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                    Crocifisso 
                    in aula : Corte europea dei diritti condanna l'Italia  
                    di 
                    Gabriella Mira Marq 
                  La 
                    Corte dei Diritti dell'uomo ha stabilito all'unanimita' che 
                    la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non e' conforme 
                    alla Convenzione dei diritti umani. Nel caso esaminato, riguardante 
                    un ricorso contro l'Italia, la Corte di Strasburgo ha ribaltato 
                    la pronuncia del Consiglio di Stato italiano e stabilito che 
                    c'e' stata una violazione dell'articolo 2 del Protocollo 1 
                    congiuntamente ad una violazione dell'art. 9 della Convenzione, 
                    ed ha stabilito in 5000 euro il risarcimento morale per il 
                    ricorrente. 
                  I 
                    fatti furono gia' esaminati a suo tempo dall'Osservatorio, 
                    che ritenne contrario all'uguaglianza fra cittadini ed alla 
                    laicita' dello Stato la presenza del crocifisso in aula e 
                    incongruenti le motivazioni della sentenza italiana (leggi). 
                    Nel 2001-2002 una cittadina italiana rilevava che in tutte 
                    le classi della scuola media frequentata dai suoi due figli 
                    adolescenti vi era un crocifisso appeso al muro. La signora 
                    ritenne tale circostanza contraria al rispetto per la laicita' 
                    dello Stato che ella voleva i suoi figli apprendessero e informo' 
                    la scuola della sua posizione, con riferimento ad un pronunciamento 
                    della Corte di Cassazione del 2000 che affermava la contraddizione 
                    fra la presenza del crocifisso in aula e la laicita' dello 
                    Stato. A maggio 2002 la direzione della scuola decise di lasciare 
                    il crocifisso nelle classi, e una direttiva ministeriale inviata 
                    ai docenti raccomandava un comportamento conseguente. 
                  Nel 
                    luglio 2003 la signora presentava ricorso al TAR del Veneto 
                    invocando la violazione dei principi costituzionali. Il ministero 
                    invocava invece due decreti del Regno d'Italia (ed epoca fascista) 
                    del 1924 e 1928 rispettivamente. Considerata la questione 
                    costituzionale, il magistrato girava la domanda alla Consulta, 
                    davanti alla quale il governo sostenne che il crocifisso non 
                    costituiva un simbolo religioso, ma - come la bandiera - un 
                    simbolo della Stato italiano, visto che la Chiesa cattolica 
                    e' anche l'unica nominata nella Costituzione. La Consulta 
                    affermava di non avere giurisdizione in materia, trattandosi 
                    di una questione non legislativa. Il TAR non diede quindi 
                    ragione alla ricorrente, argomentando che il crocifisso era 
                    sia il simbolo della storia e cultura italiane, e conseguentemente 
                    dell'identita' italiana, sia il simbolo dell'uguaglianza, 
                    della liberta' e della tolleranza, in linea con la laicita' 
                    dello Stato. A 
                    febbraio 2006 il Consiglio di Stato rigettava il ricorso della 
                    signora argomentando che la croce rappresenta i valori del 
                    vivere civile. 
                     
                  Secondo 
                    i giudici di Strasburgo, invece, la presenza del crocifisso 
                    - che e' impossibile non notare nella classe - potrebbe facilmente 
                    essere interpretata dagli allievi di tutte le eta' come simbolo 
                    religioso ed essi potrebbero ritenere di essere educati in 
                    un ambiente scolastico contrassegnato da una data religione. 
                    Questo potrebbe essere incoraggiante per i fanciulli religiosi, 
                    ma anche disturbare gli allievi atei o che pratichino altre 
                    religioni, in particolare in Italia, se appartenenti a minoranze 
                    religiose. Nella sentenza, i giudici europei hanno sottolineato 
                    che la liberta' di non credere a nessuna religione  
                    (compresa nella liberta' di religione garantita dalla Convenzione) 
                    non e' limitata all'assenza di funzioni religiose o di educazione 
                    religiosa, si estende alla pratiche e ai simboli che esprimono 
                    un credo, uan religione o l'ateismo. Questa liberta' comporta 
                    particolare protezione se e' lo Stato che esprime un credo 
                    e l'individuo viene messo in una posizione che potrebbe non 
                    sopportarlo o che potrebbe comportargli un sacrificio o sforzo 
                    sproporzionato. 
                  Per 
                    la Corte, lo Stato deve evitare di imporre fedi nei locali 
                    in cui gli individui sono costretti a stare. In particolare, 
                    e' tenuto a rispettare la neutralita' confessionale nel contesto 
                    della pubblica istruzione, dove frequentare le lezioni e' 
                    obbligatorio, indipendentemente dalla religione, e dove l'obiettivo 
                    dovrebbe essere quello di promuovere il pensiero critico negli 
                    alunni. La Corte non riesce a comprendere come mostrare nelle 
                    scuole dello Stato un simbolo che puo' ragionevolmente essere 
                    associato con il cattolicesimo (la religione di maggioranza 
                    in Italia) potrebbe servire al pluralismo educativo, che e' 
                    essenziale per la conservazione di una "societa' democratica" 
                    come concepita dalla Convenzione, un pluralismo che e' stato 
                    riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana. L'imposizione 
                    di simbolo di una determinata confessione nei locali utilizzati 
                    dalle autorita' pubbliche, e soprattutto nelle aule scolastiche, 
                    limita il diritto dei genitori ad educare i loro figli in 
                    conformita' con le loro convinzioni, e il diritto dei bambini 
                    a credere o non credere. La Corte ha concluso, all'unanimita', 
                    che vi è stata una violazione dell'articolo 2 del Protocollo 
                    n. 1 in combinato disposto con l'articolo 9 della Convenzione. 
                  E' 
                    evidente che le implicazioni della sentenza di Strasburgo 
                    sono notevoli. Non soltanto l'Italia dovra' conformarsi ad 
                    essa e quindi togliere il crocifisso dalle aule, ma lo stesso 
                    dovrebbe valere, viste le conclusioni della sentenza, che 
                    parla di "imposizione di simbolo di una determinata confessione 
                    nei locali utilizzati dalle autorita' pubbliche", nei 
                    tribunali, nei seggi elettorali e negli uffici pubblici. Inoltre, 
                    la sentenza dovrebbe incidere - per logica - sulle decisioni 
                    dei tribunali coinvolti nella diatriba sull'ora di religione 
                    cattolica. 
                     
                     
                   
                    Dossier 
                    crocifisso nelle aule 
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