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NOTIZIARIO del 29
ottobre 2004
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Separazione
delle carriere : Randazzo e il diritto anglosassone Tre giorni fa l'avv. Randazzo, Presidente dell'Unione Camere Penali, intervistato da Radio Capital ha dichiarato che gli avvocati adducono come motivazione per il loro sciopero il fatto che la legge proposta dal governo sull'ordinamento giudiziario ancora non recepisca il principio della separazione delle carriere. E' ovvio che io - che di professione non faccio l'avvocato - non posso mettermi a disquisire con il Presidente dell'Unione Camere Penali. Tuttavia mi permetto di fare alcune considerazioni. 1) L'avv. Randazzo a Radio Capital ha detto che siccome il principio del giusto processo, anche detto "processo di parti" e' entrato nella Costituzione (rif. riforma art. 111 Cost.) ed il processo di parti prevede un giudice terzo, e' logico e doveroso che le carriere di pm e giudici vengano separate. L'avv. Randazzo non cita pero' gli altri articoli della Costituzione (107 e 108) nei quali si afferma in modo esplicito che pm e giudici appartengono all'unico corpo della Magistratura e sono divisi solo per funzioni. Quindi, a mio modesto avviso, l'introduzione della separazione delle carriere richiede una modifica della Costituzione e non puo' essere introdotta con legge ordinaria. Infatti i magistrati sono sul piede di guerra per motivi opposti a quelli addotti dall'avvocatura: secondo loro la citata legge, imponendo ai nuovi magistrati di scegliere gia' all'inizio se fare i pm oppure i giudici, avvia una separazione delle carriere, strisciante ed extra-costituzionale. 2) Il Presidente dell'Unione Camere Penali ha citato il processo di parti. E' vero che nei paesi anglosassoni, che sono quelli dove questo tipo di processo vige da sempre, i pubblici ministeri sono una cosa ben distinta dai magistrati giudicanti (in Inghilterra, addirittura, la figura del pubblico ministero non esiste neanche). E' anche vero, pero', che il processo di parti ha altre caratteristiche, forse piu' importanti della separazione tra giudici e pubblica accusa. Per esempio le sentenze emesse alla fine del processo di primo grado sono immediatamente effettive (siano esse di condanna o di assoluzione). Esiste la possibilita' di Appello ma la richiesta in tal senso viene filtrata da organi preposti e non e' automatica (come invece in Italia). Questo perche' - altro particolare importante - le sentenze emesse al termine di un processo di parti vengono espresse senza motivazione, in modo particolare quelle emesse da una Giuria Popolare. Per cui il processo d'Appello nei paesi di "common law" (i.e. Stati Uniti e Inghilterra ) non avviene come in Italia. 3) C'e' un altro aspetto importante: negli Usa, per esempio, solamente una piccola percentuale dei procedimenti giudiziari approda al processo. La maggior parte dei procedimenti avviati seguono strade "rapide", come ad esempio il patteggiamento. Ovviamente il rito "breve", in caso di condanna dell'imputato, riconosce a quest'ultimo una forte diminuzione della pena: questo perche' si presume che l'imputato scegliendo il patteggiamento riconosca la sua colpevolezza e questa sua disponibilita' a rendere piu' veloce il corso della giustizia viene giustamente "premiata". Quindi nei Paesi di Common Law il patteggiamento comporta un'ammissione di colpevolezza da parte dell'imputato, mentre da noi no, per cui abbiamo dei condannati che, pero', non possiamo definire colpevoli. Naturalmente ci saranno altri aspetti che fanno la differenza tra il processo di parti ed il processo in vigore in Italia. Ma ridurre il processo "anglosassone", come fa l'avv. Randazzo, alla sola questione della seperazione delle carriere mi sembra riduttivo e fuorviante. E' invece una questione di diversa civilta' giuridica, legata alla storia ed alle peculiarita' dei singoli Paesi, analizzando le quali si potrebbero scoprire non poche sorprese. *referente regionale dell'Emilia Romagna per l'Osservatorio
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