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22 dicembre 2012
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Email ed sms : quali differenze per la configurabilita' dei reati ?
risponde avv. Giuseppe Siniscalchi*

La Corte di Cassazione, sezione feriale penale, con la recente sentenza n. 44855 del 2012 (1) depositata il 16 novembre 2012 ha affermato che l'invio ripetuto di email non configura il reato di molestie. Nel caso di specie con la sentenza d'appello, impugnata con il ricorso per Cassazione, era stata confermata la condanna dell'imputato anche per il reato di molestie posto in essere attraverso l'invio di messaggi di posta elettronica.

La difesa dell'imputato, già nel giudizio d'appello, aveva sostenuto che secondo un orientamento giurisprudenziale non poteva configurarsi il reato di molestie con riguardo alla condotta costituita dall'invio di email. La Suprema Corte, con la sopra citata sentenza, si è pronunciata sostenendo che si deve "escludere che il reato di molestie possa essere configurato (a differenza di quanto si verifica nel caso dei c.d. 'sms' inviati su utenze telefoniche mobili), qualora si tratti di messaggi di posta elettronica, privi, in quanto tali, del carattere della invasività" e che "l'impugnata sentenza dev'essere annullata senza rinvio (…) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato".

Al riguardo ricordo la pronunzia della Corte di cassazione penale n. 36779 del 2011 (2) nella quale si legge che "il carattere invasivo, senza possibilità di sottrarsi al suono molesto, dell'avvertimento dell'arrivo della posta elettronica non può dirsi realizzato perché gli imputati comunicavano con le persone offese tramite computer ed in tanto la posta elettronica con questo mezzo inviata poteva essere letta in quanto i destinatari di essa, per nulla avvertiti dell'arrivo, avessero deciso di "aprire" la posta elettronica pervenuta. Situazione del tutto simile alla recezione della posta per lettera, che viene riposta nella cassetta, per l'appunto, delle lettere ed alla quale il destinatario accede per sua volontà, senza peraltro essere stato condizionato da segni o rumori premonitori".

Ricordo altresì che la stessa Corte, con la sentenza n. 24510 del 2010 (3), sempre con riferimento al reato di molestie ex art. 660 cp, ha escluso la sussistenza del reato nell'ipotesi di utilizzo della posta elettronica considerata un "mezzo di comunicazione asincrono" che non comporterebbe "un'interazione immediata, o quasi, tra il mittente ed il destinatario" non permettendo pertanto un'intrusione diretta nella sfera del destinatario a differenza del telefono o degli sms. Per quanto riguarda il profilo della sussistenza o meno del reato di molestie, a mio avviso, tali pronunzie destano perplessità non potendosi condividere l'assunto dell'asserita mancanza d'invasività delle email (che, fra l'altro, possono anche essere ricevute tramite telefono cellulare ed emettere altresì suono di avviso di ricezione).

Occorrerebbe pertanto a mio giudizio verificare caso per caso l'eventuale carattere invasivo o meno pure delle email e non solo degli sms. Basti pensare, ad esempio, ai seguenti casi:

a) email ricevute in numero così elevato da intasare frequentemente la casella di posta elettronica della vittima che fosse costretta a rivolgersi ad un tecnico informatico per le operazioni di svuotamento, sopportandone i relativi costi;

b) disagi determinati dall'invasione di messaggi mail che talvolta richiedono un paziente lavoro di cancellazione non consentendo di individuare immediatamente comunicazioni importanti di lavoro o altro.

Infine, si pensi alla perdita del tempo necessario per leggere quantomeno l'oggetto delle email e per decidere, anche senza aprirle, ad esempio, di cestinarle, leggerle e/o archiviarle facendo attenzione a non cancellare le email che interessano.

Si tratta di profili che non parrebbero essere stati allo stato adeguatamente considerati dalla Suprema Corte potendo, a mio giudizio, aver rilevanza il fastidio, anche in termini di costi (4) e tempo per scaricare ed eliminare la posta indesiderata nonché di difficoltà nella leggibilità della posta desiderata e legittima spesso sepolta fra cumuli di messaggi invadenti. Anche un eventuale filtro anti "intrusi" potrebbe non funzionare sia perché potrebbe generare "falsi positivi" ovvero messaggi desiderati trasmessi direttamente ed automaticamente nel cestino per errore sia perché potrebbe essere facilmente bypassabile da un eventuale malintenzionato modificando di volta in volta il mittente.

Un'apertura nel senso del possibile riconoscimento d'invasività delle email parrebbe esservi proprio nella citata pronuncia del 2011 (5) nella quale si legge altresì che "l'attuale tecnologia è in grado di veicolare, in entrata ed in uscita, tramite apparecchi telefonici, sia fissi che mobili, anche di non ultimissima generazione, sia sms (short messages system) sia e-mail. Il carattere sincronico o a-sincronico del contenuto della comunicazione, elemento distintivo secondo una tesi più restrittiva dal quale si dovrebbe ricavare il criterio per espungere dalla previsione dell'art. 660 c.p. per l'appunto, la comunicazione asincrona, non è affatto dirimente. Invero entrambe le comunicazioni sono sempre segnalate da un avvertimento acustico che ne indica l'arrivo, e che può, specie nel caso di spamming, costituito dall'affollamento indesiderato del servizio di posta elettronica con petulanti e-mail, recare quella molestia e quel disturbo alla persona che di questa lede con pari intensità la libertà di comunicazione costituzionalmente garantita. In tal caso è palese l'invasività dell'avvertimento al quale il destinatario non può sottrarsi se non dismettendo l'uso del telefono, con conseguente lesione, per la forzata privazione, della propria tranquillità e privacy, da un lato, con la compromissione della propria libertà di comunicazione dall'altro".

continua >

1) Cass. pen. 6.9.2012, n. 44855, in Praticanti Diritto, 2012.
2) Cass. pen. 27.9.2011, n. 36779, in CED Cassazione, 2011.
3) Cass. pen. 17.6.2010, n. 24510, in CED Cassazione, 2010.
4) Secondo uno studio condotto da Ferris Research (per conto di Sophos), aziende, pubbliche amministrazioni e cittadini di tutto il mondo avrebbero potuto spendere nel 2005 circa 40,68 miliardi di euro a causa delle mail spazzatura. I costi sono ripartiti in tre categorie: il tempo perso a filtrare (e cancellare a mano) lo spam, l'implementazione e la gestione di sistemi che contrastino il fenomeno e i costi che comporta rivolgersi a un help desk per controllare se una mail "buona" è stata considerata spam, e quindi eliminata dal software, o per risolvere comunque questioni legate ad autentiche mail spazzatura.
5) Cass. pen. 27.9.2011, n. 36779, in CED Cassazione, 2011, cit.

* componente del Comitato tecnico giuridico dell'Osservatorio


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