NOTIZIARIO del 12 luglio 2004

 
     

Ambrosoli e gli altri per cui il dovere era libertà
di Salvatore Sanna

25 anni fa l'avvocato Giorgio Ambrosoli veniva assassinato da un sicario. Eccone il ricordo nelle parole di suo figlio Umberto nell'articolo di Fabrizio Ravelli su Repubblica di ieri:

"Ciò che resta più forte della figura di mio padre è l'avere insegnato l'importanza di affermare la propria libertà. Con se stesso, quando ha scelto quella responsabilità e ne ha accettato i rischi. Con gli altri, quando ha respinto ricatti e blandizie, senza cercare protezioni. Poi c'è l'onestà, e tutto il resto. Ma prima di tutto viene la libertà."

La bellezza di questo messaggio è di per sè così alta che non sembra neppure sia potuta uscire dal contesto culturale di questo Paese. A quale dei nostri intellettuali silenziosi, a quale degli attuali rappresentanti politici possiamo mai avvicinare una affermazione di bellezza nella libertà, quando questa libertà è una scelta di dovere?

Quando il figlio Umberto Ambrosoli dice che prima di tutto fu una scelta di libertà e solo successivamente "l'onestà e tutto il resto", disegna il monumento a suo padre come eroe di pace, capace di scegliere il sacrificio della vita nel dovere.

Questo ci ricorda i Borsellino, i Falcone e tutti coloro ai quali dobbiamo quello che è rimasto della nostra povera integrità civile, istituzionale e morale. Sono dimensioni sconosciute ormai alla nostra cultura prevalente mediatica e non.

Talmente scononosciute da rappresentare dei veri e propri atti rivoluzionari, consentiti a coloro che arrivano ad assumere su di sè funzioni di mediazione tra il loro privato e l'investitura pubblica. Sono gli stessi ruoli di tutti quei professionisti cosiddetti liberi, che all'opposto non conoscono nulla dell'essenza della funzione di disciplina e di mediazione che sono chiamati a svolgere.

Nulla di paragonabile a quei professionisti che interpretano una bieca speculazione personale: medici trovati con le mani nel sacco, avvocati affondati come transatlantici negli abissi di funzioni di difesa di interessi indifendibili, commercialisti all'arrembaggio delle norme fiscali per favorirne lo smacco, amministratori pubblici arroccati su regole dettate per comporre e mediare le istanze private con l'interesse pubblico, che ne fanno invece oggetto di strumento di confusione e di ricatto vessatorio.

Noi cittadini comuni ci inchiniamo alla memoria di queste eccellenze che hanno saputo persino educare i loro figli e familiari ad amarli e rispettarli egualmente, anche quando molto probabilmente sono stati proprio i primi ad essere addirittura sacrificati nei loro desideri di affetto e di attenzione.

Noi vogliamo celebrarli almeno una volta all'anno, tutti insieme, magari pronunciandone semplicemente il nome come in una litania di ringraziamento, magari imponendo alla stampa di pubblicarne quella volta nell'anno, un elenco dei nomi. con un breve epitaffio, di questi nostri eroi quotidiani che ci hanno donato il loro sacrificio.

E' ora che anche i santi terreni che affondano le radici della loro santità nell'umiltà gigantesca, nella dedizione totale finalmente onesta al ruolo di interpreti della legalità e delle regole di civiltà e di convivenza, trovino una giornata di celebrazione nazionale.

I bambini, i giovani e gli adulti di questo paese imparino una volta per tutte che si può essere immortali: basta superarsi nel quotidiano. Questo sia il paradiso ambito degli uomini senza sacerdoti.

Perchè non proponiamo una legge di inziativa popolare per indire un giorno all'anno di memoria degli uomini fedeli alla loro professione fino al sacrificio?

by www.osservatoriosullalegalita.org

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