Intercettazioni
: riflessioni critiche sul decreto Alfano
di
Rita Guma*
Molti
di coloro che sostengono il ddl Alfano sulle intercettazioni
- mirante a limitare fortemente sia le occasioni d'uso di
tale strumento d'indagine da parte della magistratura, sia
la pubblicazione da parte della stampa, con sanzioni per giornalisti
ed editori - sostengono che la norma miri a tutelare il cittadino
comune (che sia indagato ingiustamente o che sia un terzo
casualmente coinvolto in una conversazione registrata su un
utenza intercettata) dalle fughe di notizie e dall'uso scorretto
delle trascrizioni da parte della stampa.
Concordo
certamente sul fatto che in Italia - quasi in ogni contesto,
perfino in quelli che hanno in gestione la vita umana - regna
sovrana l'approssimazione. Anche alcuni che saprebbero fare
bene il proprio lavoro spesso con il tempo finiscono con il
farlo in modo inadeguato, perche' cosi' fan tutti, perche'
tanto nessuno premia il capace, dedito e attento, ne' punisce
l'incapace e lo scorretto. Ma e' proprio, trovo, un carattere
nazionale abbastanza diffuso e per il quale le precauzioni
(dalle scarpe antinfortunistiche ai guanti sterili alle attenzioni
su dove vengono posti fascicoli con dati pensonali delicati)
sono considerate un inutile appesantimento introdotto da qualche
fissato... quando addirittura non si tratta di 'superficialita''
dolose.
Tuttavia
non credo occorra prendere a base di una normativa chi fa
male il suo dovere, altrimenti dovremmo mettere il bavaglio
alla stampa conculcando la liberta' di espressione e il diritto
all'informazione (e parlo in generale, non solo per quanto
riguarda le intercettazioni). Insomma, a mio avviso non va
ridotto lo spazio di manovra, ma introdotti controlli e sanzioni
per chi sbaglia o abusa, cosicche' tutti coloro che operano
bene non si vedano negato il diritto ad operare e tutti coloro
che sono vittime di situazioni gravi non si vedano negati
gli strumenti per accertare le violazioni che subiscono.
Perche'
uno degli aspetti che noto nella valutazione positiva del
decreto Alfano da parte di molti politici e avvocati penalisti
e' che sembrano considerare vittime solo gli imputati e gli
indagati, non le vittime dei reati per cui questi sono sotto
inchiesta o perseguiti. E' un tratto che ho notato in piu'
occasioni in particolare da parte degli avvocati: molti di
essi si sentono solo difensori e molto di rado rappresentanti
della parte offesa.
A me - in quanto persona non di parte e presidente di una
associazione che difende i diritti di tutti - non interessa
difendere l'attuale stato legale delle intercettazioni per
difendere la categoria dei giornalisti o quella dei magistrati
o ancora la polizia giudiziaria (anche se colgo dietro le
dichiarazioni sulla questione di alcuni di questi professionisti
l'interesse di parte correlato, ma questo vale anche i penalisti,
la cui strategia difensiva puo' spesso subire danni da una
intercettazione) ma per difendere le vittime di reato e i
cittadini tutti, vittime di comportamenti poco etici da parte
dei politici che spesso vengono alla luce solo a seguito della
pubblicazione delle intercettazioni.
La
Corte dei diritti dell'Uomo - pur preposta alla tutela dei
diritti fondamentali della persona - in diversi pronunciamenti
ha argomentato che in una societa' democratica il diritto
dei cittadini ad essere informati su questioni di pubblico
interesse e' talmente importante da consentire anche la pubblicazione
di intercettazioni acquisite illegalmente ed ha condannato
gli Stati che hanno previsto la prigione per i cronisti che
hanno esercitato in tal senso il diritto di cronaca.
Mi
pare palese, infatti, che a Berlusconi e soci, ma anche a
molti esponenti del centrosinistra favorevoli a norme restrittive
sulla publicazione delle intercettazioni, non interessi nulla
delle persone normali la cui sorte viene citata a sostegno
della stretta sulle intercettazioni: a loro interessa di Berlusconi
stesso e Sacca', di Consorte e D'Alema, dell'ex segretario
di Fini, dell'ex governatore della Banca d'Italia Fazio e
di tutti gli altri politici e furbetti del quartierino i cui
altarini sono saltati grazie ad intercettazioni acquisite
dalla magistratura (anche casualmente nel corso di altre inchieste)
o rese note ai cittadini, anche quando non di rilievo penale.
Viceversa
a me interessano le inchieste sui minori vittime del branco
o di un singolo (visto che la diversa pena incide sulla possibilita'
di intercettare) e tutti gli altri poveretti vittime di reato.
E non mi spiace che i cittadini siano messi a conoscenza delle
porcherie perpetrate ai politici, o che i magistrati possano
scoprire pasticci stile Parmalat e affini.
Ancora due riflessioni: alcuni anni fa e' emerso che due componenti
del nostro Comitato scientifico, io stessa ed il nostro sito
eravamo nel dossier di Pio Pompa, agente del SISMI che ci
aveva indicato come soggetti che potevano dare fastidio a
Berlusconi. Con noi decine di magistrati e giornalisti spiati
per la loro indipendenza. Si disse che egli non era al tempo
alle dipendenze del SISMI, ma per la sua profilazione non
ha pagato in alcun modo e ne' Mastella, ne' Alfano ne' tantomeno
Berlusconi o i vari Copasir hanno preso provvedimento alcuno.
Teniamo presente che noi non eravamo sospettati di alcun reato,
ma solo persone indipendenti che si erano permesse di criticare
un VIP (cosi' come in altri casi abbiamo criticato esponenti
del centrosinistra). Quindi l'essere oggetto di attenzione
da parte di agenti del SISMI era una cosa vergognosa e incredibilmente
pericolosa per la democrazia!
Il
fatto e le reazioni nulle che produsse la dicono lunga su
quali siano i veri scopi di costoro con il ddl Alfano: non
la difesa delle nostre liberta' fondamentali, ma la difesa
delle loro, di fare tutto cio' che vogliono restando impuniti
sia dal tribunale che dall'ignaro elettore che magari - nonostante
la piattezza 'informativa' delle TV di Stato e non - abbia
la volonta' o la ventura di leggere un giornale che si degni
di riportare uno scandalo economico o etico che riguardi la
nomenclatura del Paese.
L'altra
riflessione non e' mia ma di un giurista secondo il quale
il ddl Alfano viola la privacy: "(...) nel corso della sessione
tematica sul processo penale organizzata nell’ambito del IV
Congresso di aggiornamento degli avvocati, organizzato dal
Consiglio nazionale forense, Agostino Di Caro, ordinario di
procedura penale all’Università del Molise, sfiora il paradosso
parlando del ddl governativo all’esame della Camera. La riflessione
è sottile: “i gravi indizi di colpevolezza, previsti dal ddl
come presupposto per poter attivare le intercettazioni, presuppongono
un quadro investigativo già sufficientemente chiaro tanto
da ritenere l’intercettazione superflua e dunque invasiva
della privacy” (...). (vedi)
Infine, secondo il CSM, "La prospettiva difensiva è stata
del tutto dimenticata nel ddl Alfano sulle intercettazioni.
Il divieto di uso delle intercettazioni e' infatti esteso
anche a quello dei tabulati e non solo da parte del PM, ma
anche - per parita' - da parte della difesa, a meno che non
vi siano "gravi indizi di colpevolezza". Dunque "la natura
stessa di tale accertamento, orientato ad acquisire documentazione
di fatti già accaduti, rende particolarmente 'frustrante'
il limite introdotto all’acquisizione e la posizione dell’indagato
che sappia di essere in condizione di dimostrare l’effettuazione
di una telefonata 'decisiva' e non possa ottenere l’acquisizione
di un tale riscontro." (vedi)
Insomma, come evidenzia ques'ultimo rilievo, si rischia di
danneggiare l'imputato innocente. Il che non pare interessare
ai sostenitori del ddl Alfano, almeno a quelli politici, e
dimostra ancora una volta come il problema non sia il rischio
per il normale cittadino, ma quello per i potenti.
*
presidente nazionale dell'Osservatorio sulla legalita' e sui
diritti onlus
 
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