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10 settembre 2013
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Violenza domestica : le radici culturali 2
di Demetrio Delfino*

Vi è un gruppo di cause, che potremo ricondurre al “genus” economico, rappresentante, anche nel nostro Paese, primario motivo di violenza all’interno delle mura domestiche. Anche a tale riguardo, come ho esposto in precedenza, è importante fare una premessa.

Il “genus” economico, quale causa di eventi violenti, può essere esaminato sotto due punti di vista: sia quando positivo che quando negativo, e mi spiego. Da un esame condotto su fatti di reato quali maltrattamenti in famiglia, stalking etc. nei confronti di donne (anche in Italia) emerge, con palmare chiarezza, lo stato di debolezza economica della vittima. Tale debolezza incide pesantemente nell’ambito del rapporto eterosessuale tanto da indurre non poche volte la persona offesa dal reato a non denunciare l’evento e questo poiché la parte debole del rapporto non ha alcun sostentamento patrimoniale autonomo né, tanto meno, rapporti familiari e di amicizia solidi che possano aiutarla economicamente e psicologicamente nell’affrontare una relazione vessatoria che certamente “germoglia” molto più facilmente in uno stato di debolezza economica.

Affrontando in senso positivo il fattore in discussione, si può rilevare come in molti Paesi l’emancipazione della donna sia stato interpretato addirittura quale una vera e propria minaccia per l’uomo, tanto da cagionare un aumento degli episodi di violenza: paradossalmente, l’emancipazione della donna è stata una delle cause che ha aumentato le violenze nei confronti della stessa (ECLAC Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi; 1992, “Domestic Violence against Women in Latin America and the Caribbean: Proposals for Discussion” Social Development Division, Santiago, Cile).

Focalizzando il problema in questione e andando a trattare il “genus” in discussione, fermo restando l’aspetto più propriamente sociale e assistenziale che importa, evidentemente, una trasformazione del “pensiero comune” ed una pregnante necessità di sostenere ed incentivare tutti quegli enti e associazioni preposti a tale scopo, appare davvero rilevante incidere, con grande decisione, sulle leggi che, tutt’ora, possono essere definite discriminatorie: mi riferisco a leggi inerenti l’istruzione, l’accesso al credito, la proprietà etc.; si innesta quindi, in questo ulteriore gruppo di fattori, l’aspetto più propriamente normativo e cioè, la presenza di leggi che provocano diseguaglianze economiche tra i sessi.

Debbo peraltro dire che sia le Nazioni Unite che il Parlamento Europeo stanno promuovendo ogni sforzo per imprimere una sorta di “dictat” a tutti gli Stati per poter migliorare le leggi dei Paesi del Pianeta al fine di sradicare tali discriminazioni. In data 04 Marzo 2013, le Nazioni Unite hanno confermato l’obbligo degli Stati di eliminare ogni disposizione normativa capace di creare diseguaglianze tra uomini e donne, il relatore sul diritto all’alimentazione Oliver De Schutter ha chiaramente ribadito il dovere degli Stati di garantire la parità di genere nonché la necessità che le donne raggiungano posizioni di vertice.

Lo stesso De Schutter ha inoltre reso nota la necessità di un miglioramento della cura fisica e mentale dei bambini poiché questo aumenta la capacità di imparare, inoltre ha evidenziato la necessità di riequilibrare il potere decisionale nella famiglia in favore delle donne e di aumentare la produttività dei lavoratori nel settore alimentare. Non solo, il Relatore ha evidenziato la necessità (rectius –obbligo-) degli Stati di investire per ridurre il carico del lavoro domestico delle donne, per ridistribuire i ruoli di genere come approccio di trasformazione per l’occupazione e la protezione sociale.

Direi che Oliver De Schutter ha ben rappresentato le necessità di un cambiamento radicale per non pochi Stati del nostro Pianeta nei quali leggi discriminatorie e obsolete continuano a permanere. E’ evidente che tutto questo rappresenta una chiara tendenza che si rispecchia anche nei Paesi più evoluti una tendenza che, malgrado scomparsa sulla carta, permane in modo strisciante e subdolo nei “fatti”.

Anche la nostra Europa non è rimasta indietro e con “la strategia per la parità tra donne e Uomini 2010 – 2015”, ha dato un forte segnale per la soluzione del problema. Ed infatti, con la “Comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 21 Settembre 2010, Strategia per la parità tra donne e uomini 2010 – 2015 (COM -2010- 491 def. – non pubblicata in Gazzetta Ufficiale) vengono riprese le priorità definite dalla Carte delle Donne costituendo, inoltre, una base fra la Commissione, le altre istituzioni europee, gli Stati membri e le altre parti interessate, nel quadro del patto europeo per la parità in genere.

Non potendo, evidentemente, dilungarmi oltremodo su questo davvero rilevante Atto e lasciando agli interessati l’opportunità di leggere per intero il documento, non posso tralasciare i punti che la Commissione intende sostenere e diffondere e che riguardano il problema in questione:

a) l’Indipendenza economica delle donne;

b) la pari retribuzione (è stato evidenziato, comunque, il persistere della differenza retributiva tra uomo e donna);

c) la parità nel processo decisionale (le donne sono sottorappresentate nei processi decisionali, sia nei parlamenti e governi nazionali sia nei consigli di direzione di grandi imprese malgrado rappresentino la metà della forza lavoro e più della metà dei nuovi diplomati universitari dell’UE;

d) parità tra donne e uomini nelle azioni esterne (ad esempio, condurre un dialogo regolare e scambi di esperienze con i paesi partner della politica europea di vicinato);

e) questioni trasversali (ad esempio, nell’impegno alla piena applicazione della legislazione europea, in particolare mi riferisco alla direttiva 2004/113/CE sulla parità di trattamento nell’accesso ai beni e servizi nonché, alla direttiva 2006/54/CE sulle pari opportunità oppure (sempre tra le questioni trasversali), in ordine alla governance e agli strumenti per la parità di trattamento tra uomini e donne, in particolare attraverso l’elaborazione di una relazione annuale sulla parità di genere per contribuire al dialogo annuale di alto livello tra il Parlamento europeo, la Commissione, gli Stati membri e le principali organizzazioni interessate.

La tendenza appare davvero chiara: è necessario operare in modo particolarmente incisivo affinché la donna acquisisca una propria autonomia economica ma soprattutto, a fronte di questa necessità, ve ne è un’altra di pari importanza e cioè quella di supportare il venire meno di leggi discriminatorie, da un vero e proprio cambio di cultura cosa questa, davvero molto più difficile.

* Avvocato, Componente della Commissione "Vittime di violenza" e del Comitato Tecnico giuridico dell'Osservatorio.


per approfondire...

Violenza domestica: le radici culturali 1

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