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Violenza
domestica : le radici culturali 3
di
Demetrio Delfino*
Vi
sono due ulteriori gruppi di fattori che potremo ricondurre
alle cause delle violenze domestiche, i quali, malgrado si
intersechino con i precedenti di cui ho fatto già menzione,
è opportuno trattare separatamente. Ed infatti le violenza
domestiche possono altresì attribuirsi a fattori giuridici
nonché, a fattori lato sensu, politico-religiosi.
Forse
i più giovani non ne sono perfettamente a conoscenza ma la
legge, anche quella Italiana, è stata, per non poco tempo,
motivo di diseguaglianza sociale tra uomo e donna, diseguaglianza
che si è espressa, a chiare lettere, anche nel nostro codice
civile. Prima di fare un breve escursus sulle leggi che stanno
attenuando, via via, la disparità tra uomo e donna, sarà opportuno
riportare il fenomeno in questione, facendone solo qualche
cenno, all'interno dell'istituto del divorzio il quale, oltre
a rappresentare " la cartina tornasole" di una diseguaglianza
tra sessi appare, sotto questo profilo, poco conosciuta al
cittadino comune.
E'
noto che la nuova disciplina sul divorzio, è stata introdotta,
con la legge del 1970, con grave ritardo anche a seguito dell'influenza
della Chiesa nonché, anche a seguito di una visione patriarcale
della società. Uno specchio fedele di tali concezioni è facilmente
riscontrabile anche dalle norme previste dal codice civile
del 1942 il quale, all'articolo 18 delle disposizioni sulla
legge in generale così recitava: "I rapporti personali
tra coniugi di diversa cittadinanza sono regolati dall'ultima
legge nazionale che sia stata loro comune o, in mancanza di
essa, dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione
del matrimonio". Appare davvero palese la prevalenza che
anche la nostra legislazione attribuiva all'uomo all'interno
della famiglia ed è altresì evidente che tale prevalenza ha
certamente contribuito a far sedimentare una concezione gerarchica
tra i sessi.
Fortunatamente,
l'intervento degli organi internazionali e della più evoluta
giurisprudenza hanno contribuito a modificare, positivamente,
tali evidenti diseguaglianze. La convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
ha ribadito, a chiare lettere, l'uguaglianza quale diritto
fondamentale dell'uomo; peraltro, molto deve essere fatto
dagli Stati che, purtroppo, si sono dimostrati ancora davvero
lontani dal rendere concreto un principio che potrebbe, effettivamente,
risolvere positivamente non pochi mali del nostro pianeta.
In ogni caso, come prima accennavo, anche la nostra giurisprudenza
ha cercato di supportare tale principio contribuendo, quindi,
all'abrogazione di quelle norme che svilivano la posizione
della donna, sia essa italiana sia essa straniera. L'articolo
18 delle disposizioni della legge in generale è stato in seguito
abrogato. Ed infatti, nel ricordare l'attività della Suprema
Corte che qui interessa, non posso non menzionare le sentenza
della Corte di Cassazione penale "Polo Castro" del
10 Luglio 1989 e quella del 10 Luglio 1993 meglio conosciuta
come sentenza "Medrano", le quali hanno consentito
una possibilità di utilizzazione diretta delle norme della
Convenzione e, per quanto riguarda le leggi che hanno contribuito
ad una sorta di "globalizzazione" del principio di uguaglianza
tra uomo e donna, non posso esimermi dal ricordare la legge
74 del 1987 che ha migliorato particolarmente la posizione
dello straniero inserendo l'articolo 12 quinquies nella legge
sul divorzio nonché la riforma del diritto internazionale
del 1995 e la riforma dell'istituto del divorzio e della separazione
personale sempre di pari anno.
Per riprendere il breve escursus sulle leggi emanate nel nostro
Stato interessanti l'argomento e per limitarmi solo a qualche
esempio, ritengo che il punto di partenza sia quella del 01
Febbraio 1945 -Decreto Legislativo n 23- che estese alla donne
il diritto di voto, estensione che si rese possibile solo
grazie alla promulgazione della nostra Carta Costituzione
ed in particolare modo con gli articoli 3 e 37 in forza dei
quali si diede l'avvio ad una lenta evoluzione che sta concretizzando
una auspicata uguaglianza giuridica tra uomo e donna. Peraltro,
come spesso accade nel nostro Paese, non poche norme contenute
nella Costituzione o sono rimaste sulla Carta oppure hanno
avuto solo una parziale applicazione.
E'
d'evidenza che tale oggettiva constatazione produce delle
gravi lacune di carattere tecnico giuridico poiché consente
a norme di rango inferiore, quali ad esempio quelle del Parlamento
di "stridere", più o meno apertamente, con le norme Costituzionali.
E' davvero lampante, a riguardo, l'aperta polemica sull'ammissibilità
dell'ergastolo nel nostro Paese: come potrebbe coniugarsi
con il chiaro principio costituzionale in forza del quale
le pene debbono tendere alla rieducazione del condannato?
Ma
torniamo alle norme che riguardano la materia per cui scrivo.
Le leggi che di seguito indicherò, evidentemente, non rappresentano
solo un effettivo riconoscimento di una parità giuridica formalmente
raggiunta tra uomo e donna ma, altresì, l'esigenza, comunque
ancora ben presente, di estendere la tutela della donna in
ogni suo operare. Sono di sicuro interesse le seguenti leggi:
- Legge
09 Gennaio 1963 n 7 inerente al divieto di licenziamento
delle lavoratrice per causa di matrimonio;
- Legge
09 Febbraio 1963, n°66 inerente all'ammissione della donna
ai pubblici uffici e alle professioni;
- Legge
30 Dicembre 1971 n 1204 inerente alla tutela delle lavoratrici
madri;
- Legge
29 Dicembre 1987 n° 546 inerente alle indennità di maternità
per le lavoratrici autonome;
- Legge
28 Dicembre 199 n°493 inerenti alle norme per la tutela
della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione
obbligatorie per gli infortuni domestici;
- Finanziaria
2003, articolo 91 inerente agli asili nido nei luoghi di
lavoro;
-
Decreto Legislativo 11 Aprile 2006 n 198 inerente al codice
delle pari opportunità tra uomo e donna a norma dell'articolo
6 delle legge 28 Novembre 2005 n° 246.
Vi
è un ultimo gruppo di fattori che è stato, a ragione, indicato
quale causa di violenze sulle donne: parliamo di fattori che
risentono di ideologie politico- religiose diffuse in non
pochi stati del nostro pianeta. A tal riguardo, anche una
disamina generale sul tema sarebbe, a mio avviso, riduttiva,
e lo sarebbe poiché non riuscirebbe a motivare adeguatamente
una serie di comportamenti che trovano la loro fonte anche
in alcune dottrine che andrebbero prima conosciute e quindi
esaminate nel dettaglio.
Tali
argomenti non verranno affrontati in questa sede. Basterà
solo ricordare che è in atto una rivisitazione di non poche
concezioni di questo tipo che si ritiene possano avere contribuito,
anche a motivo di una loro difettosa applicazione, ad una
grave diseguaglianza sociale tra uomo e donna.
*
Avvocato,
Componente della Commissione "Vittime di violenza"
e del Comitato Tecnico giuridico dell'Osservatorio.
Violenza
domestica: le radici culturali 1
Violenza
domestica: le radici culturali 2
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