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23 luglio 2012
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Clausola di diseredazione : il recente orientamento della Cassazione
di Alessandro Maria Ottolina*

Spesso si assiste da parte del testatore alla richiesta della previsione di clausole di diseredazione volte ad evitare che vengano alla successione parenti non graditi. La diseredazione è infatti la disposizione testamentaria contenente la volontà del testatore di escludere un determinato soggetto successibile ex lege - non legittimario - dalla propria successione.

La dottrina (1) e parte della giurisprudenza di merito (2) hanno tradizionalmente negato l'ammissibilità della previsione di una siffatta clausola da parte del testatore stante, in primo luogo, la lettura restrittiva dell'art. 587 comma 1 c.c. secondo il quale il testamento sarebbe un valido contenuto di sole clausole volte a una attribuzione positiva. In secondo luogo, secondo tale orientamento, le cause legittime di esclusione della successione - previste dal Legislatore unicamente in tema di indegnità ex art. 463 c.c. - avrebbero carattere tassativo, risultando così inderogabili da parte del testatore il quale non avrebbe alcun diritto di ampliarne il novero (3).

Al fine di impedire la chiamata del successibile ex lege - che non rivesta anche la qualifica di legittimario - la dottrina (4) generalmente ritiene ammissibile la pretermissione: tecnica testamentaria consistente nel prevedere una serie di sostituzioni a catena al primo erede istituito al fine di evitare l’apertura della successione legittima che potrebbe chiamare anche il soggetto non voluto dal testatore.

Una prima apertura verso la validità della clausola di esclusione dalla successione di un soggetto successibile ex lege si è avuta con la pronuncia della Corte di Cassazione (5) in cui, al fine di salvaguardare la volontà del testatore in ossequio al favor testamentii, è stato sostenuto che il testatore attraverso una previsione di esclusione diretta di un successibile ex lege in realtà manifesti implicitamente la volontà di istituire eredi gli altri soggetti di pari grado del diseredato - ad eccezione dello stesso.

Tale ricostruzione è stata tuttavia criticata in quanto non risulterebbe sempre possibile individuare una compiuta manifestazione implicita, soprattutto ove la clausola di diseredazione si attesti quale unico contenuto del negozio mortis causa, e rilevando altresì che nel nostro sistema giuridico l'erede testamentario è essenzialmente heres scriptus (cioè necessariaemente determinato e non determinabile in via interpretativa).

Recentemente, dopo molteplici pronunce dei tribunali di merito (6), anche la Suprema Corte, con la sentenza n. 8352 del 25 maggio 2012, si è espressa nel senso della validità e efficacia della clausola di diseredazione anche ove la medesima sia l’unica disposizione contenuta nel testamento (In fatto: "Nelle mie piene facoltà mentali e in perfetta salute, dichiaro, qualora io dovessi mancare, di escludere dalla mia eredità e cioè da quello che io posseggo, le mie due nipoti A. e G.... figlie del mio defunto fratello P...., per il loro indegno comportamento verso di me ed i miei fratelli").(7)

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1 MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, III, 2, 47; CICU, Successioni per causa di morte, 149; MEGONI, Successioni per causa di morte. Parte Speciale. Successione legittima, in Trattato di diritto civile e commerciale già diretto da CICU e MESSINEO, Milano, 1999, 22 ss.

2 Ex multis: Trib. Reggio Emilia, 27 settembre 2000 in Vita Not., 2001,694; App. Catania, 28 maggio 2003, in Giur. Mer., 2004, 15 ss.

3 CAPOZZI, Successioni e donazioni, I, 201, Giuffrè editore, Milano, 2009.

4 GENGHINI e CARBONE, Le successioni per causa di morte, I, 444, Cedam, 2012; CORONA, La c.d. Diseredazione: riflessioni sulla disposizione testamentaria di esclusione, in Riv. Not., 1992 506; IEVA, Manuale di tecnica testamentaria, Padova, 1996.

5 “Ai sensi dell'art. 587 c.c., comma 1, il testatore può validamente escludere dall'eredità, in modo implicito o esplicito, un erede legittimo, purchè non legittimario, a condizione, però, che la scheda testamentaria contenga anche disposizioni positive e cioè rivolte ad attribuire beni ereditari ad altri soggetti, nelle forme dell'istituzione di erede o del legato. E' quindi nullo il testamento con il quale, senza altre disposi - zioni, si escluda il detto erede, diseredandolo. Peraltro, qualora dall'interpretazione della scheda testamentaria risulti che il de cuius, nel manifestare espressamente la volontà di diseredare un successibile, abbia implicitamente inteso attribuire, nel contempo, le proprie sostanze ad altri soggetti, il testamento deve essere ritenuto valido, contenendo una vera e propria valida disposizione positiva dei beni ereditari, la quale è sufficiente ad attribuire efficacia anche alla disposizione negativa della diseredazione” Cass. n. 1458 del 1967; cfr. Cass. n. 6339 del 1982; Cass. n. 5895 del 1994.6 App. Firenze, 9 settembre 1954, in Foro Pad. 1965, I, col. 47; App. Napoli 21 maggio 1961, in Foro pad., 1962, I , col 939; Trib. Parma, 3 maggio 1977, in Riv. Not., 1977, 689.

7 Nella sentenza in esame, inoltre, la Suprema Corte rileva l’incongruenza della soluzione prospettata dalla Corte di Appello. Tale collegio giudicante sostenne sostanzialemente valida tale clausola testamentaria meramente negativa nonostante integrasse l’unico contenuto del testamento del de cuius ritenendo - sulla scorta della teoria intermedia sopra citata - di poterne ricavare, per via interpretativa, una volontà istitutiva implicita a favore dei successibili ex lege diversi dai soggetti diseredati. La Corte sottolinea così l'incongruenza in ordine alla sentenza cassata che “Da un lato, infatti, si predica la assoluta invalidità di una clausola meramente negativa, ove la stessa non sia accompagnata ad altre che contengano disposizioni attributive, ancorchè tali da non esaurire l'intero asse ereditario; dall'altro se ne riconosce la validità anche nel caso in cui costituisca l'unica disposizione contenuta in una scheda testamentaria, a condizione però che sia possibile ricavare sia in modo diretto ed esplicito, sia in modo indiretto ed implicito la inequivocabile volontà del testatore, oltre che di diseredare un determinato successibile, di attribuire le proprie sostanze ad un determinato altro. Un simile argomentare vanifica, in realtà, la affermazione di principio dalla quale sembra muovere la sentenza del 1967, della tendenziale invalidità della clausola di diseredazione, la quale è invece valida ed efficace allorquando dalla stessa sia possibile desumere una istituzione in favore di soggetti non contemplati ma comunque implicitamente individuabili, una volta esclusi dalla successione quelli invece espressamente menzionati nella clausola di diseredazione.” Corte Cass. n. 8352 del 25 maggio 2012.

* avvocato, foro di Milano


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