Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
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07 novembre 2009
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Crocifisso e Corte dei Diritti : quanta disinformazione !
di Rita Guma*

Fra le reazioni fortemente critiche alla sentenza della Corte europea dei diritti contraria ai simboli religiosi nei luoghi pubblici, e segnatamente le scuole, si registra quella del sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano. Nonostante sia magistrato, Mantovano dice alcune cose che lasciano perplessi sulla sua conoscenza delle istituzioni europee, e - conseguentemente - sulla fondatezza del suo giudizio nei loro confronti. E' bene riportare tali affermazioni, perche' offrono lo spunto per chiarimenti necessari al fine di comprendere quanta disinformazione ci sia in giro sulla sentenza e sulla Corte dei Diritti dell'uomo.

Mantovano afferma che "Le reazioni - oltre gli schieramenti, con l'eccezione di radicali e veterocomunisti - alla sentenza sul Crocifisso attestano che in Italia non si è perso di vista il senso comune. Protestare però non basta; é necessario fare qualche passo in avanti, sia sul piano politico sia sul piano strutturale.
Quanto al primo: uno degli illustri componenti della Corte europea sui diritti dell'uomo è il dott. Vladimiro Zagrebelski, già procuratore della Repubblica di Torino, per due volte componente del CSM, che lasciò la seconda volta (qualche mese prima della scadenza) per fare il capo dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia nei governi della sinistra 1998-2001; quindi venne designato giudice a Strasburgo.
Oggi la sinistra non può far finta di nulla: dopo aver privilegiato un'area culturale, imponendola alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea, non può limitarsi a dire, come fa Bersani: quella sentenza è contro il buon senso; quella sentenza è l'esito coerente di una faziosa interpretazione della legge che la sinistra ha esaltato, in sé e nei personaggi che l'hanno propugnata. Non piacciono le conseguenze? E' l'occasione per discutere delle cause che le hanno provocate, per esempio non chiudendo la porta a ipotesi serie di riforma della giustizia in Italia.
Il secondo piano di interesse è strutturale: se in Europa esiste la Corte di Giustizia, mantenere in piedi la Corte europea dei diritti non costituisce, soprattutto dopo Lisbona, un doppione inutile? Dopo la sentenza di ieri verrebbe da dire: inutile e dannosa
".

Nel suo invito a bocciare l'esistenza della Corte dei Diritti dell'uomo, Mantovano non tiene conto che:

1) essa e' frutto dell'intesa di 47 Stati europei membri del Consiglio d'Europa, mentre la Corte delle Comunita' europee ha giurisdzione solo su 27 Stati, quelli della UE.

2) mentre la prima e' finalizzata al vaglio delle violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Corte UE non nacque per difendere i diritti, ma per valutare l'applicazione delle norme e direttive UE, che originariamente erano operanti quasi solo in campo commerciale e di cooperazione. Solo piu' di recente la Corte UE si e' occupata di aspetti riguardanti i diritti dell'uomo, poiche' l'UE si e' trasformata in una intesa politica

3) alla Corte dei Diritti dell'uomo possono ricorrere i singoli cittadini come ultima istanza dopo quelle nazionali, ed essa opera come una sorta di Tribunale d'appello, quindi esamina le singole controversie, mentre la Corte UE opera soltanto su impulso della Commissione UE o altri organismi comunitari e verifica se gli Stati abbiano violato il diritto comunitario nella generalita' dei casi, cioe' non esamina vicende di singoli cittadini. Anche dopo Lisbona, questo modo di procedere non cambiera', anche se il ruolo di 'giudice dei diritti' sara' ampliato.

E' evidente che le parole di Mantovano generano confusione (si spera in buona fede, anche se - vista la sua qualita' di magistrato e di ministro - sarebbe comunque grave). Infatti, qualora fosse eliminata la Corte dei diritti dell'uomo, i cittadini del continente europeo (compresi Curdi e Ceceni), non saprebbero piu' a chi ricorrere in caso di violazione dei loro diritti fondamentali da parte dello Stato, perche' non potrebbero farlo in 20 Paesi (quelli che non sono membri UE, come Russia e Turchia) ed anche nella UE i cittadini non potrebbero adire direttamente alla Corte europea, mentre sono centinaia ogni anno i cittadini italiani che fanno ricorso alla Corte dei Diritti dell'Uomo, ottengono giustizia e si vedono riconoscere risarcimenti per la lentezza dei processi, gli espropri di proprieta' e altri abusi subiti.

Per fortuna l'auspicio di Mantovano e' destinato a restare solo un proclama di parte, perche' tutti gli altri Stati membri accettano le pronunce della Corte dei Diritti dell'uomo, anche in materia di laicita' dello Stato, e soltanto in Italia si hanno reazioni scomposte di fronte all'applicazione di una Convenzione che abbiamo sottoscritto.

Quanto al giudice Zagrebelsky - a parte il fatto che questi si era limitato a fare da consulente giuridico di un governo, ricoprendo quindi un ruolo tecnico, e non ha, come Mantovano (AN) frequentato le sezioni di partito, rappresentato un partito in parlamento e fatto parte di governi non tecnici - dato che la sentenza sui simboli religiosi che condanna l'Italia e' stata espressa all'unanimita', appare ridicolo ipotizzare che tutti i magistrati della Corte dei diritti si siano fatti influenzare da un solo giudice.
Come Mantovano dovrebbe sapere, la Corte si e' sempre pronunciata per la laicita' dello Stato come difesa dei diritti di credenti e non credenti, anche quando si trattava di condannare la Sharia per la sua contrarieta' alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Convenzione che e' l'unico riferimento per questa istituzione, i cui componenti sono eletti dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa per ciascun Paese fra i TRE proposti dal governo di ciascuno Stato, e non pedissequamente accettati perche' imposti dai governi, ne' - nel loro complesso - possono rappresentate una sola corrente di pensiero - perche' non sono proposti da governi del medesimo segno, visto che ci sono giudici di 47 Stati.

Infine, Mantovano sbaglia ancora quando cerca di accreditare come estimatori della sentenza i soli "radicali e veterocomunisti", per il solo fatto che il leader del PD e il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera hanno - con argomenti discutibili, emozionali e forse strumentali (nel caso del PD) alla coesione interna dopo le voci di fughe della componente teocon - sostenuto che la sentenza non sia di buon senso, cosi' allineandosi alle grida degli esponenti del PDL (fra cui molti politici che per le norme cattoliche danno pubblico scandalo con legami al di fuori del matrimonio) e della Lega (il partito delle origini e dei riti celtici, che non sono certo cristiani).

La Federazione dei Liberali la giudica "una sentenza di grande importanza perché riafferma in modo argomentato il carattere laico e pluralista delle istituzioni europee e della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sottoscritta anche dall'Italia" e aggiunge che il Presidente della Camera Fini "critica una cosa che la sentenza non afferma, cioè la negazione del ruolo del Cristianesimo nella società Italiana", l'avvocato del governo persso la Corte europea "gioca sulle parole in modo indegno, dato che sa bene che l'art.7 nel Concordato oggi vigente non si riferisce ad una religione di Stato non più esistente bensì al criterio di reciproca indipendenza tra Stato e Chiesa, per cui un simbolo di una religione non può essere imposto alle strutture dello Stato. Quanto al Ministro Gelmini (...) addirittura arriva a supporre che la Convenzione Europea dei Diritti sarebbe in contrasto con il dettato costituzionale italiano, mentre sa benissimo che da tempo la presenza obbligatoria del crocifisso è messa in dubbio proprio da sentenze di Corti italiane".

Questa come opinione politica non radicale ne' veterocomunista. Ma anche dal mondo cristiano sono giunte parole di apprezzamento per la sentenza: la pastora valdese Maria Bonafede, moderatore della Tavola valdese, ha dichiarato: "E' una sentenza importante che finalmente inquadra la questione dell'esposizione dei simboli religiosi in una cornice europea di laicità e di tutela dei diritti di tutti: di chi crede, di chi crede diversamente dalla maggioranza e di chi non crede. Ancora una volta emerge la fragilità, logica prima e giuridica dopo, della tesi secondo cui il crocefisso imposto nelle aule italiane non è un simbolo religioso ma sarebbe l'espressione della cultura nazionale. La verità è che il crocefisso nei luoghi pubblici, come il privilegio dell'Insegnamento religioso cattolico, rimandano all'Italia di un tempo antico e dello stato confessionale. La sfida oggi - conclude Maria Bonafede - è invece quella del pluralismo delle culture e della convivenza tra chi crede e chi non crede nel quadro del valore costituzionale della laicità".

Anche la nostra associazione - apartitica, trasversale e super partes - ha salutato come positiva la sentenza, cosi' come tante associazioni e cittadini (credenti e non) che non ritengono il crocifisso simbolo universale di valori (visto che riguarda meno di un quarto della popolazione mondiale e che per i non credenti rappresenta l'illustrazione della tortura di un innocente) ne' mero simbolo di tradizioni (il che sarebbe riduttivo), ma rispettano ogni credo e l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e soprattutto, sanno che - sebbene scaturita da una vicenda in cui veniva contestata la presenza del crocifisso - la sentenza esprime il principio generale della illiceita' dell'imposizione di QUALSIASI simbolo religioso da parte dello Stato nei luoghi pubblici.

Purtroppo il messaggio di Mantovano e quelli analogamente generatori di confusione vengono veicolati per ogni dove e attecchiscono facilmente, dal momento che la maggioranza dei cittadini non ha gli elementi per valutarli in modo critico. Speriamo in questo senso di aver dato un contributo chiarificatore.

* presidente dell'Osservatorio sulla legalita' e sui diritti Onlus

per approfondire...

Crocifisso in aula: Corte europea dei diritti condanna l'Italia

Simboli religiosi e zucche vuote

Dossier crocifisso nelle aule

Osservatorio e laicita'

Dossier diritti

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