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NOTIZIARIO del 24
ottobre 2004
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Riforma
Giustizia : i veri problemi e la volontà di risolverli Tra i tanti slogan che hanno scandito la faraonica campagna elettorale condotta dal centro-destra in previsione delle politiche del 2001, molteplici erano quelli che prospettavano un'ampia riforma della giustizia, diretta a tramutare l'attuale sistema, caratterizzato da una farraginosità degna dell'era borbonica, in un'organizzazione ispirata ai criteri di efficienza propri del rampante capitalismo padano. Per meglio perseguire siffatto obiettivo, l'on. Berlusconi, uscito trionfante dalla competizione elettorale, ha assegnato il dicastero della Giustizia a Roberto Castelli, ingegnere idraulico inventato giurista da un repentino colpo della bacchetta magica del demiurgo di Arcore, nonché esponente di spicco della Lega Nord , partito che di quell'efficiente capitalismo da sempre si erge a primo difensore. I molteplici interventi legislativi di cui è stato oggetto negli ultimi tre anni il settore della giustizia non sono stati però in alcun modo ispirati ai suddetti criteri di efficienza: in attesa dell'approvazione della (tanto temuta) legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, il Governo ha imposto l'approvazione di una serie di provvedimenti evidentemente mirati (oltre che a determinare il radicale travolgimento dei procedimenti penali a carico di alcuni ben noti personaggi) a limitare al massimo l'autonomia della magistratura, mediante la subordinazione della medesima ai contingenti voleri dell'Esecutivo. Per contro, il Legislatore è finora rimasto insensibile alle indicazioni degli operatori del settore, i quali da tempo indicano nella carenza degli organici una delle principali cause della mastodontica lentezza che contraddistingue ogni forma di procedimento. Tale carenza non riguarda solo il numero dei magistrati, sulla cui attività il sottodimensionamento incide in maniera più sensibile, ma anche quello dei c.d. ausiliari di giustizia, quali i cancellieri e gli ufficiali giudiziari. Proprio la posizione degli ufficiali giudiziari è al centro dell'ultima, piccola storia ignobile che altera l'immagine da cartolina che il Presidente del Consiglio è solito offrire del nostro Paese agli illustri ospiti che periodicamente affollano l'anfiteatro (abusivo) di Villa Certosa. Nel dicembre del 2002 infatti, il Ministero della Giustizia ha bandito un concorso per 443 posti di Ufficiale Giudiziario, posti da ripartire in differente misura nei vari distretti di Corte d'Appello: per la regione Sardegna, i posti disponibili erano pari a 22. Concluse le selezioni nell'estate del 2004, il Consiglio dei Ministri ha bloccato la pubblicazione delle graduatorie, motivando tale decisione sulla base di una presunta, sopravvenuta mancanza di fondi. Successivamente, il Ministro Castelli ha autorizzato, a più riprese, l'assunzione di 248 nuovi ufficiali giudiziari. Queste assunzioni, invece di essere, come previsto dal bando di concorso, proporzionalmente ripartite in tutti i distretti di Corte d'Appello, sono state concentrate nei distretti di Milano, Torino, Brescia, Venezia e Genova, individuati come quelli in cui la carenza di organici aveva assunto i connotati di maggiore rilevanza. Le assunzioni dei candidati risultati vincitori in tutto il Meridione (Isole comprese), malgrado il superamento di un concorso impegnativo che è costato loro tempo e fatica e che può avere determinato i soggetti in questione a rinunciare ad altre occasioni di lavoro, sono invece tuttora bloccate, mancando le risorse necessarie per finanziare il loro accesso in ruolo. Tale argomentazione risulta però poco credibile se si considera che lo stesso Ministero della Giustizia ha medio tempore stipulato, sostenendo costi più elevati di quelli che deriverebbero dal perfezionamento delle assunzioni de quibus, una convenzione con le Poste Italiane mediante la quale si affida l'esecuzione delle notifiche (compito istituzionalmente spettante agli ufficiali giudiziari) agli addetti dello stesso servizio postale. In forza di tali considerazioni, la vicenda tende ad assumere connotati vagamente inquietanti: non appare infatti del tutto priva di fondamento la costruzione in forza della quale il Ministro avrebbe proceduto in applicazione di una logica di pura utilità elettorale, favorendo i unicamente i candidati operanti nelle aree geografiche in cui il suo partito incontra i maggiori favori e ritenendo quindi non degni di attenzione i drammatici problemi che pure contraddistinguono l'attività giudiziaria in tutto il resto del Paese. Se così fosse, si potrebbe individuare una prima forma di secessione nell'ambito del settore della giustizia: l'efficienza parateutonica deve rimanere infatti patrimonio esclusivo della tanto a lungo vagheggiata Padania, mentre nel Meridione è opportuno persistere nell'applicazione del modello della burocrazia borbonica. * referente provinciale per Cagliari dell'Osservatorio sulla legalita' Speciale Giustizia, con il libro bianco delle disfunzioni degli uffici giudiziari
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