Decreto sviluppo , filtro d'inammissibilità in appello e diritto
al giusto processo
di
Giuseppe Siniscalchi*
Il Consiglio dei ministri n. 35 del 15 giugno 2012, su proposta
del Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture
e trasporti, ha approvato un "pacchetto contenente un ventaglio
di misure urgenti e strutturali". Tale pacchetto, noto anche
come "decreto legge sviluppo", contiene, tra le altre, misure
sull'"accelerazione dei tempi della giustizia civile" (1).
In
particolare con il presente scritto provvedo a svolgere alcune
considerazioni sulla novità relativa al giudizio civile d'appello
e cioè al c.d. "filtro d'inammissibilità".
Le ragioni dell'intervento governativo - per quanto si legge
nel comunicato stampa del predetto Consiglio dei Ministri
n. 35 - parrebbero risiedere nell'esigenza di accelerazione
dei tempi della giustizia civile e nella constatazione che
"attualmente nel 68% dei casi l'appello si conclude nei
processi civili con la conferma del giudizio di primo grado".
Anche attraverso tale norma il Governo ritiene che "l'impatto
atteso sarà una deflazione dei carichi di lavoro delle Corti
d'appello e una conseguente riduzione dei tempi dei giudizi,
con effetti positivi anche per il sistema economico e per
le imprese che operano in Italia". Le norme approvate
farebbero "parte di una serie di misure in materia di giustizia
che il governo ha da tempo avviato per porre rimedio agli
effetti negativi della lentezza" dell'attuale giustizia
civile "sull'economia che Banca d'Italia ha stimato nella
perdita di un punto di PIL all'anno".
Preciso
che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai
giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con
citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal
trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore
della legge di conversione del … decreto" in oggetto.
La
nuova ipotesi d'inammissibilità andrebbe ad aggiungersi alle
altre ipotesi d'inammissibilità previste dal codice di procedura
civile. Infatti, come dispone il Capo VII, art. 53 dello schema
di decreto legge, dopo l'art. 348 c.p.c., sono inseriti gli
artt. 348-bis e 348-ter.
L'art.
348-bis (Inammissibilità all'appello) prevede che "Fuori
dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità
o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata
inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole
probabilità di essere accolta. Il primo comma non si applica
quando: a) l'appello è proposto relativamente a una delle
cause di cui all'articolo 70, primo comma; b) l'appello è
proposto a norma dell'articolo 702-quater". L'art. 348-ter
(Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello) al comma 1 prevede
che "All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima
di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l'appello,
a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza
succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi
di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento
a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma
dell'articolo 91".
Ciò
significa che qualora una parte proponesse appello avverso
la sentenza di primo grado (salvi i casi di giudizi ove sia
necessario l'intervento del PM ex art. 70, 1° comma, c.p.c.
o si tratti del c.d. rito sommario di cognizione ex art. 702-bis
ss. c.p.c.) il giudice adito potrebbe dichiararlo inammissibile
in mancanza di "una ragionevole probabilità di essere"
accolto. Orbene, una "ragionevole probabilità" d'inaccoglimento
dell'appello proposto legittimerebbe una pronunzia d'inammissibilità.
La prospettiva potrebbe, purtroppo, essere quella di denegata
giustizia in molti casi non essendo soddisfacente una
pronunzia d'inammissibilità - tale da non consentire neppure
alla parte una difesa all'esito di trattazione - per il sol
fatto che possa esservi una ragionevole probabilità di mancato
accoglimento. Tale previsione parrebbe stridere con il principio,
anche costituzionale, del c.d. giusto processo (2).
Ciò anche perché se a base della scelta del c.d. "filtro"
starebbe pure il dato statistico della conclusione del 68%
dei casi d'appello con la conferma del provvedimento di primo
grado non potrebbe certo trascurarsi la percentuale rilevante
del 32% dei casi di accoglimento.
Il dato statistico secondo cui nel 68% dei casi l'appello
si concluderebbe con la conferma del provvedimento di primo
grado non parrebbe il giusto punto di partenza: difatti resterebbe
il non trascurabile 32% dei casi in cui l'appello non
si concluderebbe con la conferma del provvedimento di primo
grado (3). Come potrebbe una declaratoria d'inammissibilità
sulla base di una mera valutazione in termini di probabilità,
nelle battute iniziali del processo e "prima della trattazione"
definirsi "di qualità" (4) tale da soddisfare un'esigenza
di giustizia in "giusto processo"? Come si potrebbe conciliare
un'eventuale pronunzia d'ammissibilità dell'appello - nell'ipotesi
di positiva valutazione, da parte del Giudice di secondo grado,
del requisito della "ragionevole probabilità" di accoglimento
- con il principio generale del divieto di anticipazione del
giudizio finale?
Osservo
inoltre quanto segue. In eventuale presenza di una "ragionevole
probabilità" tale da indurre il giudice d'appello ad emettere
declaratoria d'inammissibilità, non potrebbe escludersi radicalmente
che - all'esito dello svolgimento delle difese nel corso del
giudizio d'appello - l'appello stesso avrebbe potuto essere
accolto perché fondato. Sussisterebbe pertanto il rischio
che, con affrettata pronunzia d'inammissibilità, possa essere
sacrificato il diritto dell'appellante all'accoglimento
di un'impugnativa fondata. L'espressione "ragionevole
probabilità" è tale da suscitare dubbi, perplessità ed
interrogativi: qualunque appello, a fronte di sentenza di
primo grado motivata attraverso il richiamo di precedenti
giurisprudenziali, potrebbe essere dichiarato inammissibile.
La necessità (il punto di partenza) non dovrebbe essere quella
di cercare di limitare l'inviolabile diritto di difesa - tagliando,
in sostanza, l'importante fase di "trattazione" - ma quella
di garantire lo svolgimento di un giudizio di secondo grado
a cognizione piena ed esauriente cercando, così, di tutelare
al meglio il diritto delle parti alla difesa in giusto processo,
senza anticipazione di giudizio alcuna (come parrebbe potersi
verificare, in sostanza, in caso di superamento del c.d. filtro
che spalancherebbe la porta all'accoglimento dell'appello
già nelle fasi iniziali del giudizio di secondo grado). Ciò
anche nel rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione
da un lato e del principio dell'effettività della tutela ex
art. 24 Cost. dall'altro. Il
processo è elemento centrale del diritto ed occorrerebbe sempre
massimo riguardo per le modifiche di disposizioni procedurali
(5). Non vi è dubbio che - come ricordato anche dall'allora
governatore della Banca d'Italia Draghi in occasione della
sua relazione del 31 maggio 2011 - "Va affrontato alla
radice il problema di efficienza della giustizia civile"
(6).
Il
dramma consiste nel fatto che, com'è noto, i processi in Italia
sono troppi e tali da determinare un grave problema tuttora
irrisolto (7). Partendo quindi dalle suddette garanzie, la
soluzione più idonea parrebbe essere quella di prevedere più
investimenti strutturali, organizzativi, d'incremento dei
magistrati in servizio, di riforme organiche. L'introduzione
del "filtro in appello" da applicarsi attraverso le modalità
di cui sopra non parrebbe andare in una giusta direzione per
salvaguardare le esigenze di giustizia nel nostro ordinamento.
continua
>
1 V. http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=68442.
2
Il diritto del cittadino ad un processo "giusto" e di ragionevole
durata (come ho già avuto occasione di ricordare nel mio recente
intervento durante la conferenza internazionale dell'11 e
12 novembre 2011 in Milano in tema di "internet fra libertà
e diritti, prevenzione delle violazioni e prospettiva forense"
di cui alcuni abstract sono allo stato consultabili nel sito
www.aaalegalitadiritti.it)
trova fondamento "oltre che nell'art. 111, c. 2, della
nostra Costituzione anche nella Carta dei Diritti Fondamentali
dell'Unione Europea - la cui applicazione è stata garantita
dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre
2009. L'art. 47 di tale Trattato 'diritto a un ricorso effettivo
e a un giudice imparziale' dispone che 'Ogni persona i cui
diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione
siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi
a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente
articolo' (comma primo)" e che "Ogni persona ha diritto a
che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed
imparziale, precostituito per legge".
3
Cfr. l'articolo "Però evitiamo che diventi un luogo comune"
di Luigi Ferrarella in Corriere della sera del 29 gennaio
2012 ove si leggono le parole del Presidente della Corte d'appello
di Milano, dott. Giovanni Canzio che, in occasione dell'inaugurazione
dell'anno giudiziario 2012, ha precisato quanto segue: "L'efficacia
da recuperare non sta nell'emettere una decisione qualunque,
tanto per fare uscire il fascicolo dall'ufficio e abbellire
le statistiche, ma una decisione di qualità, in un termine
ragionevole, e sulla base di un apprezzamento equo delle circostanze.
Dove anche il tempo adeguato per studiare il caso non è un
lusso, ma è come il computer o le tabelle organizzative: una
necessità".
4
Cfr. il richiamo alla qualità fatto dal Presidente della Corte
d'appello di Milano, dott. Giovanni Canzio, cit. alla precedente
nota 3.
5
Come ha avuto occasione di affermare l'avv. Prof. Angelo Giarda
nel corso di relazione al convegno del 26.3.2011 in Milano
(Convegno in tema di mobbing e stalking organizzato dall'Osservatorio
sulla legalità e sui diritti i cui abstract possono leggersi
nel sito dell'Osservatorio stesso) "Le legislazioni future
si ricordino che il processo è il momento fondamentale del
diritto".
6
Per qualche ulteriore riflessione in proposito richiamo il
mio articolo in http:\www.osservatoriosullalegalita.org/11/acom/06giu1/0101gsinjus.htm
7
Cfr., ad esempio, l'articolo "I tribunali del nostro Paese
tra gli ultimi al mondo: siamo peggio del Vietnam" di Anna
Maria Greco in Il fatto del 29 gennaio 2012 in cui si legge
che "9 milioni sono i fascicoli arretrati che restano in stand
by per le lungaggini della giustizia. Ci costano, solo per
il civile, 96 miliardi"; cfr. l'articolo "Triplicati arretrati"
in TelevideoRai del 26 gennaio 2012 in cui si legge "In
20 anni è triplicato lo stock delle cause civili arretrate...Questo
emerge dall'ultimo rapporto Eurispes sull'Italia del 2012.
Il motivo principale della lentezza della giustizia civile
nazionale (…) è l'altissimo numero delle cause iscritte a
ruolo ogni anno..."; cfr. articolo "La giustizia italiana
e la sua inefficienza" di Piero Ostellino in Corriere del
Canton Ticino del 2 febbraio 2009. Quest'ultimo ha avuto occasione
recentemente, nel corso di conviviale rotariana (presso il
Rotary Club Milano Settimo) del 21 giugno 2012 di affermare
che dal 2009 ad oggi vi è stato un "peggioramento" rispetto
alla situazione descritta dallo stesso autore nel predetto
articolo.
*
avvocato, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
Dossier
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