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NOTIZIARIO del 17
settembre 2004
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Lasciare
l' Iraq ? Le ragioni del sì Nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo ha affrontato l'emergenza relativa alla situazione di Simona Pari e Simona Torretta, le volontarie italiane che si trovano ormai da più di una settimana nelle mani dei miliziani iracheni. Il dibattito è stato caratterizzato dal vivace scambio di opinioni tra Massimo d'Alema, che nel suo intervento, ha auspicato una sospensione dei bombardamenti al fine di rendere più agevole il negoziato, e Antonio Tajani, il quale, appellandosi alla ritrovata unità delle forze politiche, ha ricordato che il Parlamento Europeo non deve essere "concepito come il terzo ramo del Parlamento italiano". Posto che la sopra citata situazione di emergenza è stata di fatto ulteriormente aggravata dalle inopinate ed intempestive dichiarazioni del Presidente Bush (il quale, in occasione della commemorazione delle vittime dell'11 settembre, ha elevato l'Italia al rango di primo alleato degli USA nella c.d. guerra al terrore), occorre a questo punto domandarsi se e quanto sia stata opportuna l'apertura realizzata dalle opposizioni nei confronti dell'azione governativa diretta alla liberazione dei suddetti ostaggi, il cui interesse sarebbe stato forse meglio tutelato attraverso una forte e decisa richiesta di ritiro del contingente italiano dall'Iraq. Per rispondere in maniera completa a tale interrogativo, è necessario premettere che ogni individuo appartenente ad una società civile degna di questo nome non può non provare orrore di fronte all'imperversare dei terroristi, di quei fanatici che, in nome di un credo religioso professato attraverso manifestazioni di follia sempre più violente, non esitano a macchiarsi del sangue di uomini inermi, donne e bambini. La necessità di spezzare l'interminabile catena di orrori compiuti da tali soggetti non può infatti essere messa in discussione, così come non può essere messa in discussione l'affermazione secondo cui la guerra tradizionale risulta essere il mezzo meno idoneo a perseguire un simile obiettivo. Esplicandosi tale fenomeno in una contrapposizione di eserciti di eserciti tesa a risolvere una controversia tra stati, la tanto declamata guerra al terrore condotta dagli Stati Uniti prima in Afghanistan e poi in Iraq si è tradotta in una sorta di caccia ad un nemico senza volto, che ha finito col produrre unicamente la radicale distruzione di Paesi già dilaniati da anni di dittatura e la morte di un numero indefinito di civili innocenti. Costruite su una sequenza di bugie recentemente disvelate dall'opinione pubblica in tutto il loro macroscopico rilievo, le campagne militari condotte dall'amministrazione Bush sono in effetti finalizzate non tanto ad indebolire la rete di organizzazioni criminali facenti capo ad Al Quaeda, quanto soprattutto ad assicurare l'instaurazione di nuovi imperi commerciali nei paesi oggetto di siffatte azioni. Il Governo italiano ha avallato in toto , con una fedeltà prossima a sconfinare nel servilismo, il disegno statunitense, assecondando la smania del Presidente Berlusconi di conquistarsi dinanzi al mondo intero (anche a mezzo di variopinte bandane) uno spicchio di visibilità accanto al potente alleato yankee. Ma il tributo di vite umane pagato dall'Italia nell'esecuzione di questa assurda strategia di politica internazionale ha finito con l'assumere proporzioni drammatiche, posto che la strage di Nassirya, le morti di Fabrizio Quattrocchi ed Enzo Baldoni sono le conseguenze più immediate prodotte dal coinvolgimento italiano nel conflitto iracheno. Ora, di fronte ad altre due connazionali in pericolo di vita, il dovere istituzionale dell'opposizione è quello di inchiodare il governo alle proprie responsabilità, sostenendo con rinnovata coerenza e vigore la soluzione del ritiro immediato delle truppe italiane dal suddetto conflitto. Tale misura infatti (già coraggiosamente adottata dal governo spagnolo) non solo garantisce le maggiori probabilità di ottenere il rilascio delle due volontarie rapite, ma appare anche lo strumento utile per interrompere la vorticosa spirale di morte che attanaglia il nostro Paese a seguito della partecipazione ad una guerra che, alla luce delle ragioni sopra esposte, risulta priva tanto di una legittimazione formale quanto (e soprattutto) di un valido fondamento giustificativo. Leggi le ragioni del no by www.osservatoriosullalegalita.org ___________ I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE
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Iraq: ostaggi mercenari guerra pace fatti e misfatti I Paesi arabi donano armi all'Iraq
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