NEW del 15 dicembre 2005

 
     

Diritti umani in Italia : relazione al Consiglio d'Europa
di Gabriella Mira Marq

L'Italia teorizza il rispetto dei diritti umani, ma non sempre lo applica. E' questa, in sintesi, la conclusione del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Alvaro Gil-Robles, che ha presentato ieri il rapporto sul rispetto dei diritti umani in Italia al Comitato dei ministri del Consiglio. Il rapporto sara' girato all'Assemblea parlamentare dell'organismo paneuropeo e reso pubblico.

Nelle 60 pagine, il Commissario relaziona sugli esiti della visita di sette giorni da lui compiuta in Italia a giugno, con puntate a Napoli, in Veneto ed a Lampedusa, oltre ad un incontro a Roma con le autorita' italiane. Il rapporto focalizza l'attenzione su alcuni punti come il trattamento dei clandestini in arrivo, la questione dell'asilo e le procedure di espulsione, le condizioni nelle carceri, l'amministrazione della giustizia ed i diritti delle persone mentalmente disabili. In conclusione vi sono le raccomandazioni per le autorita' italiane.

Il rapporto nota che "malgrado il livello in genere elevato di protezione dei diritti umani offerto dalla sua legislazione, l'Italia contribuisce tuttavia notevolmente a determinare il sovraccarico di lavoro della Corte europea dei diritti dell'uomo. E' infatti il quinto Stato per il numero di ricorsi dinanzi alla Corte ed è il primo in termini di condanne. Inoltre, è il Paese che registra il numero maggiore di mancata esecuzione delle sentenze".

Inoltre, "la disfunzione della giustizia in Italia... pur essendo ormai diventato un fatto politico e sociale accettato, non è assolutamente trascurabile, dal momento che provoca serie violazioni e incide negativamente sulla possibilità di godere di altri diritti", con la lunghezza eccessiva dei processi. In particolare, la legge Pinto "permette unicamente di constatare la violazione, senza lottare contro le sue cause. Con tale metodo, l'Italia indennizza le vittime, evita certe condanne presso la Corte europea dei diritti dell'uomo, ma continua a violare il diritto a un equo processo in tempi ragionevoli. La sola riparazione non può essere ammissibile, occorre affrontare direttamente le cause di tale ritardo".

Peraltro, "la giustizia italiana manca fondamentalmente di mezzi". A giudizio del Commissario, "devono essere intrapresi sforzi tangibili per risolvere i problemi strutturali che sottendono all'attuale deterioramento della giustizia italiana", che pero' incontrano "una certa reciproca diffidenza esistente tra l'ordine giudiziario e il mondo politico". Fra le misure cui si potrebbe pensare, la figura dell'assistente giuridico del giudice, una proposta non attuata ma che "potrebbe consentire di migliorare il lavoro dei giudici e la qualità delle decisioni".

Critiche invece alla prescrizione, poiche' "tali garanzie sono troppo facilmente sviate dai loro obiettivi iniziali; le debolezze del meccanismo della prescrizione permettono a una persona incriminata, difesa da un buon avvocato, di utilizzare i mezzi dilatori per fare durare un procedimento, allo scopo di ottenere che cada in prescrizione. E' tanto più inaccettabile, poiché i magistrati non dispongono dei mezzi per opporsi a tali pratiche".

"La prescrizione - scrive Gil-Robles - deve servire a porre fine alle azioni giudiziarie quando l'azione pubblica si è interrotta per un certo tempo, e non a costituire il primo mezzo di difesa di un imputato che vuole sfuggire a una condanna". Inoltre, "l'estinzione per prescrizione in un numero troppo elevato di casi giudiziari discredita la giustizia penale, dimostrandola incapace di perseguire e di condannare dei criminali", per cui "soltanto il tempo di inerzia delle autorità pubbliche dovrebbe essere computato ai fini della prescrizione".

Sulla questione della tortura, viee rilevato che le infrazioni relative alle lesioni corporali o psicologiche hanno numerosi limiti, infatti "riguardano in primo luogo l'insieme dei danni causati da un'altra persona, chiunque essa sia (sconosciuto, membro della famiglia, o persona che esercita un'autorità). D'altra parte, va segnalato che l'intervento del Pubblico Ministero non è sempre possibile. Infatti, per le infrazioni che hanno provocato danni inferiori ai 20 giorni, solo la vittima può intentare un'azione penale".

"Tale limite dell'azione del Procuratore - si fa rilvare - sembra in contraddizione con la necessità di tutelare gli individui e l'ordine pubblico, in particolar modo quando le violenze sono state commesse da agenti giurati. In tal modo, nei casi di violenza delle forze di polizia, nel cui contesto le vittime sono spesso reticenti ad intentare un'azione giudiziaria, le lesioni dovranno essere superiori a 20 giorni perché il Procuratore possa aprire un'inchiesta di ufficio e quindi, non soltanto a querela della parte offesa".

Altro motivo di preoccupazione sono le condizioni delle carceri, il cui "degrado è più rapido della loro ristrutturazione, e che sono sottoposte alla pressione del continuo aumento del numero di detenuti. Sono fonte di preoccupazione anche le condizioni e i criteri di detenzione negli ospedali psichiatrici giudiziari". Si sottolinea che "le carceri italiane sono sovraffollate" e "la gravità del sovraffollamento delle carceri viene aumentata dalla vetustà delle infrastrutture o talvolta dalla loro inadeguatezza, rispetto alle esigenze moderne", e che oltre il 35% dei detenuti sono in attesa di giudizio definitivo.

Inoltre, il personale carcerario attuale e' in numero insufficiente, mentre "garantire un'adeguata proporzione tra guardie carcerarie e prigionieri è essenziale sia per la buona amministrazione del carcere, che per la sicurezza e il benessere dei custodi e dei detenuti". Se il numero del personale non e' l'unica causa dei numerosi decessi in carcere, non e' pero' nemmeno "in grado di evitarli. Tra gennaio e maggio 2005, sono deceduti 43 detenuti, 26 dei quali per suicidio".

Secondo il Consigliere europeo, "queste cifre, senza essere allarmanti come in altri Paesi europei, rappresentano pur sempre un motivo di preoccupazione, tanto più che si rileva che alcuni fatti sono rimasti impuniti o che la giustizia non si è ancora pronunciata, sebbene si siano verificati negli anni '90. In tali circostanze, dovrebbe essere presa in considerazione l'istituzione della figura del Mediatore nazionale, a cui i detenuti possano rivolgere le loro lagnanze". In effetti e' in discussione un pdl a riguardo.

Peraltro, "si dovrebbe avviare una politica mirante a un migliore stanziamento dei fondi, accompagnata da un aumento dei posti di lavoro offerti da imprese esterne, in vista di offrire ai detenuti migliori possibilità di reinserimento". In particolare, e' "indispensabile che le autorità italiane prevedano di stanziare fondi sufficienti per i 17 istituti penali per minorenni esistenti in Italia, per consentire a ciascuno di essi di accogliere i minori in condizioni di vita decenti, in modo che la loro detenzione non rappresenti soltanto una punizione, bensì anche un mezzo per favorire la loro riabilitazione".

Riguardo al centro di accoglienza di Lampedusa, per il quale l'Italia e' stata criticata, alcuni suggerimenti avanzati dal Consigliere durante i suoi incontri, per quanto riguarda la trasparenza delle procedure a Lampedusa sono stati prontamente accolti.

Sulle riforme introdotte dalla legge Bossi-Fini, il commento e' invece che "pur contenendo numerosi elementi positivi, destano nondimeno un gran numero di preoccupazioni in merito al principio e alla sua applicazione". Relativamente all'allontanamento degli immigrati, infatti, "e' comprensibile che uno Stato desideri rinviare gli stranieri irregolari che non sono dei richiedenti asilo, o che non rientrano nell'ambito di una tutela particolare. E' tuttavia imperativo accordare un tempo sufficiente perché le persone possano eventualmente formulare tale domanda".

Infatti "gli stranieri arrivano spesso in condizioni fisiche e morali pietose, prostrati dopo un viaggio pericoloso, e non sanno esattamente neppure dove sono giunti e quale sarà la loro sorte. Pare quindi poco probabile che possano formulare immediatamente una domanda di asilo, o far comprendere che rischiano di subire una persecuzione o una violazione dei diritti dell'uomo, durante un colloquio sommario prima dell'allontanamento", che dovrebbe peraltro avvenire con "la presenza di un osservatore esterno e imparziale".

Riguardo alle espulsioni dei presunti erroristi, "è fondamentale che il sistema da privilegiare sia il perseguimento penale dei terroristi e non il rinvio verso un altro Paese. Questa facilità di espulsione offerta si limita a spostare un rischio potenziale, senza per questo combatterlo efficacemente. D'altro canto, è indispensabile, in tali casi, che vengano debitamente analizzati da parte di un'autorità giudiziaria, e non unicamente di un'autorità amministrativa, i rischi che la persona subisca atti di tortura nel paese verso il quale viene rinviata. Il ricorso giudiziario a posteriori non può costituire una garanzia sufficiente... la lotta al terrorismo non deve avvenire a scapito di principi quali la democrazia e il rispetto dei diritti fondamentali".

Nel suo viaggio il Commissario ha visitato il carcere maschile e femminile della Giudecca (Venezia), il carcere di Rebibbia Nuovo Complesso (Roma), il centro di permanenza temporanea e di prima accoglienza per stranieri di Roma - Ponte Galeria, aeroporto di Fiumicino - Roma, il centro per stranieri di Lampedusa, i carceri per minori di Nisida e di " Casal del Marmo " (Roma), il centro per minori non accompagnati " Scuola di Volo ", un centro di accoglienza per minorenni in stato di fermo, il quartiere " Campo Nomadi Casilino 900 " (Roma), il Centro contro la violenza di Venezia e due centri di accoglienza e di alloggio per richiedenti asilo a Roma.

Ha incontrato i ministri Giuseppe Pisanu, Roberto Castelli, Roberto Maroni, Stefania Prestigiacomo, Margherita Boniver, sottosegretario agli affari esteri e i Vice-presidenti del Senato e della Camera dei Deputati. Ha anche incontrato i Presidenti della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, procuratori e magistrati a Napoli e membri dell'Ordine degli avvocati, i Prefetti di Napoli e di Venezia ed il Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo, nonche' rappresentanti della società civile e di ONG nazionali e locali.

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