliazione", avviata sin dal 1999 dal Presidente ABDELAZIZ BOUTEFLIKA. Si susseguono in Algeria attentati ed azioni di guerriglia urbana, anche a seguito all'arresto del leader dell'organizzazione, l'emiro RACHID ABOU TOURAH, avvenuto in data 17/11/03. E' attribuito al "GIA" l'assassinio del principe saudita TALLAL IBN ABDELAZIZ ARRASHID, avvenuto nella notte tra il 27 ed il 28/11/03 ad opera di miliziani armati che, in località Messaad nella regione di Djelfa, duecentosettantacinque chilometri a sud di Algeri, uccidevano anche sette membri della sua scorta e ferivano un numero imprecisato di dignitari sauditi. Questo episodio colloca il "GIA" fra i movimenti islamici armati che, di fatto, si prefiggono di agire aggressione contro l'Arabia Saudita, recentemente presa di mira con la realizzazione di clamorosi attentati terroristici.

In ambito europeo, la magistratura francese ha confermato, in appello, la condanna all'ergastolo dell'integralista algerino BOUALEM BENSAID, militante del "GIA" imputato di aver collocato gli ordigni esplosi in data 25/07/95 nella stazione della metropolitana francese "Saint Michel", nel Quartiere Latino, in data 06/10/95 presso la stazione metropolitana "Maison Blanche", e quella del "Museè d'Orsay" in data 17/10/95, attentati che causavano complessivamente la morte di otto persone ed il ferimento di duecentotrenta. Le indagini in Italia Per lungo tempo, ed a partire almeno dal '95, la componente algerina della galassia terroristica islamica è stata la più presente e quella che maggiormente ha attirato l'attenzione degli inquirenti.

* La presenza ed operatività in Italia di gruppi terroristici algerini è ampiamente documentata: nel corso del 96, l'inchiesta milanese denominata "Al Shabka" ha avuto ad oggetto ancora l'estremismo algerino, indagato proprio sul versante del sanguinario G.I.A. (Gruppo Islamico Armato): il contesto entro il quale la cellula milanese si inquadrava appariva caratterizzato, infatti, dal più ampio progetto di ricostruzione in territorio nazionale di un reticolo di strutture di supporto all'azione dell'organizzazione, gravemente colpita, come s'è detto, da importanti operazioni di polizia realizzate in altri Paesi europei. Anche in tal caso le indagini, conclusesi con numerosi arresti di militanti sul territorio nazionale, furono istruite per reati comuni (416 cp e reati fine in materia di falsi documenti d'identità), sebbene connessi alla realizzazione di scopi propriamente eversivi. E' intervenuta sentenza di condanna in I grado.

* Anche a Napoli, nel 1995, è stata avviata una corposa indagine, per i medesimi reati, a carico di vari appartenenti al G.I.A. algerino e da poche settimane è intervenuta la conferma in II grado delle condanne inflitte a 14 esponenti del gruppo. Tra i condannati, un personaggio di rilievo di cui vi è traccia nelle inchieste di altre sedi giudiziarie.

* A Bologna l'inchiesta sugli appartenenti del G.I.A. algerino ha avuto ad oggetto un elevato numero di persone (circa 40) per fatti riconducibili al medesimo periodo in cui si collocano quelli oggetto delle inchieste di Milano e Napoli (anni 1996 e 1997). L'indagine bolognese, infatti, ha consentito di accertare numerosi contatti tra i gruppi operanti in tali aree geografiche. Il dibattimento si è concluso nel gennaio 2003 ed ha visto le condanne per il reato associativo (art. 416 c.p.) di circa una decina di imputati ; reati fine della associazione vennero individuati (analogamente alle altre inchieste sul territorio nazionale) nella falsificazione di documenti, reati vari contro il patrimonio, spaccio di banconote false. Il gruppo bolognese degli affiliati al G.I.A. si è rivelato, anche ex post, di notevole spessore e interesse investigativo: sono infatti cinque gli imputati di quel processo attualmente detenuti come prigionieri di guerra preso la base di X-Ray di Guantanamo Bay (Cuba), catturati sui campi di battaglia in Afghanistan. Attualmente la loro posizione è al vaglio delle autorità militari U.S.A. ed il processo per loro è sospeso. Un imputato, condannato a Bologna anche per il possesso di armi è stato recentemente arrestato in Germania per fatti di terrorismo. Un altro degli imputati, condannato per associazione per delinquere, è attualmente in giudizio avanti al Tribunale di Milano per fatti analoghi. E' da ricordare, infine, che il 28 settembre 2002 è stato tratto in arresto il trentacinquenne tunisino Baazaoui Mondher Ben Mohsen, anch'egli destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall'Autorità Giudiziaria di Bologna il 9.6.1998, nell'ambito del citato procedimento, per appartenenza ad una associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti, alla spendita di monete false, al falso materiale ed alla ricettazione, attività di supporto logistico e finanziario per i combattenti islamici in Bosnia. All'atto del suo arresto, Baazaoui Mondher Ben Mohsen è stato trovato in possesso di un passaporto e di una patente internazionale, rilasciati dalle Autorità bosniache, con le generalità di Al Yamani Noman. Baazaoui Mondher, già combattente nelle file del battaglione mujaheddin durante il conflitto interetnico in Bosnia, è ritenuto elemento di primissimo piano nel panorama del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. Si tratta, peraltro, di un personaggio condannato in contumacia a sei anni di reclusione dal Tribunale di Grande Istanza di Parigi nell'aprile del 2001 per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla preparazione di un atto terroristico ed altro. Il Baazaoui è stato condannato a Bologna a 2 anni e 6 mesi di reclusione.

* Anche a Torino, infine, furono inquisiti nel '95, alcuni algerini, sospettati di avere avuto stretti contatti con connazionali coinvolti negli attentati alla metropolitana di Parigi. Furono condannati, comunque, solo per il possesso di documenti falsi di identità. Successivamente, verso la fine degli anni '90 - inizio 2000, il progressivo scompaginamento delle reti terroristiche islamiche determinato da importanti inchieste in più Paesi europei, dai risultati ottenuti con l'azione repressiva degli organismi di sicurezza nei Paesi della fascia nord africana e maghrebina, e dall'irreversibile frammentazione delle principali organizzazioni terroristiche, ha determinato il venir meno della centralità dei gruppi terroristici algerini, con l'eccezione di quello del G.S.P.C. di cui si parlerà nel paragrafo seguente. Di fatto, cioè, la situazione algerina, per anni epicentro dell'attività terroristica si matrice islamica e principale realtà di riferimento anche in Europa, ha negli ultimi tempi perso la propria centralità a favore del nuovo collante rappresentato dai proclami di Bin Laden e dalla elasticità della struttura organizzativa che a lui fa capo (il "Fronte Islamico Internazionale contro gli Ebrei e i Crociati", la cui costituzione ha auspicato nel suo appello).

4.b "GRUPPO SALAFITA PER LA PREDICAZIONE ED IL COMBATTIMENTO" ("GSPC") Cenni storici L'evoluzione dei gruppi radicali fondamentalisti in Algeria e più in generale nell'Africa del nord, è caratterizzata da una costante evoluzione nelle alleanze e nelle associazioni dei gruppi e dei loro emiri. Un esempio di questa tendenza è il "GSPC" , operante soprattutto nella parte meridionale dell'Algeria. Nato dal "GIA", veniva costituito da HASSAN HATTAB a seguito di disaccordi sulla strategia del "GIA". Le divergenze si manifestarono sin dal 1996 e la fondazione del "GSPC" venne annunciata nel settembre 1998 su due giornali pubblicati a Londra, "AL SHARQ AL AWSAT" ed "AL HAYAT". Elementi di altri gruppi salafiti in Algeria si sono riuniti o alleati con il "GSPC", che intendeva presentarsi come erede del "GIA" "storico" ed incarnare la legittimità della jihad in Algeria. L'organizzazione si rendeva responsabile di azioni commesse nell'area subsahariana a sud dell'Algeria.

Vanno ricordate le mediazioni internazionali che permettevano la liberazione, in data 17/08/03, nel Mali, forse a seguito del pagamento di un riscatto, dei quattordici ostaggi sopravvissuti ed ancora in mano alle milizie del "GSPC" , di cui nove tedeschi, quattro svizzeri ed un olandese (ma il 29/07/03 veniva data notizia della morte di MICHAELA SPITZER, la quindicesima turista in mano a militanti del "GSPC" , deceduta a causa delle condizioni ambientali estreme. Tale evento comportava l'emissione di un mandato di cattura da parte delle autorità tedesche nei confronti di ABDERRAZK AL PARA, emiro della formazione terroristica in questione). Dopo la fuoriuscita dal "GIA", il "GSPC" è riuscito ad ottenere un ragionevole controllo sulle reti europee di supporto logistico. Le autorità algerine riferiscono che il "GSPC" ha contatti e relazioni con gruppi nel Mali, Niger, Chad ed in Mauritania, che facilitano i traffici di armi e le attività di contrabbando. Nella parte meridionale del Paese le principali attività criminose del "GSPC" consistono nel traffico di armi, furto e traffico di autoveicoli rubati e raccolta di fondi dal contrabbando.

Il ricordato sequestro di trentadue cittadini europei può essere considerato una nuova strategia per il finanziamento per consentire l'acquisto di armi. In genere, le autorità algerine ritengono che le fonti di finanziamento dell'organizzazione consistano in rapine, riciclaggio, estorsioni, furti di autoveicoli e vendita di parti di essi, come anche traffico di droga, vendita di falsi documenti di identità e traffico di armi. Appare utile rammentare che molti avvenimenti e documenti recenti hanno già dimostrato la volontà di alcuni alti responsabili del "GSPC" di sostenere la causa jihadista internazionale difesa da "AL-QA'IDA": ciò, ovviamente, rischia di accrescere la minaccia terroristica, non soltanto in Algeria, ma anche in Europa. Peraltro, a partire dalla metà del 2000, il "GSPC", grazie ai suoi simpatizzanti in Europa, aveva ricevuto il sostegno del movimento moujahidin in Europa, legato alla regione afghano-pakistana ed alla jihad cecena. Il "GRUPPO ISLAMICO TUNISINO" diretto da SEIF ALLAH BEN HASSINE, che aveva lasciato la Gran Bretagna per l'Afghanistan a metà del 2000, forniva sostegno diretto al "GSPC". Gli islamisti tunisini, una volta formatisi in Afghanistan, venivano indirizzati verso il maquis algerino del "GSPC" attraverso l'Italia e la Spagna ove venivano inseriti nei gruppi islamisti. Ciò spiega la rilevante presenza, nell'ambito delle attività del "GSPC", della componente tunisina. La struttura italiana del "GIT", ad esempio, facente capo nella zona di Milano al tunisino ESSID SAMI BEN KHEMAIS, veterano afgano, è risultata pacificamente operante in stretto collegamento con il GSPC.

* Infatti, sulla scorta delle risultanze e delle esperienze investigative acquisite all'esito delle indagini sviluppate nella zona di Milano negli anni '95/2000, nasceva l'operazione "Al Muhajirun" - strutturata in tre fasi fra loro collegate, conclusesi rispettivamente nell'aprile, nell'ottobre e nel novembre 2001 - condotta nei confronti di aderenti ad una cellula terroristica algerino-tunisina del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento attiva in Lombardia, gravitante intorno all'Istituto Culturale Islamico di Milano. E' decisamente prevalente, in questa indagine, la componente tunisina che - è stato dimostrato - aveva stretto significativi rapporti di fratellanza militante con quella algerina nei campi di addestramento afgani. La prima fase dell'indagine, conclusasi con l'esecuzione in data 4 aprile 2001 di alcuni provvedimenti cautelari, ha trovato il suo epicentro anche in Varese, con una estensione in Belgio.

Più in particolare: -in Gallarate (VA) veniva eseguita una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del citato tunisino Essid Sami Ben Khemais, di 34 anni, personaggio di spicco del gruppo ; -nel corso di alcune perquisizioni sia domiciliari che nei luoghi di lavoro degli indagati, venivano sequestrati - oltre a numerosa documentazione in lingua araba e video cassette di tipo propagandistico - due volantini dell'agosto del 1999 riportanti l'atto costitutivo del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento; - uno dei provvedimenti di custodia cautelare in carcere veniva emesso a carico del cittadino belga di origine tunisina Maaroufi Tarek, di anni 36, ivi residente, che era risultato un importante ideologo islamista, anello di congiunzione tra varie cellule del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento operanti in Inghilterra, Belgio, Spagna, Francia, Germania ed Italia.

E' interessante notare come il Maaroufi, non estradato a causa del suo status di cittadino belga, è stato arrestato, nel dicembre successivo, dalle autorità di Bruxelles, nel contesto delle indagini relative all'omicidio del leader storico delle forze afghane di opposizione al regime talebano Ahmad Shan Massud, avvenuto il 9 settembre 2001, due giorni prima i fatti di N.Y.C. e Washington. Le indagini, comunque, hanno consentito di accertare che il gruppo, organico al Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento, era capeggiato dal citato Essid Sami Ben Khemais e che esso fungeva da supporto logistico per reclutare militanti islamisti da indottrinare ed inviare successivamente in aree di guerra e segnatamente in Cecenia. L'impianto accusatorio è stato suffragato da sentenze di condanna ormai definitive, dopo che alcuni degli indagati avevano richiesto di essere giudicati con rito abbreviato (Essid Sami Ben Khemais è stato condannato a cinque anni di reclusione e 9810,00 euro di multa): sono stati ritenuti responsabili dei reati di associazione per delinquere, ricettazione, formazione di atti falsi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

La seconda fase della indagine si concludeva il 10 ottobre 2001: il movimento salafita, alla luce delle risultanze investigative, si caratterizzava ancor più per la sua connotazione transnazionale. Venivano emessi cinque provvedimenti di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi, alla falsificazione di documenti ed al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, due dei quali da eseguirsi in Germania ed in Francia . L'inchiesta ha confermato significativi rapporti di alcuni elementi della cellula con l'organizzazione Al-Qa'ida ed ha fatto emergere esperienze specifiche di addestramento militare nella regione pakistano/afghana di Ben Heni Lased, con una preparazione mirata alla costruzione di ordigni esplosivi ed alla preparazione di aggressivi chimici. Il rilievo dei contatti registrati tra la cellula italiana e quella tedesca è stato peraltro confermato dall'operazione che 23 aprile 2002 ha condotto il BKA tedesco all'arresto di 9 stranieri (alcuni dei quali risultati in contatto con gli indagati a Milano) accusati di aver progettato attentati contro obbiettivi israeliani e statunitensi in Germania. A capo di tale struttura si trovavano gli iracheni Yasser Hassan (Abu Ali) e Taher Mansour: quest'ultimo assicurava ai militanti operanti in Germania i documenti falsi acquisiti in Italia dalla cellula di Varese. Anche per gli arrestati dell'ottobre del 2001 sono intervenute sentenze di condanna per associazione per delinquere semplice e connessi reati fine.

La terza fase della indagine si concludeva il 29 novembre 2001, con l'esecuzione di tre provvedimenti restrittivi della libertà personale e varie perquisizioni domiciliari. Anche a questi indagati, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e ricettazione, non essendo ancora entrata in vigore, in relazione al tempo delle condotte contestate, la nuova formulazione dell'art. 270 bis cp. Tra le perquisizioni effettuate a Milano vanno ricordate quelle alle sedi dell'Istituto Culturale Islamico di viale Jenner n. 50, dove operavano Remadna Abdelhalim Hafed e Chekkouri Yassine, e della Comunità Islamica in Italia di via Quaranta, dove Es Sayed Abdelkader Mahmoud ha per lungo tempo lavorato. Oltre ad ingente documentazione, nell'Istituto Culturale Islamico è stato rinvenuto un passaporto falso di Es Sayed Abdelkader Mahmoud. Con sentenza del 2.2.04. il Tribunale di Milano ha condannato gli imputati, tranne che per il reato di favoreggiamento di ingresso clandestino di stranieri nel territorio italiano, a pene variabili tra gli otto ed i quattro anni di reclusione. Nella sentenza di condanna si pone in evidenza la circostanza che il gruppo dei condannati gravitava attorno alla moschea di v.le Jenner e che Es Sayed Abdelkader Mahmoud aveva assiduamente frequentato prima questa e poi quella di via Quaranta, sempre a Milano.

E' da sottolineare che, parallelamente alla citata indagine, venivano portate avanti altre due inchieste ad essa collegate: - un'inchiesta riguardava una decina di persone tra sauditi, afghani, yemeniti e pakistani : l'11 luglio 2002, nell'ambito della indagine "Al Muzawirun (I falsari)" venivano arrestati 9 componenti di una cellula specializzata nella preparazione di documenti falsi che nel passato aveva rifornito a lungo il Gruppo salafita. Venivano arrestate nove persone, tra cui spiccano i fratelli marocchini Sayyid e Muhammad Kazdàri . L'organizzazione risultava specializzata nella ricettazione e nella falsificazione di documenti rubati, era composta prevalentemente da stranieri di origine marocchina, ma agli indagati non veniva contestata, nella formulazione dell'imputazione, di avere agito specificatamente nell'interesse del G.S.P.C. (cui pure venivano forniti documenti falsi), non essendo emersa la prova della finalità politico-eversiva delle loro condotte illegali, con ciò dimostrandosi lo scrupolo dell'A.G. procedente di voler evitare ingiustificate generalizzazioni derivanti dalla mera etnia : i documenti, infatti, venivano ceduti anche a pregiudicati comuni.

Il 7 gennaio 2003, il Tribunale di Milano ha condannato, con rito abbreviato, gli stranieri coinvolti nella vicenda in questione a pene detentive variabili tra un anno e mezzo e tre anni di reclusione senza la concessione dei benefici di legge, ritenendoli responsabili dei reati di concorso in ricettazione, contraffazione di documenti e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina; - la seconda inchiesta riguarda altri sei imputati, tra cui l'imam di Gallarate, il marocchini El Mahfoudi Mohamed, gravitanti prevalentemente nella zona del varesotto . Sono stati tutti colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere (si tratta della stessa articolazione del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento, oggetto della indagine in tre fasi prima descritta), favoreggiamento di immigrazione clandestina, appropriazione indebita o ricettazione di veicoli ed evasione fiscale. La particolarità delle condotte di cui queste persone sono imputate sta nel fatto che esse erano finalizzate a reperire - soprattutto attraverso la frode fiscale realizzata con false fatturazioni delle imprese individuali che essi gestivano, ma anche attraverso l'appropriazione di veicoli acquisiti in leasing e la loro vendita all'estero - il predetto gruppo salafita. Le sedi delle società costituite, secondo l'accusa, venivano anche utilizzate per custodia e diffusione di materiale propagandistico del gruppo estremista islamico di appartenenza.

Tra maggio e giugno del 1998, inoltre, a seguito di ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP di Milano, furono arrestati : - nelle città di Bologna, Varese, Ferrara, Milano e Brescia 6 cittadini tunisini, 3 marocchini, 3 algerini ed un italiano, anch'essi ritenuti collegati al Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento . Il procedimento è stato poi trasmesso per competenza territoriale a Napoli, dopo sentenza di incompetenza dei giudici di Milano; - 12 persone (in prevalenza tunisini, ma anche algerini), poi condannate in primo grado per 416 cp. Al dibattimento, peraltro, è stato presente un solo imputato a piede libero, mentre gli altri 11 sarebbero morti o arrestati in Afghanistan. Le indagini sul Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento (nato, si ripete, da una scissione all'interno del GIA) hanno anche interessato la Campania: dal 2001, infatti, si sono sviluppate inchieste sulle attività di algerini aderenti a tale sodalizio criminale, dediti a traffici internazionali di documenti falsi (sono provati i collegamenti non solo con le aree di Milano, Vicenza e Santa Maria Capua Vetere, ma anche con personaggi operanti in Norvegia, Francia, Spagna, Germania). Anche a Napoli, significativamente, le indagini sui traffici di documenti falsi di identità hanno fatto emergere contatti tra gli indagati per associazione terroristica e meri falsificatori di documenti, non militanti nel gruppo ed operanti non solo a Napoli, ma anche nel casertano.

(continua >)

by www.osservatoriosullalegalita.org

_____________

I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE

 

< parte prima (cenni storici)

< parte seconda (terrorismo islamico in Italia)

< parte terza (il manuale del terrorista islamico)