NOTIZIARIO del 31 marzo 2005

 
     

Guantanamo : prigionieri liberati , diritti umani e strani aerei
di Giulia Alliani

I quotidiani americani del 30 marzo riportavano la notizia dell'ingiunzione di un giudice federale, datata 29 marzo, che ha impedito all'amministrazione Bush di trasferire un gruppo di detenuti dal carcere militare di Guantanamo ad altre prigioni in territorio straniero, senza che i prigionieri avessero la possibilita' di appellarsi a un tribunale.

Secondo il giudice distrettuale Henry H. Kennedy Jr. il governo non puo' prendere simili decisioni "unilateralmente e segretamente", e deve concedere 30 giorni di tempo prima di ogni eventuale trasferimento, per dare agli avvocati la possibilita' di opporvisi.

David Remes, un avvocato dei detenuti, si e'dichiarato sollevato perche', ha detto, "il governo poteva spedire qualsiasi nostro cliente all'estero in posti dove avrebbe potuto subire torture senza che noi avessimo la possibilita' di opporci".

Gli esperti legali definiscono l'ingiunzione del giudice Kennedy una importante pietra miliare: si tratta del primo giudice che stabilisce che i tribunali devono esercitare un controllo sui trasferimenti dei detenuti. Inoltre la sua ingiunzione sottrae un'altra area di controllo al governo: si tratterebbe di un altro altola', da parte di un tribunale, ad un'amministrazione che forse avrebbe preferito che la gestione di Guantanamo sfuggisse completamente alla supervisione dei tribunali.

Sempre a detta di esperti, citati dal Washington Post e da altri autorevoli giornali americani, l'ingiunzione potrebbe avere effetto sulle "renditions" effettuate dall'amministrazione, cioe' sulla pratica clandestina di spedire i detenuti in un paese straniero in cui e' permesso l'impiego di maltrattamenti nel corso degli interrogatori.

Secondo il Washington Post, Matthew S. Freedus, avvocato di Washington, esperto di leggi militari, ha dichiarato che "l'ingiunzione ha un enorme significato perche' dimostra l'esistenza in questo caso, di un vero e proprio divieto all'esercizio del potere da parte del governo". Per Michael Ratner, del Center for Constitutional Rights, "hanno preso le persone sbagliate nel posto sbagliato" e "adesso il governo vuol disfarsene, perche' non sa come giustificare quello che ha fatto".

Anche a detta degli avvocati, le prove addotte dai militari per mantenere in stato di detenzione i loro clienti, e costringerli a delle ammissioni di responsabilita', sono scarse o nulle. Questo articolo e' copyright osservatorio sulla legalita'. Nel memorandum che accompagna la sua ingiunzione il giudice Kennedy ha citato il caso in cui, pendente ricorso di fronte al tribunale, e' vietato il trasferimento degli appellanti senza preavviso e permesso del tribunale stesso.

Vi si stabilisce che "i responsabili di un detenuto non sono autorizzati a trasferirlo finche' e' pendente il ricorso contro la privazione della liberta'". Si tratta di una decisione che "fu presa allo scopo di togliere ai funzionari di un carcere la possibilita' di impedire il tentativo di un detenuto di appellarsi per ottenere la scarcerazione, spostandolo fisicamente dalla giurisdizione territoriale del tribunale presso il quale pende il ricorso".

Sempre secondo il giudice Kennedy, "non e' oggetto di discussione il fatto che il pubblico interesse favorisca con la massima decisione il perseguimento dei terroristi e la punizione per le loro azioni. Tuttavia e' fuorviante introdurre in questo caso il concetto di 'rilevanza del pubblico interesse', in relazione alla possibilita' da parte del governo 'di mantenere in stato di detenzione combattenti nemici per impedire loro di tornare alla lotta e continuare a impegnarsi nella guerra contro gli stati Uniti".

Infatti "l'attuale designazione dei detenuti come 'combattenti nemici' non e' un fatto assodato", anzi "l'oggetto dell'impugnazione degli appellanti si riferisce proprio all'accuratezza ed alla legittimita' della determinazione cui e' giunto il governo, secondo la quale gli appellanti sono stati protagonisti di atti ostili contro gli Stati Uniti, o avrebbero collaborato con gli autori di tali atti".

Intanto il New York Times, e altri quotidiani, annunciavano ieri la scoperta di un quarto aereo che potrebbe essere stato impiegato per il trasferimento di sospetti terroristi. In un database compilato dall'Agenzia Federale dell'Aviazione compare, tra quelle esaminate, una rotta che corrisponderebbe alla rotta descritta da un ingegnere canadese, Maher Arar, che accusa gli Stati Uniti di averlo prelevato nel 2002 all'aeroporto di New York per trasportarlo in Siria, dove sarebbe stato tenuto prigioniero, interrogato e torturato con l'accusa di appartenere ad Al Qaeda.

Arar fu liberato nell'ottobre 2003 dai Siriani, che non erano riusciti a scoprire nessun rapporto tra lui e Al Qaeda. Di recente, aerei e rotte "sospette" erano gia' stati identificati in altri casi riportati dal Washington Post e dalla Chicago Tribune. Alla luce di queste rivelazioni risulta forse un po' incongrua la presentazione qualche giorno fa da parte degli Stati Uniti del rapporto "Supporting Human Rights and Democracy: The U.S. Record 2004 - 2005".(link)

In occasione della presentazione del rapporto, i giornalisti hanno potuto rivolgere alcune domande a Michael Kozak (Acting Assistant Secretary for Democracy, Human Rights, and Labor, Washington, DC). Questo articolo e' copyright osservatorio sulla legalita'.

Un giornalista ha chiesto: "Lei ha menzionato un paio di volte la parola 'credibilita''. Vorrei chiederle qualcosa a proposito della credibilita' degli Stati Uniti, soprattutto quando si tratta di paesi come la Siria. Voi gli fate la predica sulla violazione dei diritti umani, eppure gli Stati Uniti hanno spedito in Siria dei sospetti terroristi. Cosi', in generale, puo' dire qualcosa sul programma di credibilita' degli Stati Uniti in Medio Oriente, tenendo conto di Guantanamo Bay, Abu Ghraib, e delle 'consegne' dei sospetti terroristi? La risposta di Kozak e' giunta dopo un leggero imbarazzo manifestato attraverso le prime parole (Yeah. Well, you know,).

Poi Kozak ha rievocato il periodo immediatamente successivo alle rivelazioni degli abusi di Abu Ghraib e ha detto: "Quello che abbiamo cercato di fare e' questo: abbiamo detto, guardate, gli Stati Uniti non sono diversi da tutti gli altri paesi; anche le autorita' americane commettono atti che violano i dirirtti umani. Bisogna chiedersi: come ci regoliamo? Abbiamo un sistema dotato di pesi e contrappesi, con un potere giudiziario indipendente che puo' rivedere le decisioni, con un Congresso che puo' convocare le persone per fargli delle domande, con una stampa indipendente che tutti i giorni ti solleva la questione?"

"E cosi' la nostra risposta a Paesi come la Siria e' che non e' che vogliamo vedere l'assenza completa di violazioni dei diritti umani - voglio dire: questa sarebbe la situazione ideale - ma, dopo questa, la cosa migliore e' che voi abbiate in vigore dei sistemi che, quando si verificano degli abusi, permettano di chiederne conto alle persone... Ed e' li' che, secondo me, si manifesta il fattore 'credibilita'".

Purtroppo, se la risposta di Kozak poteva essere parzialmente soddisfacente per Abu Ghraib, non altrettanto si puo' dire per le "consegne" dei sospetti terroristi alla Siria o ad altri Paesi dove e' ammessa la tortura, la stessa tortura che suscita la riprovazione dei rapporti come quello presentato pochi giorni fa.

Sentenza e commento del giudice Kennedy citati nell'articolo (in inglese, pdf)

Speciale diritti umani

Speciale terrorismo


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Rapito capo di Al Qaida in Italia: c'entra la CIA?

Torture : prigionieri uccisi nelle prigioni USA all'estero

Rapporto del Pentagono sulle torture ad Abu Ghraib e Guantanamo