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03 luglio 2012
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Decreto sviluppo , filtro d'inammissibilità in appello e diritto al giusto processo
di Giuseppe Siniscalchi*

Il Consiglio dei ministri n. 35 del 15 giugno 2012, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e trasporti, ha approvato un "pacchetto contenente un ventaglio di misure urgenti e strutturali". Tale pacchetto, noto anche come "decreto legge sviluppo", contiene, tra le altre, misure sull'"accelerazione dei tempi della giustizia civile" (1). In particolare con il presente scritto provvedo a svolgere alcune considerazioni sulla novità relativa al giudizio civile d'appello e cioè al c.d. "filtro d'inammissibilità".

Le ragioni dell'intervento governativo - per quanto si legge nel comunicato stampa del predetto Consiglio dei Ministri n. 35 - parrebbero risiedere nell'esigenza di accelerazione dei tempi della giustizia civile e nella constatazione che "attualmente nel 68% dei casi l'appello si conclude nei processi civili con la conferma del giudizio di primo grado". Anche attraverso tale norma il Governo ritiene che "l'impatto atteso sarà una deflazione dei carichi di lavoro delle Corti d'appello e una conseguente riduzione dei tempi dei giudizi, con effetti positivi anche per il sistema economico e per le imprese che operano in Italia". Le norme approvate farebbero "parte di una serie di misure in materia di giustizia che il governo ha da tempo avviato per porre rimedio agli effetti negativi della lentezza" dell'attuale giustizia civile "sull'economia che Banca d'Italia ha stimato nella perdita di un punto di PIL all'anno".

Preciso che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del … decreto" in oggetto. La nuova ipotesi d'inammissibilità andrebbe ad aggiungersi alle altre ipotesi d'inammissibilità previste dal codice di procedura civile. Infatti, come dispone il Capo VII, art. 53 dello schema di decreto legge, dopo l'art. 348 c.p.c., sono inseriti gli artt. 348-bis e 348-ter.

L'art. 348-bis (Inammissibilità all'appello) prevede che "Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Il primo comma non si applica quando: a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma; b) l'appello è proposto a norma dell'articolo 702-quater". L'art. 348-ter (Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello) al comma 1 prevede che "All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell'articolo 91".

Ciò significa che qualora una parte proponesse appello avverso la sentenza di primo grado (salvi i casi di giudizi ove sia necessario l'intervento del PM ex art. 70, 1° comma, c.p.c. o si tratti del c.d. rito sommario di cognizione ex art. 702-bis ss. c.p.c.) il giudice adito potrebbe dichiararlo inammissibile in mancanza di "una ragionevole probabilità di essere" accolto. Orbene, una "ragionevole probabilità" d'inaccoglimento dell'appello proposto legittimerebbe una pronunzia d'inammissibilità. La prospettiva potrebbe, purtroppo, essere quella di denegata giustizia in molti casi non essendo soddisfacente una pronunzia d'inammissibilità - tale da non consentire neppure alla parte una difesa all'esito di trattazione - per il sol fatto che possa esservi una ragionevole probabilità di mancato accoglimento. Tale previsione parrebbe stridere con il principio, anche costituzionale, del c.d. giusto processo (2). Ciò anche perché se a base della scelta del c.d. "filtro" starebbe pure il dato statistico della conclusione del 68% dei casi d'appello con la conferma del provvedimento di primo grado non potrebbe certo trascurarsi la percentuale rilevante del 32% dei casi di accoglimento.

Il dato statistico secondo cui nel 68% dei casi l'appello si concluderebbe con la conferma del provvedimento di primo grado non parrebbe il giusto punto di partenza: difatti resterebbe il non trascurabile 32% dei casi in cui l'appello non si concluderebbe con la conferma del provvedimento di primo grado (3). Come potrebbe una declaratoria d'inammissibilità sulla base di una mera valutazione in termini di probabilità, nelle battute iniziali del processo e "prima della trattazione" definirsi "di qualità" (4) tale da soddisfare un'esigenza di giustizia in "giusto processo"? Come si potrebbe conciliare un'eventuale pronunzia d'ammissibilità dell'appello - nell'ipotesi di positiva valutazione, da parte del Giudice di secondo grado, del requisito della "ragionevole probabilità" di accoglimento - con il principio generale del divieto di anticipazione del giudizio finale?

Osservo inoltre quanto segue. In eventuale presenza di una "ragionevole probabilità" tale da indurre il giudice d'appello ad emettere declaratoria d'inammissibilità, non potrebbe escludersi radicalmente che - all'esito dello svolgimento delle difese nel corso del giudizio d'appello - l'appello stesso avrebbe potuto essere accolto perché fondato. Sussisterebbe pertanto il rischio che, con affrettata pronunzia d'inammissibilità, possa essere sacrificato il diritto dell'appellante all'accoglimento di un'impugnativa fondata. L'espressione "ragionevole probabilità" è tale da suscitare dubbi, perplessità ed interrogativi: qualunque appello, a fronte di sentenza di primo grado motivata attraverso il richiamo di precedenti giurisprudenziali, potrebbe essere dichiarato inammissibile.

La necessità (il punto di partenza) non dovrebbe essere quella di cercare di limitare l'inviolabile diritto di difesa - tagliando, in sostanza, l'importante fase di "trattazione" - ma quella di garantire lo svolgimento di un giudizio di secondo grado a cognizione piena ed esauriente cercando, così, di tutelare al meglio il diritto delle parti alla difesa in giusto processo, senza anticipazione di giudizio alcuna (come parrebbe potersi verificare, in sostanza, in caso di superamento del c.d. filtro che spalancherebbe la porta all'accoglimento dell'appello già nelle fasi iniziali del giudizio di secondo grado). Ciò anche nel rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione da un lato e del principio dell'effettività della tutela ex art. 24 Cost. dall'altro. Il processo è elemento centrale del diritto ed occorrerebbe sempre massimo riguardo per le modifiche di disposizioni procedurali (5). Non vi è dubbio che - come ricordato anche dall'allora governatore della Banca d'Italia Draghi in occasione della sua relazione del 31 maggio 2011 - "Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile" (6).

Il dramma consiste nel fatto che, com'è noto, i processi in Italia sono troppi e tali da determinare un grave problema tuttora irrisolto (7). Partendo quindi dalle suddette garanzie, la soluzione più idonea parrebbe essere quella di prevedere più investimenti strutturali, organizzativi, d'incremento dei magistrati in servizio, di riforme organiche. L'introduzione del "filtro in appello" da applicarsi attraverso le modalità di cui sopra non parrebbe andare in una giusta direzione per salvaguardare le esigenze di giustizia nel nostro ordinamento.

continua >

1 V. http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=68442.

2 Il diritto del cittadino ad un processo "giusto" e di ragionevole durata (come ho già avuto occasione di ricordare nel mio recente intervento durante la conferenza internazionale dell'11 e 12 novembre 2011 in Milano in tema di "internet fra libertà e diritti, prevenzione delle violazioni e prospettiva forense" di cui alcuni abstract sono allo stato consultabili nel sito www.aaalegalitadiritti.it) trova fondamento "oltre che nell'art. 111, c. 2, della nostra Costituzione anche nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea - la cui applicazione è stata garantita dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. L'art. 47 di tale Trattato 'diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale' dispone che 'Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo' (comma primo)" e che "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge".

3 Cfr. l'articolo "Però evitiamo che diventi un luogo comune" di Luigi Ferrarella in Corriere della sera del 29 gennaio 2012 ove si leggono le parole del Presidente della Corte d'appello di Milano, dott. Giovanni Canzio che, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2012, ha precisato quanto segue: "L'efficacia da recuperare non sta nell'emettere una decisione qualunque, tanto per fare uscire il fascicolo dall'ufficio e abbellire le statistiche, ma una decisione di qualità, in un termine ragionevole, e sulla base di un apprezzamento equo delle circostanze. Dove anche il tempo adeguato per studiare il caso non è un lusso, ma è come il computer o le tabelle organizzative: una necessità".

4 Cfr. il richiamo alla qualità fatto dal Presidente della Corte d'appello di Milano, dott. Giovanni Canzio, cit. alla precedente nota 3.

5 Come ha avuto occasione di affermare l'avv. Prof. Angelo Giarda nel corso di relazione al convegno del 26.3.2011 in Milano (Convegno in tema di mobbing e stalking organizzato dall'Osservatorio sulla legalità e sui diritti i cui abstract possono leggersi nel sito dell'Osservatorio stesso) "Le legislazioni future si ricordino che il processo è il momento fondamentale del diritto".

6 Per qualche ulteriore riflessione in proposito richiamo il mio articolo in http:\www.osservatoriosullalegalita.org/11/acom/06giu1/0101gsinjus.htm

7 Cfr., ad esempio, l'articolo "I tribunali del nostro Paese tra gli ultimi al mondo: siamo peggio del Vietnam" di Anna Maria Greco in Il fatto del 29 gennaio 2012 in cui si legge che "9 milioni sono i fascicoli arretrati che restano in stand by per le lungaggini della giustizia. Ci costano, solo per il civile, 96 miliardi"; cfr. l'articolo "Triplicati arretrati" in TelevideoRai del 26 gennaio 2012 in cui si legge "In 20 anni è triplicato lo stock delle cause civili arretrate...Questo emerge dall'ultimo rapporto Eurispes sull'Italia del 2012. Il motivo principale della lentezza della giustizia civile nazionale (…) è l'altissimo numero delle cause iscritte a ruolo ogni anno..."; cfr. articolo "La giustizia italiana e la sua inefficienza" di Piero Ostellino in Corriere del Canton Ticino del 2 febbraio 2009. Quest'ultimo ha avuto occasione recentemente, nel corso di conviviale rotariana (presso il Rotary Club Milano Settimo) del 21 giugno 2012 di affermare che dal 2009 ad oggi vi è stato un "peggioramento" rispetto alla situazione descritta dallo stesso autore nel predetto articolo.

* avvocato, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio


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