|
Clausola di diseredazione : il recente orientamento della
Cassazione
di
Alessandro Maria Ottolina*
Spesso si assiste da parte del testatore alla richiesta della
previsione di clausole di diseredazione volte ad evitare che
vengano alla successione parenti non graditi. La diseredazione
è infatti la disposizione testamentaria contenente la volontà
del testatore di escludere un determinato soggetto successibile
ex lege - non legittimario - dalla propria successione.
La dottrina (1) e parte della giurisprudenza di merito (2)
hanno tradizionalmente negato l'ammissibilità della previsione
di una siffatta clausola da parte del testatore stante, in
primo luogo, la lettura restrittiva dell'art. 587 comma 1
c.c. secondo il quale il testamento sarebbe un valido contenuto
di sole clausole volte a una attribuzione positiva. In secondo
luogo, secondo tale orientamento, le cause legittime di esclusione
della successione - previste dal Legislatore unicamente in
tema di indegnità ex art. 463 c.c. - avrebbero carattere tassativo,
risultando così inderogabili da parte del testatore il quale
non avrebbe alcun diritto di ampliarne il novero (3).
Al fine di impedire la chiamata del successibile ex lege -
che non rivesta anche la qualifica di legittimario - la dottrina
(4) generalmente ritiene ammissibile la pretermissione: tecnica
testamentaria consistente nel prevedere una serie di sostituzioni
a catena al primo erede istituito al fine di evitare l’apertura
della successione legittima che potrebbe chiamare anche il
soggetto non voluto dal testatore.
Una
prima apertura verso la validità della clausola di esclusione
dalla successione di un soggetto successibile ex lege si è
avuta con la pronuncia della Corte di Cassazione (5) in cui,
al fine di salvaguardare la volontà del testatore in ossequio
al favor testamentii, è stato sostenuto che il testatore attraverso
una previsione di esclusione diretta di un successibile ex
lege in realtà manifesti implicitamente la volontà di istituire
eredi gli altri soggetti di pari grado del diseredato - ad
eccezione dello stesso.
Tale
ricostruzione è stata tuttavia criticata in quanto non risulterebbe
sempre possibile individuare una compiuta manifestazione implicita,
soprattutto ove la clausola di diseredazione si attesti quale
unico contenuto del negozio mortis causa, e rilevando altresì
che nel nostro sistema giuridico l'erede testamentario è essenzialmente
heres scriptus (cioè necessariaemente determinato e non determinabile
in via interpretativa).
Recentemente,
dopo molteplici pronunce dei tribunali di merito (6), anche
la Suprema Corte, con la sentenza n. 8352 del 25 maggio 2012,
si è espressa nel senso della validità e efficacia della clausola
di diseredazione anche ove la medesima sia l’unica disposizione
contenuta nel testamento (In fatto: "Nelle mie piene facoltà
mentali e in perfetta salute, dichiaro, qualora io dovessi
mancare, di escludere dalla mia eredità e cioè da quello che
io posseggo, le mie due nipoti A. e G.... figlie del mio defunto
fratello P...., per il loro indegno comportamento verso di
me ed i miei fratelli").(7)
continua
>
1 MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale,
III, 2, 47; CICU, Successioni per causa di morte, 149; MEGONI,
Successioni per causa di morte. Parte Speciale. Successione
legittima, in Trattato di diritto civile e commerciale già
diretto da CICU e MESSINEO, Milano, 1999, 22 ss.
2
Ex multis: Trib. Reggio Emilia, 27 settembre 2000 in Vita
Not., 2001,694; App. Catania, 28 maggio 2003, in Giur. Mer.,
2004, 15 ss.
3
CAPOZZI, Successioni e donazioni, I, 201, Giuffrè editore,
Milano, 2009.
4
GENGHINI e CARBONE, Le successioni per causa di morte, I,
444, Cedam, 2012; CORONA, La c.d. Diseredazione: riflessioni
sulla disposizione testamentaria di esclusione, in Riv. Not.,
1992 506; IEVA, Manuale di tecnica testamentaria, Padova,
1996.
5 “Ai sensi dell'art. 587 c.c., comma 1, il testatore può
validamente escludere dall'eredità, in modo implicito o esplicito,
un erede legittimo, purchè non legittimario, a condizione,
però, che la scheda testamentaria contenga anche disposizioni
positive e cioè rivolte ad attribuire beni ereditari ad altri
soggetti, nelle forme dell'istituzione di erede o del legato.
E' quindi nullo il testamento con il quale, senza altre disposi
- zioni, si escluda il detto erede, diseredandolo. Peraltro,
qualora dall'interpretazione della scheda testamentaria risulti
che il de cuius, nel manifestare espressamente la volontà
di diseredare un successibile, abbia implicitamente inteso
attribuire, nel contempo, le proprie sostanze ad altri soggetti,
il testamento deve essere ritenuto valido, contenendo una
vera e propria valida disposizione positiva dei beni ereditari,
la quale è sufficiente ad attribuire efficacia anche alla
disposizione negativa della diseredazione” Cass. n. 1458
del 1967; cfr. Cass. n. 6339 del 1982; Cass. n. 5895 del 1994.6
App. Firenze, 9 settembre 1954, in Foro Pad. 1965, I, col.
47; App. Napoli 21 maggio 1961, in Foro pad., 1962, I , col
939; Trib. Parma, 3 maggio 1977, in Riv. Not., 1977, 689.
7 Nella sentenza in esame, inoltre, la Suprema Corte rileva
l’incongruenza della soluzione prospettata dalla Corte di
Appello. Tale collegio giudicante sostenne sostanzialemente
valida tale clausola testamentaria meramente negativa nonostante
integrasse l’unico contenuto del testamento del de cuius ritenendo
- sulla scorta della teoria intermedia sopra citata - di poterne
ricavare, per via interpretativa, una volontà istitutiva implicita
a favore dei successibili ex lege diversi dai soggetti diseredati.
La Corte sottolinea così l'incongruenza in ordine alla sentenza
cassata che “Da un lato, infatti, si predica la assoluta
invalidità di una clausola meramente negativa, ove la stessa
non sia accompagnata ad altre che contengano disposizioni
attributive, ancorchè tali da non esaurire l'intero asse ereditario;
dall'altro se ne riconosce la validità anche nel caso in cui
costituisca l'unica disposizione contenuta in una scheda testamentaria,
a condizione però che sia possibile ricavare sia in modo diretto
ed esplicito, sia in modo indiretto ed implicito la inequivocabile
volontà del testatore, oltre che di diseredare un determinato
successibile, di attribuire le proprie sostanze ad un determinato
altro. Un simile argomentare vanifica, in realtà, la affermazione
di principio dalla quale sembra muovere la sentenza del 1967,
della tendenziale invalidità della clausola di diseredazione,
la quale è invece valida ed efficace allorquando dalla stessa
sia possibile desumere una istituzione in favore di soggetti
non contemplati ma comunque implicitamente individuabili,
una volta esclusi dalla successione quelli invece espressamente
menzionati nella clausola di diseredazione.” Corte Cass.
n. 8352 del 25 maggio 2012.
*
avvocato, foro di Milano
Dossier
giustizia
|
|