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22 settembre 2013
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Violenza domestica : le radici culturali 3
di Demetrio Delfino*

Vi sono due ulteriori gruppi di fattori che potremo ricondurre alle cause delle violenze domestiche, i quali, malgrado si intersechino con i precedenti di cui ho fatto già menzione, è opportuno trattare separatamente. Ed infatti le violenza domestiche possono altresì attribuirsi a fattori giuridici nonché, a fattori lato sensu, politico-religiosi.

Forse i più giovani non ne sono perfettamente a conoscenza ma la legge, anche quella Italiana, è stata, per non poco tempo, motivo di diseguaglianza sociale tra uomo e donna, diseguaglianza che si è espressa, a chiare lettere, anche nel nostro codice civile. Prima di fare un breve escursus sulle leggi che stanno attenuando, via via, la disparità tra uomo e donna, sarà opportuno riportare il fenomeno in questione, facendone solo qualche cenno, all'interno dell'istituto del divorzio il quale, oltre a rappresentare " la cartina tornasole" di una diseguaglianza tra sessi appare, sotto questo profilo, poco conosciuta al cittadino comune.

E' noto che la nuova disciplina sul divorzio, è stata introdotta, con la legge del 1970, con grave ritardo anche a seguito dell'influenza della Chiesa nonché, anche a seguito di una visione patriarcale della società. Uno specchio fedele di tali concezioni è facilmente riscontrabile anche dalle norme previste dal codice civile del 1942 il quale, all'articolo 18 delle disposizioni sulla legge in generale così recitava: "I rapporti personali tra coniugi di diversa cittadinanza sono regolati dall'ultima legge nazionale che sia stata loro comune o, in mancanza di essa, dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio". Appare davvero palese la prevalenza che anche la nostra legislazione attribuiva all'uomo all'interno della famiglia ed è altresì evidente che tale prevalenza ha certamente contribuito a far sedimentare una concezione gerarchica tra i sessi.

Fortunatamente, l'intervento degli organi internazionali e della più evoluta giurisprudenza hanno contribuito a modificare, positivamente, tali evidenti diseguaglianze. La convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ha ribadito, a chiare lettere, l'uguaglianza quale diritto fondamentale dell'uomo; peraltro, molto deve essere fatto dagli Stati che, purtroppo, si sono dimostrati ancora davvero lontani dal rendere concreto un principio che potrebbe, effettivamente, risolvere positivamente non pochi mali del nostro pianeta.

In ogni caso, come prima accennavo, anche la nostra giurisprudenza ha cercato di supportare tale principio contribuendo, quindi, all'abrogazione di quelle norme che svilivano la posizione della donna, sia essa italiana sia essa straniera. L'articolo 18 delle disposizioni della legge in generale è stato in seguito abrogato. Ed infatti, nel ricordare l'attività della Suprema Corte che qui interessa, non posso non menzionare le sentenza della Corte di Cassazione penale "Polo Castro" del 10 Luglio 1989 e quella del 10 Luglio 1993 meglio conosciuta come sentenza "Medrano", le quali hanno consentito una possibilità di utilizzazione diretta delle norme della Convenzione e, per quanto riguarda le leggi che hanno contribuito ad una sorta di "globalizzazione" del principio di uguaglianza tra uomo e donna, non posso esimermi dal ricordare la legge 74 del 1987 che ha migliorato particolarmente la posizione dello straniero inserendo l'articolo 12 quinquies nella legge sul divorzio nonché la riforma del diritto internazionale del 1995 e la riforma dell'istituto del divorzio e della separazione personale sempre di pari anno.

Per riprendere il breve escursus sulle leggi emanate nel nostro Stato interessanti l'argomento e per limitarmi solo a qualche esempio, ritengo che il punto di partenza sia quella del 01 Febbraio 1945 -Decreto Legislativo n 23- che estese alla donne il diritto di voto, estensione che si rese possibile solo grazie alla promulgazione della nostra Carta Costituzione ed in particolare modo con gli articoli 3 e 37 in forza dei quali si diede l'avvio ad una lenta evoluzione che sta concretizzando una auspicata uguaglianza giuridica tra uomo e donna. Peraltro, come spesso accade nel nostro Paese, non poche norme contenute nella Costituzione o sono rimaste sulla Carta oppure hanno avuto solo una parziale applicazione.

E' d'evidenza che tale oggettiva constatazione produce delle gravi lacune di carattere tecnico giuridico poiché consente a norme di rango inferiore, quali ad esempio quelle del Parlamento di "stridere", più o meno apertamente, con le norme Costituzionali. E' davvero lampante, a riguardo, l'aperta polemica sull'ammissibilità dell'ergastolo nel nostro Paese: come potrebbe coniugarsi con il chiaro principio costituzionale in forza del quale le pene debbono tendere alla rieducazione del condannato?

Ma torniamo alle norme che riguardano la materia per cui scrivo. Le leggi che di seguito indicherò, evidentemente, non rappresentano solo un effettivo riconoscimento di una parità giuridica formalmente raggiunta tra uomo e donna ma, altresì, l'esigenza, comunque ancora ben presente, di estendere la tutela della donna in ogni suo operare. Sono di sicuro interesse le seguenti leggi:

  • Legge 09 Gennaio 1963 n 7 inerente al divieto di licenziamento delle lavoratrice per causa di matrimonio;
  • Legge 09 Febbraio 1963, n°66 inerente all'ammissione della donna ai pubblici uffici e alle professioni;
  • Legge 30 Dicembre 1971 n 1204 inerente alla tutela delle lavoratrici madri;
  • Legge 29 Dicembre 1987 n° 546 inerente alle indennità di maternità per le lavoratrici autonome;
  • Legge 28 Dicembre 199 n°493 inerenti alle norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione obbligatorie per gli infortuni domestici;
  • Finanziaria 2003, articolo 91 inerente agli asili nido nei luoghi di lavoro;
  • Decreto Legislativo 11 Aprile 2006 n 198 inerente al codice delle pari opportunità tra uomo e donna a norma dell'articolo 6 delle legge 28 Novembre 2005 n° 246.

Vi è un ultimo gruppo di fattori che è stato, a ragione, indicato quale causa di violenze sulle donne: parliamo di fattori che risentono di ideologie politico- religiose diffuse in non pochi stati del nostro pianeta. A tal riguardo, anche una disamina generale sul tema sarebbe, a mio avviso, riduttiva, e lo sarebbe poiché non riuscirebbe a motivare adeguatamente una serie di comportamenti che trovano la loro fonte anche in alcune dottrine che andrebbero prima conosciute e quindi esaminate nel dettaglio.

Tali argomenti non verranno affrontati in questa sede. Basterà solo ricordare che è in atto una rivisitazione di non poche concezioni di questo tipo che si ritiene possano avere contribuito, anche a motivo di una loro difettosa applicazione, ad una grave diseguaglianza sociale tra uomo e donna.

* Avvocato, Componente della Commissione "Vittime di violenza" e del Comitato Tecnico giuridico dell'Osservatorio.


per approfondire...

Violenza domestica: le radici culturali 1

Violenza domestica: le radici culturali 2

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