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Email
ed sms : quali differenze per la configurabilita' dei reati
?
risponde
avv. Giuseppe Siniscalchi*
La Corte di Cassazione, sezione feriale penale, con la recente
sentenza n. 44855 del 2012 (1) depositata il 16 novembre 2012
ha affermato che l'invio ripetuto di email non configura il
reato di molestie. Nel caso di specie con la sentenza d'appello,
impugnata con il ricorso per Cassazione, era stata confermata
la condanna dell'imputato anche per il reato di molestie posto
in essere attraverso l'invio di messaggi di posta elettronica.
La
difesa dell'imputato, già nel giudizio d'appello, aveva sostenuto
che secondo un orientamento giurisprudenziale non poteva configurarsi
il reato di molestie con riguardo alla condotta costituita
dall'invio di email. La Suprema Corte, con la sopra citata
sentenza, si è pronunciata sostenendo che si deve "escludere
che il reato di molestie possa essere configurato (a differenza
di quanto si verifica nel caso dei c.d. 'sms' inviati su utenze
telefoniche mobili), qualora si tratti di messaggi di posta
elettronica, privi, in quanto tali, del carattere della invasività"
e che "l'impugnata sentenza dev'essere annullata senza rinvio
(…) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato".
Al
riguardo ricordo la pronunzia della Corte di cassazione penale
n. 36779 del 2011 (2) nella quale si legge che "il carattere
invasivo, senza possibilità di sottrarsi al suono molesto,
dell'avvertimento dell'arrivo della posta elettronica non
può dirsi realizzato perché gli imputati comunicavano con
le persone offese tramite computer ed in tanto la posta elettronica
con questo mezzo inviata poteva essere letta in quanto i destinatari
di essa, per nulla avvertiti dell'arrivo, avessero deciso
di "aprire" la posta elettronica pervenuta. Situazione del
tutto simile alla recezione della posta per lettera, che viene
riposta nella cassetta, per l'appunto, delle lettere ed alla
quale il destinatario accede per sua volontà, senza peraltro
essere stato condizionato da segni o rumori premonitori".
Ricordo
altresì che la stessa Corte, con la sentenza n. 24510 del
2010 (3), sempre con riferimento al reato di molestie ex art.
660 cp, ha escluso la sussistenza del reato nell'ipotesi di
utilizzo della posta elettronica considerata un "mezzo di
comunicazione asincrono" che non comporterebbe "un'interazione
immediata, o quasi, tra il mittente ed il destinatario" non
permettendo pertanto un'intrusione diretta nella sfera del
destinatario a differenza del telefono o degli sms. Per quanto
riguarda il profilo della sussistenza o meno del reato di
molestie, a mio avviso, tali pronunzie destano perplessità
non potendosi condividere l'assunto dell'asserita mancanza
d'invasività delle email (che, fra l'altro, possono anche
essere ricevute tramite telefono cellulare ed emettere altresì
suono di avviso di ricezione).
Occorrerebbe pertanto a mio giudizio verificare caso per caso
l'eventuale carattere invasivo o meno pure delle email e non
solo degli sms. Basti pensare, ad esempio, ai seguenti casi:
a)
email ricevute in numero così elevato da intasare frequentemente
la casella di posta elettronica della vittima che fosse costretta
a rivolgersi ad un tecnico informatico per le operazioni di
svuotamento, sopportandone i relativi costi;
b)
disagi determinati dall'invasione di messaggi mail che talvolta
richiedono un paziente lavoro di cancellazione non consentendo
di individuare immediatamente comunicazioni importanti di
lavoro o altro.
Infine,
si pensi alla perdita del tempo necessario per leggere quantomeno
l'oggetto delle email e per decidere, anche senza aprirle,
ad esempio, di cestinarle, leggerle e/o archiviarle facendo
attenzione a non cancellare le email che interessano.
Si
tratta di profili che non parrebbero essere stati allo stato
adeguatamente considerati dalla Suprema Corte potendo, a mio
giudizio, aver rilevanza il fastidio, anche in termini di
costi (4) e tempo per scaricare ed eliminare la posta indesiderata
nonché di difficoltà nella leggibilità della posta desiderata
e legittima spesso sepolta fra cumuli di messaggi invadenti.
Anche un eventuale filtro anti "intrusi" potrebbe non funzionare
sia perché potrebbe generare "falsi positivi" ovvero messaggi
desiderati trasmessi direttamente ed automaticamente nel cestino
per errore sia perché potrebbe essere facilmente bypassabile
da un eventuale malintenzionato modificando di volta in volta
il mittente.
Un'apertura
nel senso del possibile riconoscimento d'invasività delle
email parrebbe esservi proprio nella citata pronuncia del
2011 (5) nella quale si legge altresì che "l'attuale tecnologia
è in grado di veicolare, in entrata ed in uscita, tramite
apparecchi telefonici, sia fissi che mobili, anche di non
ultimissima generazione, sia sms (short messages system) sia
e-mail. Il carattere sincronico o a-sincronico del contenuto
della comunicazione, elemento distintivo secondo una tesi
più restrittiva dal quale si dovrebbe ricavare il criterio
per espungere dalla previsione dell'art. 660 c.p. per l'appunto,
la comunicazione asincrona, non è affatto dirimente. Invero
entrambe le comunicazioni sono sempre segnalate da un avvertimento
acustico che ne indica l'arrivo, e che può, specie nel caso
di spamming, costituito dall'affollamento indesiderato del
servizio di posta elettronica con petulanti e-mail, recare
quella molestia e quel disturbo alla persona che di questa
lede con pari intensità la libertà di comunicazione costituzionalmente
garantita. In tal caso è palese l'invasività dell'avvertimento
al quale il destinatario non può sottrarsi se non dismettendo
l'uso del telefono, con conseguente lesione, per la forzata
privazione, della propria tranquillità e privacy, da un lato,
con la compromissione della propria libertà di comunicazione
dall'altro".
continua
>
1)
Cass. pen. 6.9.2012, n. 44855, in Praticanti Diritto, 2012.
2) Cass. pen. 27.9.2011, n. 36779, in CED Cassazione, 2011.
3) Cass. pen. 17.6.2010, n. 24510, in CED Cassazione, 2010.
4) Secondo uno studio condotto da Ferris Research (per conto
di Sophos), aziende, pubbliche amministrazioni e cittadini
di tutto il mondo avrebbero potuto spendere nel 2005 circa
40,68 miliardi di euro a causa delle mail spazzatura. I costi
sono ripartiti in tre categorie: il tempo perso a filtrare
(e cancellare a mano) lo spam, l'implementazione e la gestione
di sistemi che contrastino il fenomeno e i costi che comporta
rivolgersi a un help desk per controllare se una mail "buona"
è stata considerata spam, e quindi eliminata dal software,
o per risolvere comunque questioni legate ad autentiche mail
spazzatura.
5) Cass. pen. 27.9.2011, n. 36779, in CED Cassazione, 2011,
cit.
*
componente del Comitato tecnico giuridico dell'Osservatorio
Internet
fra libertà e diritti
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