NEW del 22 maggio 2006

 
     

La questione curda non è più affare di Iran e Turchia
di Shorsh Surme*

In Turchia la questione curda è tornata prepotentemente alla ribalta, con le massicce rivolte popolari sia a Diyarbakir - che in curdo viene chiamata Amed - la capitale del Kurdistan, sia nelle altre città del Kurdistan della Turchia. E come sempre la reazione dell'esercito turco è stata una violenta repressione nei confronti delle masse curde che hanno sempre protestato per i loro diritti pacificamente.

Il governo di Recep Tayyip Erdogan e le istituzioni militari che stanno dietro di esso fingono di non vedere l'enorme cambiamento che ha avuto luogo nella regione e che fra l'altro ha portato il Kurdistan iracheno, dopo interminabili sofferenze, a godere dei propri diritti all'interno di una unione di tipo federale con gli Arabi iracheni.

Nel progetto di un Iraq moderno e democratico, nel quale ha investito l'intera comunità internazionale (con in testa gli Stati Uniti e la Gran Bretagna), i Curdi devono giocare un ruolo fondamentale, tanto più che è ben noto che la Turchia non è fra coloro che hanno scommesso su questo progetto, ed anzi è fra i suoi più accaniti oppositori.

La Turchia dovrebbe rinunciare a questo suo atteggiamento autoritario e repressivo nei confronti della popolazione curda, che potrebbe creare nuove tragedie. I Paesi come la Turchia e l'Iran devono sapere che la questione curda ha cessato di essere un affare interno dei Paesi dove vivono i Curdi.

La questione curda riguarda un popolo di più di 40 milioni di persone che vive su una terra storica che si estende per più di 500.000 km quadrati. Al terzo millennio, in base a quale logica questi Paesi continua a negare il diritto di un popolo come quello curdo così radicata nella storia e nella geografia della regione? Fino a quando si chiameranno tra di loro per mettersi d'accordo contro i Curdi?

Infatti, l'ultimo appello e' stato lanciato dall'ambasciatore iraniano ad Ankara, Firuz Devletabadi, a Turchia e Siria affinché cooperino, insieme all'Iran, al fine di impedire la nascita di uno Stato curdo nella regione. Si tratta di un appello assolutamente miope che rivela una mentalità ristretta, che non comprende che i Curdi ormai non sono più le vittime predestinate delle politiche di questi Paesi.

I Curdi, soprattutto attraverso l'esperienza irachena, hanno dimostrato di essere invece un elemento di rinnovamento e di stabilità, ed essi sono i primi ad essere interessati alla democratizzazione della regione.

* giornalista curdo-iracheno

Speciale diritti

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