NEW del 08 giugno 2006

 
     

Referendum : Costituzione e meccanismi di controllo del potere
a cura di E. Peyretti

Segue uno schema di analisi della riforma costituzionale che sara' oggetto del referendum del 5 e 26 giugno, tratto - a cura di Enrico Peyretti - da uno scritto di Luigi Ferrajoli, Processo decostituente, in Gallo-Ippolito-La Valle-Ferrajoli, Salviamo la Costituzione, Ed. Chimienti, 2005, pp. 93-110 (pubblicato prima delle elezioni politiche).

La revisione fatta dal governo Berlusconi aggredisce non solo la Costituzione del 1948, ma lo stesso costituzionalismo, che è limitazione e controllo del potere - la riforma, che modifica oltre 50 articoli, traccia una "nuova costituzione" voluta dalle forze di destra, nessuna delle quali ha partecipato a formare la Costituzione antifascista del '48, né si è in essa riconosciuta.

- È una riforma illegittima:
a) perché la Costituzione consente modifiche in Parlamento, con la procedura dell'art. 138, ma non la formazione di una nuova costituzione: «la sovranità appartiene al popolo» (art. 1), che non può esserne espropriato
b) perché deroga di fatto ai "princìpi supremi" della Costituzione, in quanto verticalizza e personalizza l'assetto costituzionale col dare un potere monocratico al Primo ministro; così riduce gravemente quel complesso sistema costituzionale di regole dirette a limitare, separare, bilanciare i poteri pubblici, perché non diventino assoluti e illimitati; ciò contraddice lo spirito del costituzionalismo democratico del Novecento, che, dopo le tragedie dei fascismi e delle guerre mondiali, ha imposto vincoli costituzionali rigidi ai poteri di maggioranza, a tutela dei diritti fondamentali di tutti

- è una riforma illiberale, riduttiva delle libertà: la concezione ad essa sottostante è la libertà dei forti, non di tutti, non dei deboli; la libertà economica, non la libertà di partecipazione politica alle decisioni per promuovere la vita e i diritti di tutti (art. 3 Costituzione) - la cosiddetta devolution, (competenza legislativa esclusiva alle regioni in ogni materia non espressamente riservata allo Stato), introduce differenze reali nei diritti dei cittadini, che avranno accessi diseguali alla scuola e alla salute; questa è una grave divisione tra gli italiani, non solo economica, ma nel diritto di cittadinanza e nel principio di solidarietà (artt. 2, 3, 4, 53).

- la riforma, creando un complicatissimo sistema di competenze diverse tra Camera dei deputati e Senato federale, rende la funzione legislativa incredibilmente difficile, provoca una serie di conflitti tra le istituzioni che potranno paralizzare l'attività legislativa. Si tratta di semplice dissennatezza istituzionale oppure di un consapevole sabotaggio della funzione legislativa, per lasciare spazio illimitato ai decreti d'urgenza del governo?

- la revisione demolisce il principio della rappresentanza politica, uno dei "princìpi supremi" non riformabili; eliminando il voto di fiducia delle Camere (il potere del Primo ministro deriva direttamente dal voto popolare)
a) elimina di fatto il controllo del Parlamento sul governo e la responsabilità del governo di fronte ad esso;
b) modifica lo statuto del parlamentare, trasformato in esecutore passivo della coalizione cui appartiene e, di fatto, un dipendente del suo capo

- il Primo ministro potrà sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, con sua "esclusiva responsabilità" (funzione sottratta al Presidente della Repubblica), se lo trova opportuno (modello israeliano) e se la sua maggioranza gli negasse la fiducia senza indicare un altro Primo ministro (ma solo al proprio interno, senza il voto determinante dell'opposizione). Dunque, il Parlamento non potrà cambiare la maggioranza di governo (norma detta "anti-ribaltone"). Alla stabilità si sacrifica la libertà del Parlamento. Non sarà più il Governo che deve avere la fiducia del Parlamento, ma sarà il Parlamento che deve avere la fiducia del Primo ministro.

- maggioranza e minoranza saranno blindate. Solo i parlamentari della maggioranza avranno un potere di iniziativa politica e di responsabilizzazione dell'esecutivo, quelli della minoranza avranno solo il diritto di parola, estromessi da ogni funzione di controllo e di mediazione politica. Qual è la qualità democratica di un governo con opposizione paralizzata?

- la riduzione del numero dei parlamentari da 950 a 773, nel 2016, e dunque delle spese, è demagogica: in un Parlamento esautorato non occorre personale! Si risparmia democrazia.

- la revisione pone fine alla rappresentanza senza vincolo di mandato: ogni parlamentare dovrà eseguire la volontà della coalizione cui appartiene, senza responsabile libertà di coscienza e di valutazione. L'art. 67 «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato», non viene modificato ma apertamente violato: vincolato al mandato, il parlamentare sarebbe un esecutore meccanico, non un responsabile rappresentante del popolo. Il mandato imperativo, non già dal basso (popolare) ma dall'alto, lega il parlamentare al Primo ministro, come uno strumento. I soggetti che possono effettivamente decidere si riducono a pochissimi.

- non solo l'opposizione, ma la stessa maggioranza parlamentare sarà neutralizzata, non avrà alcun vero potere di controllo sul governo: se lo sfiducia, il Primo ministro scioglie il Parlamento. Esso ha una totale irresponsabilità del di fronte al Parlamento, a favore di un suo rapporto diretto con l'elettorato. Ciò è una deformazione radicale della democrazia. Nelle democrazie presidenziali (Usa, p. es.) la rappresentatività democratica è assicurata da un parlamento forte, separato e indipendente dal potere esecutivo, cui fa da contrappeso. Ma se il parlamento diventa un organo dominato da una maggioranza totalmente dipendente e assimilata al Primo ministro, scompare anche la democrazia rappresentativa. Infatti, un organo personale, monocratico, non può per sua natura rappresentare tutto il popolo differenziato, ma fa come se la parte vincente fosse il tutto.

- l'idea populista di un rapporto organico tra un capo e il popolo intero, riduce il popolo ad un blocco unico, senza libertà individuali, contro la nozione stessa di democrazia. Tutto diventa possibile ad un uomo che un tale sistema fa sembrare investito della stessa sovranità popolare. C'è un grande pericolo in tanta insipienza politica, o un insano calcolo di potere - non dimentichiamo che la democrazia «implica l'assenza di capi» (Kelsen) ed è «il governo delle leggi, e non degli uomini» (Bobbio) - purtroppo, una tale idea personalizzata e populista della democrazia è diffusa anche a sinistra: la "bozza Amato" contiene la più grave di tutte le manomissioni della Costituzione: una norma "anti-ribaltone" simile a quella del centro-destra. Chi ha copiato da chi?

- la posta in gioco è grave: non basta votare no nel referendum, è necessaria una riflessione critica e autocritica sui gravi guasti provocati da oltre un decennio di logoramento costituzionale, e sul nesso indissolubile tra costituzione e democrazia. Bisogna non inquinare la battaglia con proposte di compromesso troppo vicine a questa riforma, che è da respingere

- nel metodo, è apparsa la debolezza delle attuali garanzie costituzionali (che la riforma indebolisce ulteriormente), aggravata dalla disattenzione e ignoranza costituzionale dell'opinione pubblica. L'art. 138 va rafforzato. Il referendum deve avvenire su singole determinate questioni (come già richiesto dalla Corte Cost.) e non su un insieme di riforme, per non essere un plebiscito, sempre riduttivo della democrazia

- nel merito, questa riforma è un grande pericolo: annullando il ruolo del Parlamento darebbe vita a una vera autocrazia. Il costituzionalismo come sistema di limiti imposti a tutti i poteri, compresa la maggioranza, è indebolito nello spirito pubblico anche perché aggredito dal berlusconismo autocratico e insofferente di limiti, regole, controlli giurisdizionali. Questa riforma legalizza l'idea berlusconiana che la democrazia consista unicamente nella delega ad un capo ogni cinque anni.

- l'emergenza è democratica, non solo costituzionale. È essenziale: 1) la sconfitta culturale, oltre che politica, del progetto berlusconiano-piduista e della sua concezione deforme della democrazia; 2) la rifondazione, nel senso comune, del carattere antifascista della Costituzione, che è fondamento e presidio della democrazia, e detta un programma politico e sociale, ancora in gran parte da attuare

L'Italia, attraverso oppressioni, errori, dolori grandi, arrivò nel 1946-48 a formulare questa carta di identità morale e politica, fuori della quale c'è solo lo smarrimento e la ricaduta indietro.

Speciale diritti

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