31 luglio 2007

 
     

Afghanistan : Malalai Joya fa emergere le nostre contraddizioni
di Marco Bazzichi

Chiara, lucida, la più combattiva di tutti: Malalai Joya porta una ventata di vera politica, di vera lotta e di autentica rivendicazione dei diritti dei più deboli, dei più indifesi e dei più umiliati; e, tra questi, soprattutto delle donne afgane. Malalai porta la voce del suo popolo fuori dai confini afgani sostenendo quella che è la verità, o comunque una verità che esula dagli schemi convenzionali e marciti dell'informazione occidentale; di un occidente che si racconta di essere andato in Afghanistan in missione di pace.

Tra i tanti dati drammatici che coi suoi occhi che si spalancano nel disperato bisognoso di ascolto Malalai Joya ha raccontato a Firenze, ce ne sono alcuni che non ammettono ulteriore discussione. Tra questi, che l’Afghanistan, sotto l’occupazione americana, è ridiventato il primo esportatore di oppio al mondo, e che non c’è mai stato un tasso di suicidio così elevato tra le donne afgane. La considerazione di questi due dati obbliga, perlomeno, a rimettere in discussione la visione che l'occidente ha della nostra presenza in quelle terre.

Poi c’è l’esperienza stessa che Malalai Joya porta di sé: la sua espulsione dal Parlamento la dice lunga sul tasso di democrazia in Afghanistan. Ma l’aspetto più convincente e struggente dei suoi discorsi è questo continuo rivendicare il diritto del suo popolo all’autodeterminazione. Nonostante questo diritto non comporti necessariamente il ritiro delle forze occidentali, sono gli occidentali a dover ripensare il senso e i modi della propria presenza, oltre a riconoscere le connivenze con i vecchi pezzi del regime afgano. Sono anti-democratiche anche le forze che, prima, in gerarchia stavano immediatamente sotto i capi talebani, e che, una volta caduti i capi talebani, sono andate al potere dandosi una “maschera di democrazia”.

Malalai Joya si deve confrontare però con la capacità perversa delle democrazie occidentali di contenere al proprio interno le opposizioni e gli antagonismi, con la capacità di chi è al potere e riesce ad ascoltare chi è non al potere e ad inglobare, metabolizzare e risputare ogni opposizione sotto forma, in questo caso, di “Giglio d’oro”, il premio che Malalai ha ricevuto a Firenze.

Bello, certo, che lei abbia ricevuto questo premio, bello che i fiorentini stessi presenti all’incontro organizzato dal Giardino dei Ciliegi siano stati ipnotizzati da lei per più di due ore. Tutto questo è molto bello ma purtroppo fa parte delle contraddizioni in cui ci troviamo noi occidentali: siamo quelli che esportano la democrazia con le bombe e poi danno i premi a chi rappresenta le vittime di queste stesse nostre azioni.

Certo, si dirà, noi, da cittadini comuni cosa possiamo fare? Dobbiamo evitare di accogliere Malalai Joya per evitare il confronto con le nostre contraddizioni? Questo no, certo. Ma un filino in più di critica sul comportamento dei nostri politici e dei nostri mass media tanto male non farebbe, soprattutto quando si tratta degli orrori afgani.

Quando Malalai Joya è stata ricevuta da D’Alema alla Festa de l’Unità, gli ha raccontato che sostanzialmente non è cambiata la condizione della vita degli afgani tra prima e dopo l’11 settembre e D’Alema ha negato tutto questo, come se la sua visione della realtà afgana fosse più lucida di quella di Malalai. Ecco, con questo noi dobbiamo confrontarci: con una politica e una stampa, locale e nazionale, che non sceglie quasi mai di riportare fedelmente e fino in fondo il punto di vista di una persona come Malalai Joya, ma che, tra mille distinguo, sceglie o di non dire niente dell’incontro tra lei e D’Alema o di riportare soltanto la seconda parte del discorso, quella dove lei riconosce che se venissimo via dall’Afghanistan, sarebbe un disastro.

Superiore a queste nostre meschinità, la persona di Malalai Joya ha un carisma e una capacità di trasportare l’ascoltatore in un mondo di sincerità e trasparenza che ormai la politica sembra aver perduto definitivamente. C’è qualcosa di autenticamente sincero, di vivamente partecipato in lei che traspare al di là delle sue parole e che sono un tesoro inestimabile per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrare Malalai Joya in questi suoi giorni fiorentini.

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