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21 settembre 2010
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Legalita' e famiglia : evoluzione della tematica familiare 2
di Mauro W. Giannini*

Nel corso della seconda giornata dei lavori sono intervenuti fra gli altri il presidente dell'Osservatorio, Rita Guma, e l'avv. Gianfranco Calderazzo, cassazionista.

Guma ha parlato di etica e famiglia, analizzando tre aspetti del tema:

- la famiglia come luogo di coltivazione dei valori e di trasmissione di valori in una societa' che mostra invece - grazie alla tv ed agli esempi dei politici - modelli di successo facile o peggio di successo ottenuto con la prevaricazione e l'illegalita'

- l'etica della professione per quegli operatori che affiancano la famiglia o componenti di essa nel momento della separazione e del divorzio, fra la tentazione di esasperare il conflitto e la protezione dei minori e del futuro necessario dialogo fra genitori nell'interesse dei figli

- le famiglie di fatto, cui diverse sentenze della Corte di Cassazione - sentenze che il presidente dell'Osservatorio ha analizzato da un punto di vista dei principi etici richiamati - aprono molti spiragli con definizioni di famiglia che citano soltanto il legame di reciproca assistenza fra le persone e non gia' il legame giuridico fra esse (1)

L'avvocato Lanfranco Calderazzo, del foro di Catanzaro, si e' soffermato invece sul tema: “L’attuale sistema anagrafico del cognome: un privilegio o un giusto riconoscimento al valore della paternità?” sul quale ha suggerito spunti di riflessione notando che esso desta notevole interesse non solo fra gli Operatori del Diritto, ma anche fra la cosiddetta società civile.

Calderazzo ha ricordato che la tematica dell’eventuale aggiunta del cognome materno non nasce ora, ma la prima proposta di Legge risale al 1979 ed a ricordarlo al Legislatore è la Suprema Corte di Cassazione che, nell’ordinanza n.23934 del 22 settembre 2008, torna sull’argomento, riaffermando che i tempi sono maturi per cambiare il sistema del cognome paterno: "Secondo i Giudici di legittimità, l’attuale sistema confligge con numerose Convenzioni Internazionali, segnatamente con il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, che vieta 'ogni discriminazione fondata sul sesso'. In verità, dalla lettura del cennato provvedimento - ha rilevato l'avv. Calderazzo - non è dato ben comprendere se i Giudici della Suprema Corte propendano per l’aggiunta del cognome materno a quello paterno, o, addirittura, per la sostituzione del cognome del padre con quello della madre, soluzione –tale ultima- che, non solo a mio sommesso avviso, integrerebbe un’evidente, inammissibile discriminazione in danno della figura genitoriale paterna. Fatto sta che il Supremo Collegio, chiamato a decidere se il figlio, sull’assenso del padre e della madre, potesse assumere il solo cognome di tale ultima, ha, sia pure interlocutoriamente, definito 'a rima obbligata' la soluzione nell’ipotesi, appunto, di totale intesa fra i coniugi nell’attribuire al figlio il cognome materno".

L'avv. Calderazzo a poi ricordato che la prima proposta di legge che prevedeva la sostituzione del cognome paterno con quello materno fu presentata nel 1996, venendo definita una “stravaganza”, mentre dieci anni dopo la Corte Costituzionale, con sentenza n. 61 del 2006, ha, fra l’altro, rilevato “che l’attuale sistema di attribuzione del cognome non è più coerente con i principi dell’ordinamento, ed, in particolare, con l’art. 3 della Costituzione e con gli orientamenti del Diritto Internazionale, ed ha, pertanto, anch’essa invocato l’intervento del Legislatore”.

Un interessante panoramica svolta dall'avv. Calderazzo su usi e leggi dei paesi europei ha mostrato che in Spagna, dove era in uso l’attribuzione al figlio del cognome paterno seguito da quello materno –fermo restando che solo il primo veniva trasmesso alle generazioni successive- la legge 5 novembre 1999 n.40 ha stabilito che il padre e la madre possono accordarsi sull’ordine dei cognomi da dare al primogenito, ma resta ferma la trasmissibilità del solo cognome paterno, "il che ha suscitato forti critiche per l’incompleta realizzazione del principio di uguaglianza", mentre nella Repubblica Federale Tedesca, i coniugi possono optare tra la scelta di un cognome di famiglia –che può essere il cognome di uno solo dei coniugi, al quale l’altro coniuge può scegliere di aggiungere il proprio- ovvero il mantenimento dei rispettivi cognomi, prevedendosi, in questa seconda ipotesi, che essi possano concordare, all’atto della nascita del primo figlio, quale dei loro cognomi attribuire alla prole. In Francia, solo da qualche anno i genitori possono scegliere il cognome da attribuire al figlio tra quello paterno o quello materno, ovvero attribuire entrambi i cognomi nell’ordine da loro stabilito, un sistema –questo- vigente, invece, da molti anni in Inghilterra e nel Galles, dove i genitori possono addirittura attribuire al figlio un cognome diverso dai loro.

Qui da noi, invece, ha notato Calderazzo, "il problema è rimasto irrisolto, pressoché nell’indifferenza popolare", ed è, quindi, ora che "attorno alla detta questione si avvii un serio confronto di idee". A giudizio del cassazionista, "se, per un verso, può affermarsi che il sistema anagrafico vigente ha, in un certo qual modo, sin qui costituito –forse- un privilegio per il padre, per altro verso, non va sottaciuto, che ogni ipotesi di revisione del diritto di famiglia, che si sta gradualmente elaborando, prefigura 'il padre del terzo millennio', un genitore, cioè, proteso a rafforzare la sua presenza presso i figli, un padre che vuole riappropriarsi di un ruolo che sin qui non ha svolto, spesso delegandolo alla consorte, o che non ha svolto appieno, con il risultato che i figli –che poco o per nulla- si sono relazionati con un siffatto padre, risentono di immaturità, spesso pongono in essere comportamenti dissociali o, addirittura, fatti/reato, hanno generalmente disprezzo per la figura paterna, difettano –soprattutto- di riferimenti e, nei casi meno gravi, allorché diventano adulti, sono insicuri, hanno scarsa autostima e mancano di quel 'quid' che spinge ognuno di noi a 'mettersi in gioco', in un contesto di sana competizione".

L'avvocato ha ricordato che stiamo assistendo, da un certo tempo, "ad un nuovo approccio, ad una diversa, sostanziale ridefinizione del rapporto padre-figlio all’interno della famiglia, nella quale –qui la novità- i genitori dividono equamente la responsabilità dei figli, tutto ciò tendendo ad un equilibrato sviluppo psico-fisico della prole, nella diversificazione e complementarietà dei ruoli fra uomo e donna. Orbene, se già in un’ottica di fisiologica evoluzione del rapporto matrimoniale stiamo registrando una rinnovata, spiccata sensibilità della figura paterna nella quotidiana gestione del contesto familiare, perché mai si dovrebbe –proprio ora- delegittimarsi la figura paterna, accostando al cognome di questi quello della madre del piccolo".

Ma anche nei momenti di crisi matrimoniale - a giudizio del casszionista - al precipuo fine di accrescere proprio il senso di paternità, mantenendo, per così dire, inalterata l’architettura familiare, l’accogliere il cognome materno accanto a quello del padre potrebbe condurre ad un disimpegno del padre stesso nella fase di concreta realizzazione delle responsabilità genitoriali, a tali ultime colpevolmente sottraendosi nel convincimento, magari errato, di essere stato esautorato nel suo ruolo anche all’esterno, nel contesto sociale, sicché quel che potrebbe apparire un vacuo segno distintivo, un’etichetta, cioè il cognome, vale, invece, a mantenere salde –anche sotto tale profilo psicologico- le dinamiche interne della famiglia. La trasmissione del cognome da padre a figlio rappresenta, infatti, un simbolo di appartenenza spirituale di continuità, di identità ed auto-definizione, la cui scomparsa potrà avere un effetto dirompente sul fragile rapporto tra padri/figli".

In definitiva, ha concluso Calderazzo - il cui intervento ha suscitato l'interesse del pubblico con alcuni interventi interlocutorii - "prima di valutare le numerose soluzioni che –da più parti- si propongono, da quelle più tradizionaliste ad altre, che oserei definire provocatorie ed oltranziste, occorre prioritariamente individuare un criterio che –da una parte- tenga conto dei rilievi e pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Cassazione, ai quali abbiamo già fatto cenno, nonché dei Trattati Internazionali, del Consiglio d’Europa e delle esperienze di altri Stati, per altro verso, comprenda che il mutato, pregnante ruolo della figura paterna nella famiglia italiana, come recepito nella più recente normativa (si pensi all’affido condiviso) fa sì che non venga stravolto l’assetto attuale, distruggendo un istituto millenario, come il lignaggio paterno, sulla valenza del quale possono –forse- comprimersi gli opposti, peraltro ben legittimi, interessi femminili".

(1) leggi l'intervento

< prima parte

continua giovedi'
(ci scusiamo per il ritardo, dovuto a motivi tecnici:
l'ultima parte dell'articolo sara' pubblicata entro ven 24 settembre)

* si ringraziano Rita Guma e Angela Parrinello

per approfondire...

Dossier giustizia

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