2 agosto 2007

 
     

Repubblica del Congo : stupri , la tragedia di cui non si parla
di Gabriella Mira Marq

Non semplici violenze sessuali, ma una sorta di morte fisica e civile, con danni permanenti indotti dalle sevizie fisiche e psicologiche, gravidanze indesiderate dovute ai rapporti forzati e il conseguente allontanamento delle donne dalle loro comunita'. Questo il destino di migliaia di vittime della Repubblica Democratica del Congo nella denuncia proveniente dalla prof.ssa Yakin Ertürk, relatore speciale del Consiglio dei diritti dell'uomo ONU sulle violenze contro le donne e le loro cause e conseguenze. L'esperta ha parlato di "violenze sfrenate", poiche' le aggressioni a scopo sessuale sono sistematiche e sono perperate dai gruppi ribelli armati, dall'esercito regolare, dalla polizia nazionale congolese e dai civili.

Il Paese, colonizzato dai Belgi e poi passato sotto la dittatura di Mobutu, e' ancora travagliato dal conflitto (solo tra il 1998 e il 2002 si sono avuti oltre 3,3 milioni di morti e circa 3 milioni di sfollati). Nel 2003 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha inviato una forza multinazionale di pace nel Nord-Est della RDC, (10.800 caschi blu della Missione dell'ONU per il Congo - MONUC - dispiegati in Ituri, nel nord Kivu e nel Sud Kivu). La presenza dei caschi blu ha reso le condizioni di sicurezza relativamente stabili fino al dicembre 2004, anche se e' emerso proprio fra questi lo scandalo 'sex for food', sempre relativo a violenze su donne e ragazze. Da allora continuano a svilupparsi tensioni e combattimenti, battaglie e saccheggi ancora non definitivamente controllabili ne' dalla forza ONU ne' da quella governativa.

Nella provincia meridionale di Kivu si registra la crisi piu' grave dal punto di vista della violenza sessuale sulle donne, dato che solo nei primi sei mesi di quest'anno sono stati registrati 4500 stupri, numero ovviamente sottostimato, perche' la maggior parte delle vittime vivono in zone inaccessibili o hanno paura di denunciare o non sono sopravvissute alla violenza. Sembra che la maggior parte di tali violenze siano perpetrate da stranieri appartenenti a gruppi armati non governativi. Un certo numero di loro membri sembra siano stati implicati nel genocidio del confinante Ruanda e poi fuggiti nella RDC.

Questi gruppi vivono nella foresta, effettuano dei raid nelle comunita' locali, saccheggiano, stuprano le donne e le ragazze e le sottopongono a lavoro forzato. Le atrocita' perpetrate da questi gruppi armati - denuncia la relatrice ONU - sono di una brutalita' inimmaginabile che supera la violenza e impone la schiavitu' sessuale con la distruzione fisica e psicologica completa delle donne. Le poverette sono costrette a subire violenze di gruppo spesso davanti alle loro famiglie e comunita'. In numerosi casi, i parenti maschi sono forzati con minaccia armata a violentare le loro stesse parenti, madri o sorelle. Frequentemente le donne sono colpite ai genitali dopo lo stupro.

Le donne sopravvissute a mesi di schiavitu' hanno raccontato alla professoressa Ertürk che i loro tormentatori le avevano forzate a mangiare gli escrementi o la carne umana dei parenti assassinati. L'ospedale di Panzi, un'istituzione specializzata a Bukavu (Kivu), riceve annualmente circa 3500 casi di donne che soffrono di fistola ed altre lesioni genitali gravi derivanti dalle atrocita' sessuali. Una ragazzina di 10 anni ricoverata all'ospedale e che era stata rapita insieme ai suoi genitori e' stata operata d'emergenza perche' i suoi brutalizzatori le avevano piantato un bastone negli organi genitali.

Non solo le forze armate governative hanno mostrato di non poter arrestare le atrocita' nella regione, ma sono anch'esse, insieme alla polizia nazionale congolese e ad altre forze di sicurezza statali, autrici di violenza sessuale. Nel Kivu meridionale e nell'Ituri, circa il 20% di tutti i casi di violenza sessuale sarebbero commessi dal FARDC e dal PNC. Anzi, le unita' del FARDC starebbero deliberatamente designando le comunita' civili ritenute sospette di fiancheggiare i gruppi armati per saccheggiarle e, in alcuni casi, prendere i civili come bersaglio per omicidi. I soldati e la polizia - secondo Erturk - si ritengono al di sopra della legge. Questi atti pero' in base al diritto internazionale sono crimini di guerra e, in alcuni casi, crimini contro l'umanita'.

Secondo l'Alto Commissario per i rifugiati dell'ONU, il portoghese Antonio Guterres - che parlo' di "un livello intollerabile di violenze sessuali nella zona orientale del Congo", dove l'UNICEF ha contato 25.000 stupri in un anno - "nella Repubblica Democratica del Congo le forze armate sono parte del problema della sicurezza", risultando "un fattore di violazione dei diritti umani". Guterres ritiene che l'esercito locale non riceva il suo salario e quindi per finanziarsi metta in atto azioni violente che hanno come prime vittime donne e minori.

Ma la violenza sessuale commessa dalle forze di sicurezza dello Stato non si limita alle zone di conflitto armato ad est del Paese. Il problema - nota Eturk - e' esacerbato dal fatto che il processo di integrazione della ex-milizia nelle forze armate normali non richiede alcun meccanismo per escludere i perpetratori delle violazioni piu' gravi dei diritti dell'uomo. Nella provincia di Equateur, la relatrice ONU e' stata scossa nello scoprire che PNC e FARDC rispondono frequentemente ai tumulti civili con operazioni armate organizzate che designano la popolazione civile come bersaglio, con il saccheggio indiscriminato, le torture e gli stupri, anche su ragazzine.

Anche le violenze sessuali commesse dai civili sono in aumento. Alcuni di questi crimini sarebbero commessi dai miliziani smobilitati che in genere non sono sottoposti ad un processo di reinserimento e riabilitazione psicosociale. Secondo Erturk, "la violenza contro le donne sembra essere percepita da grandi settori della societa' come normale". In un paese ricco di risorse come la Repubblica Democratica del Congo (che possiede giacimenti di oro, diamanti, uranio, cobalto e rame, noche' legnami pregiati e gomma arabica), la poverta' e' diffusa e le donne ne sopportano sproporzionatamente il carico.

A giudizio della relatrice ONU, all'uguaglianza delle donne, allo sviluppo socio-economico e al cambiamento della mentalita' di genere deve essere data priorita' come componenti integranti del processo di ricostruzione, se nel Paese deve essere realizzata una pace sostenibile e giusta. Come punto di partenza, l'Assemblea nazionale puo' svolgere un ruolo chiave intraprendendo riforme legislative di base. Il codice della famiglia, per esempio, dichiara le donne inferiori e subordinate al marito. Mentre la nuova Costituzione prevede la parita' di genere, una legge che ne metta in pratica l'articolo 14 sulla parita' deve ancora essere promulgata.

Nel luglio 2006, il Parlamento congolese ha approvato la legge sulla soppressione della violenza sessuale, che prevede pene rafforzate e procedure criminali più efficaci, ma di fatto le autorita' hanno fatto poco per mettere in pratica la legge e l'impunita' e' generalizzata, soprattutto se i perpetratori portano l'uniforme, dato che funzionari di altro grado intervengono per ostacolare le indagini. Secondo Erturk, il sistema della giustizia della RDC e' in uno stato deplorevole, sono diffusi la corruzione e le interferenze politiche nel processo giudiziario. Sono eccezioni condanne esemplari come quella comminata dal tribunale militare di Ituri nel febbraio 2007, quando 15 ufficiali e soldati sono stati condannati in relazione ad un massacro nel villaggio di Bavi. L'ufficiale in comando e' stato condannato al carcere a vita.

Il sistema penitenziario pero' e' - a detta di Erturk - "scandaloso" e costringe i direttori delle prigioni a far uscire i detenuti per ragioni umanitarie. Ma spesso si tratta di fughe favorite da qualche notabile mentre si e' in attesa di processo o dopo la condanna. Nell'aprile 2006, per esempio, il tribunale militare di Mbandaka ha condannato sette ufficiali del FARDC per i crimini contro l'umanita' per lo stupro di almeno 200 donne e ragazze nel dicembre 2003 in un villaggio e li ha condannati alla prigione a vita, ma tutti e sette i perpetratori da allora sono fuori della prigione, lasciata dalla maggior parte di essi in circostanze dubbie.

Ma anche dopo essere sfuggite ai loro aguzzini o persino averne ottenuto la condanna, le donne e le ragazze stuprate e maltrattate hanno un destino orribile. Molte vittime di violenza sono infatti rifiutate dalle loro stesse comunita' per lo stigma dello stupro e lottano per non morire di stenti. Il problema e' complicato dal fatto che la maggior parte delle superstiti affronta problemi medici e psicologici gravi come l'AIDS. Anche i figli della violenza sono un altro aspetto della tragedia.

Gruppi di funzionari locali, societa' civile e operatori dell'ONU hanno lanciato programmi che provano a fornire alle vittime il supporto medico, psicosociale, legale ed economico necessario, tuttavia i mezzi finanziari - raccolti con donazioni internzionali - sono limitati. In pochi casi i tribunali hanno ordinato ai responsabili delle atrocita' e allo Stato di pagare modesti risarcimento alle vittime ma, denuncia Erturk, ad oggi il governo non ha risarcito una sola vittima fra quelle che hanno sofferto violenze sessuali per mano degli agenti.

La relatrice ONU Yakin Ertürk si appella alla Comunita' internazionale perche' si adoperi per la cessazione delle violenze sulle donne nel Paese. Oltre agli strumenti giuridici internazionali, un modo pratico per intervenire fu indicato l'anno scorso proprio da Guterres, il quale chiese alla comunita' internazionale di finanziare i salari delle forze armate locali per migliorare la sicurezza delle donne e dei bambini.

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