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NOTIZIARIO del 05
ottobre 2004
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Terrorismo
e mafie : il potere economico del crimine E' ormai senso comune l'idea che l'attacco alle Due Torri sia stato anche (e forse soprattutto) una fase di un piu' complessivo attacco, da parte di un potere illegale, al sistema finanziario occidentale. Su questo aspetto pero' - a differenza che su quelli ideologici, militari, ecc. - il dibattito stenta a concretizzarsi, a sedimentare proposte operative. In Italia, e' quasi completamente assente. Eppure proprio l'Italia, sul terreno dello scontro finanziario con poteri illegali, puo' essere considerata un caso da manuale. Alla fine degli anni 70 una yakuza, Cosa Nostra, aveva accumulato somme ingentissime mediante il monopolio del commercio di droga; giunse a disporre di alcuni dei principali banchieri del Paese (Sindona, Calvi) e a infitrarsi in alcune banche centrali (l'Ambrosiano), operando contestualmente per il controllo del territorio in alcune province (in uno dei capoluoghi regionali, per un periodo di alcuni anni, i principali funzionari dello Stato venivano regolarmente assassinati appena entravano in funzione. Gli osservatori piu' tradizionali attribuivano tutto cio' ad alcune tribu' tagliate fuori dello sviluppo e legate a culture arcaiche. Alcuni analisti (Chinnici, Giuliano, Colombo, Falcone e altri ) sottolineavano invece le dimensioni raggiunte dal background politico-finanziario dell'organizzazione. La situazione raggiunse livelli di drammaticita' tali da sviluppare un ampio dibattito pubblico sull'argomento, e da indurre addirittura lo Stato a intervenire pesantemente e a tenere sotto pressione per alcuni anni il meccanismo illegale. Poi, sotto la spinta di influenze di varia natura, si decise invece che i costi generali di questo fronteggiamento erano troppo elevati, e si fece marcia indietro. Le strutture antimafia vennero smantellate, si rinuncio' a qualsiasi forma di controllo dei background finanziari e tanto il dibattito pubblico quanto l'azione investigativa vennero circoscritti ai soli aspetti piu' direttamente terroristici dell'organizzazione mafiosa. Nel giro di pochi anni, naturalmente, la situazione precipito'. Nel 2000, secondo la Confcommercio, il quindici per cento del prodotto lordo italiano avrebbe avuto in maggiore o minor misura relazione con attivita' finanziarie della criminalita' organizzata. Quest'ultima, sempre secondo Confcommercio, nello stesso anno avrebbe "fatturato" nei suoi vari settori un giro d'affari di circa trecentomila miliardi di lire. Un soggetto finanziario di tali dimensioni non puo', ovviamente, mancare di avere una qualche influenza sulla determinazione degli indirizzi generali di un paese. Si instaura un circolo vizioso che, fino a questo momento, non e' stato mai spezzato in alcun paese del mondo e che in alcuni casi (Colombia, Russia) ha finito per essere accettato dall'opinione pubblica come un fatto normale.
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