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NEW del 18 maggio
2006
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Analisi
ANM su impatto modifiche ordinamento giudiziario 3.2. Il secondo effetto: la permanente insicurezza degli operatori della giustizia. Accanto alle previsioni razionali e fondate su dati obiettivi relative all'impasse della giurisdizione disciplinare vanno collocati altri effetti negativi che si riverberano sull'intero sistema di giustizia. Dal nuovo sistema disciplinare deriverà un effetto complessivo di permanente insicurezza di tutti gli operatori della giustizia, costantemente esposti a denunce disciplinari e ritorsioni tanto più temibili quando provengano da soggetti agguerriti e potenti. I magistrati hanno già mosso - in più occasioni e in più scritti - critiche puntuali e specifiche al nuovo codice disciplinare e segnatamente ad alcune norme che regolano gli illeciti disciplinari in termini di vaghezza tale da vanificare del tutto la "tipizzazione". A queste critiche si accompagna un allarme particolarmente acuto per la pretesa di introdurre nel nostro ordinamento un vero e proprio diritto disciplinare dell'apparenza, di contenuto oggettivamente intimidatorio ed in radicale contrasto con ogni regola in tema di "sanzioni". Nel codice disciplinare figura infatti una norma di chiusura che qualifica come illecito disciplinare "ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza". Vi è qui un punto su cui occorre fare chiarezza. Da cattedre autorevoli - e segnatamente da Presidenti della Repubblica della statura morale e politica di Pertini, Scalfaro e Ciampi - è stato più volte ripetuto che il magistrato non deve solo "essere" ma anche "apparire" imparziale. Dall'accettazione di un siffatto insegnamento si debbono trarre due conseguenze. La prima è che ogni magistrato deve essere il primo e il più geloso custode della sua immagine di imparzialità in tutte le occasioni della vita sociale e professionale. La seconda è che la legge può intervenire in forme e modi specifici per assicurare l'immagine di imparzialità dei magistrati, precludendo loro il compimento di determinate attività che - sulla base di una ragionevole valutazione preventiva del legislatore - potrebbero farli "apparire" non imparziali agli occhi della generalità dei cittadini e degli utenti della giustizia. Da un lato, dunque, sta l'impegno personale e morale a tutto campo del magistrato affidato alla sua intelligenza e sensibilità; dall'altro la legittimità di norme puntuali, dirette a salvaguardare particolari "apparenze", indispensabili per garantire la fiducia dei cittadini nell'esercizio imparziale delle funzioni giudiziarie. Ma la confusa e generica norma di cui si parla annulla i confini delle due diverse sfere e - in luogo di specifiche previsioni disciplinari riguardanti altrettanto specifiche attività lesive della immagine di imparzialità - sembra legittimare in termini generali un vero e proprio "diritto disciplinare dell'apparenza" ispirato alla pretesa di misurare qualsiasi condotta del magistrato non solo sul piano della realtà effettuale ma anche sul terreno meramente simbolico dell'apparenza. Una statuizione inaccettabile perché consente di presentare esposti disciplinare e di avviare procedimenti non sulla base di dati di fatto oggettivi ma sulle percezioni soggettive di condotte dei magistrati. 3.3. Il pericolo di burocratizzazione delle funzioni giudiziarie. Infine, per effetto del nuovo sistema di giustizia disciplinare, si profila il pericolo di una potenziale e gravemente nociva "burocratizzazione" delle modalità di esercizio delle funzioni giudiziarie giacchè molti magistrati potrebbero essere sospinti da un regime disciplinare pervasivo e onnipresente verso la ricerca di regolarità formali e di conformismo giurisprudenziale anche a discapito della tempestività ed efficacia dei provvedimenti adottati. L'obiettivo della ragionevole durata del processo, già compromesso dai numerosi provvedimenti legislativi che hanno profondamente alterato e rallentato procedure collaudate ( come il giudizio penale di legittimità), verrebbe reso così reso ancora più problematico dal fatto che i magistrati saranno chiamati a svolgere le loro delicate funzioni in un contesto istituzionale che contempla la promozione di azioni disciplinari nei loro confronti come un evenienza del tutto fisiologica e li lascia esposti a pressioni di ogni genere. Questi pericoli sono aumentati dal ruolo del tutto anomalo che nel procedimento disciplinare è attribuito al Ministro della Giustizia. La vastità e la pervasività dei poteri ministeriali nell'ambito del procedimento disciplinare ( oggetto di critiche puntuali in tutti gli scritti sulla nuova procedura ) fanno infatti del Ministro l'agile, potente e irresponsabile protagonista della procedura disciplinare, capace di essere presente negli snodi decisivi del procedimento e al tempo stesso libero dal peso gravoso dell'istruzione e costantemente al riparo dalle smentite provenienti dagli eventuali esiti negativi dei giudizi disciplinari. 4. L'impasse della formazione professionale dei magistrati. Nell'ordinamento italiano la formazione professionale dei magistrati riveste una particolare importanza alla luce del complessivo assetto costituzionale dell'ordine giudiziario. I principi di autonomia e di indipendenza, di esclusiva soggezione alla legge, funzionali a garantire - nell'ambito di un policentrismo istituzionale e di un bilanciamento dei poteri in un articolato sistema di pesi e contrappesi - l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge comportano che l'unica fonte di legittimazione dei magistrati sia la loro professionalità. Esiste, quindi, una stretta connessione tra la libertà di giudizio del magistrato da ogni influenza interna o esterna e la potestà di organizzarsi al di fuori di condizionamenti, e l'adeguatezza professionale del magistrato, senza la quale l'indipendenza diverrebbe privilegio. La competenza del C.S.M. nel settore della formazione professionale dei magistrati, pur non esplicitamente affermata nell'art. 105 Cost., si è ormai affermata da oltre trent'anni nell'ordinamento vivente soprattutto mediante l'istituzione di un'apposita commissione, coadiuvata da un Comitato scientifico, composto da magistrati, professori universitari, anche esercenti l'attività di avvocato, attraverso la creazione di una rete di formatori decentrati su tutto il territorio nazionale, tramite l'adesione e la partecipazione alla Rete europea di formazione giudiziaria, la collaborazione con il Consiglio d'Europa e la Commissione europea e, infine, la collaborazione con le altre Scuole europee e la stipula di appositi accordi bilaterali in tale settore con organismi stranieri. E' alla luce di questa premessa generale che vengono formulate le osservazioni di seguito illustrate, finalizzate a mettere in luce le più macroscopiche problematiche interpretative ed applicative. 4.1. Le carenze ed i silenzi della normativa sulla organizzazione della Scuola. La Scuola, dotata di autonomia contabile, giuridica, organizzativa, funzionale, articolata in due sezioni, l'una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari l'altra all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati e comprensiva di una sede centrale e di sedi decentrate in numero non superiore a tre è composta da tre organi: a) il comitato direttivo; b) il presidente; c) il Comitato di gestione. Richiamate qui tutte le considerazioni critiche già svolte in altre sedi sull'assetto e sulle finalità (prevalentemente selettive e burocratiche e non formative) della Scuola, sulla non equilibrata composizione del comitato direttivo, sulla negativa separatezza dell'organismo rispetto al circuito dell'autogoverno, in questa sede si concentra l'attenzione sulle carenze relative ai profili organizzativi della nuova struttura e sull'incidenza del sistema dei corsi sull'attività giudiziaria. In quest'ottica si osserva che - con riguardo ai comitati di gestione - manca nella nuova normativa qualsiasi specificazione in merito: a) alle categorie professionali tra le quali può essere operata la scelta dei componenti; b) alle modalità di designazione del presidente, speculare a quello del comitato direttivo; c) all'eventuale proporzione tra magistrati ordinari e altre figure ( omissione, questa, che appare foriera di ulteriori possibili ricadute negative, tenuto conto del fatto che gli atti della Scuola incidono sullo stato dei magistrati e sono rilevanti ai fini delle promozioni e dei trasferimenti, materie completamente riconducibili all'art. 105 Cost. e riservate alla competenza esclusiva del C.S.M.). Particolarmente rilevante appare la lacuna in ordine al numero di magistrati destinati a comporre la sezione destinata alla formazione iniziale, se si considera che le finalità principali del tirocinio sono l'inserimento professionale dell'uditore, vincitore di un concorso esclusivamente teorico, spesso privo di precedenti esperienze professionali. E', inoltre, da sottolineare l'assoluta inadeguatezza numerica dei membri dei membri dei singoli organi della Scuola, tenuto conto: a) per la formazione iniziale, del numero medio dei vincitori del concorso di uditore e delle cadenze annuali del bando di concorso stabilite dalla legge delega; b) per la formazione permanente, del livello di complessità raggiunto dall'azione formativa sin qui erogata dal Consiglio nella consapevolezza che la professionalità non costituisce solo un criterio fondante la selezione, ma rappresenta lo strumento primo per la realizzazione della soggezione soltanto alla legge, che costituisce a sua volta la base della legittimazione democratica dei magistrati. 4.2. Segue : l'attività didattica. Nella normativa non è poi contenuto alcun riferimento alla formazione decentrata che, soprattutto negli ultimi anni, ha costituito l'esperienza più ricca e feconda e che, anche negli ordinamenti stranieri (v. ad esempio la Francia) costituisce la struttura portante, costituendo un'occasione di immediata e costante sensibilizzazione alle esigenze della qualificazione professionale. Il potere di ammissione ai corsi attribuito ai Comitati di gestione configge con il loro ruolo strumentale e subordinato rispetto al Comitato direttivo, implicando scelte generali e di carattere ampiamente discrezionale, che possono avere significative ricadute sulla vita professionale del singolo magistrato alla luce della stretta connessione tra partecipazione alle attività formative e articolazione della carriera. Non è precisato il livello di autonomia didattica e scientifica dei Comitati di gestione rispetto al Comitato direttivo che ha proceduto alla designazione dei loro membri. Non sono, infine, chiarite, rispetto all' istituzione di sedi a competenza interregionale, le concrete modalità di funzionamento dei Comitati di gestione nella prospettiva di assicurare il doveroso coordinamento delle attività, un adeguato livello di efficienza, opportunità formative di pari livello per i discenti, la più ampia collegialità e il massimo pluralismo. 4.3. L'assoluta inadeguatezza della organizzazione rispetto ai compiti. Il numero dei componenti del Comitato direttivo e del Comitato di gestione appare inoltre assolutamente sproporzionato rispetto alla complessità del loro impegno. Dalle nuove disposizioni risulta che la Scuola deve garantire: a) la partecipazione (obbligatoria) di ogni magistrato ad un corso di aggiornamento almeno una volta ogni cinque anni; tenuto conto del fatto che i magistrati in servizio sono attualmente 9.219, ogni anno dovranno partecipare ai corsi almeno 1844 magistrati; b) i corsi per i magistrati che intendano passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa; c) i corsi per le valutazioni periodiche di professionalità al compimento del tredicesimo, ventesimo, ventottesimo anno dall'ingresso in magistratura, che interesseranno presumibilmente altri 900 magistrati circa ogni anno; d) i corsi per i vincitori del concorso per titoli e esami abilitanti al conferimento di funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado o di legittimità; e) i corsi per accedere alle funzioni direttive di primo e di secondo grado, giudicanti o requirenti, nonché per le funzioni direttive giudicanti e requirenti di legittimità; f) le sessioni di tirocinio per gli uditori giudiziari (in media 300 ogni anno); g) i corsi per la formazione di magistrati stranieri organizzati nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria (è ragionevole ritenere che 'attuale media di settanta magistrati per ogni corso non potrà essere mantenuta, tenuto conto delle finalità valutative degli incontri). Sotto altro profilo la previsione di attribuire ai Comitati di gestione il compito di individuare, presso ciascun ufficio giudiziario, i magistrati affidatari appare contraria a qualsiasi criterio di razionalità e di efficienza sotto molteplici profili: a) la mancanza di organiche informazioni sulla vita professionale dei singoli magistrati, di cui è unico depositario legittimo il C.S.M.; b) l'assenza di compiuta conoscenza, da parte di un organismo centrale al di fuori del circuito dell'autogoverno che si avvale dell'insostituibile ruolo dei Consigli giudiziari, della realtà dei singoli uffici giudiziari; c) l'impossibilità di ovviare con tempestività alle eventuali modifiche del piano di tirocinio locale alla luce di sopravvenuti impedimenti di singoli affidatari; d) l'esiguità del numero dei membri dei Comitati di gestione e la molteplicità dei compiti ad essi affidati. Nella medesima ottica è irrinunciabile il ruolo dei magistrati collaboratori, che nella concreta esperienza, si è rivelato fondamentale per assicurare agli uditori un costante punto di riferimento in merito ad ogni necessità del tirocinio, per stimolare il loro apporto propositivo, per garantire le necessarie forme di coordinamento anche dell'opera dei singoli affidatari, per favorire la circolarità delle esperienze sulla base di un metodo formativo ispirato alla massima dialettica e al pluralismo dei valori e delle idee, per acquisire ogni utile fonte di conoscenza sulla base della quale formulare attendibili giudizi di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie. L'omesso coinvolgimento dei Consigli giudiziari, espressione dell'autogoverno in sede locale e titolari di delicate e insostitubili attribuzioni in tema di valutazione dei magistrati, introduce un'evidente e irrazionale asimmetria rispetto ad altre parti della legge delega, che perseguono chiaramente l'obiettivo di valorizzare il ruolo e le attribuzioni dei Consigli giudiziari nella formulazione dei pareri relativi alla professionalità dei magistrati. 4.4. Formazione della magistratura onoraria. La legge nulla stabilisce in ordine alla formazione della magistratura onoraria. Si tratta di una lacuna normativa grave, tenuto conto del ruolo della stessa, dei molteplici criteri di selezione e nomina, dell'apporto della magistratura onoraria. 4.5. Il problematico finanziamento del nuovo sistema. E' prevista l'autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale della Scuola, ma non quella finanziaria, tant'è che le risorse finanziarie sono poste a carico del bilancio del Ministero della giustizia. E' di intuitiva evidenza che, affinché la Scuola possa adeguatamente svolgere i molteplici e complessi compiti che le sono attribuiti, sono indispensabili alcune precondizioni: a) una sede adibita all'ospitalità dei magistrati, partecipanti a corsi dalla significativa durata di quattordici giorni, e degli uditori, destinatari di un'azione formativa ancora più prolungata; b) attrezzature didattiche idonee (sala per auditorium, aule destinate ai lavori di gruppo, alle esercitazioni, alle simulazioni di casi pratici, attrezzate anche da un punto di vista informatico e telematico, aule destinate alle attività formative di magistrati stranieri o alle altre iniziative previste dalla legge delega in attuazione di accordi internazionali, predisposte con impianti per la traduzione simultanea); c) biblioteca idonea, indispensabile in particolare per lo svolgimento delle prove dei corsi "abilitanti" e per gli stages riservati agli uditori; d) personale amministrativo qualitativamente e quantitativamente adeguato: al riguardo la previsione di sole cinquanta unità appare irrisoria, avuto riguardo ad analoghe esperienze straniere; basti pensare, ad esempio, che in Spagna la sola Scuola per uditori giudiziari può contare su 120 amministrativi. La copertura finanziaria per l'anno 2006, contenuta nello schema di decreto legislativo, appare del tutto sproporzionata e inadeguata rispetto alle attribuzioni della Scuola e agli obiettivi che essa dichiaratamente intende perseguire, tenuto conto delle analoghe esperienze maturate in Paesi stranieri a noi vicini (Francia e Spagna). E' da segnalare che: a) tra le spese di impianto non sono previsti né l'allestimento di camere né di una mensa; b) per i docenti si fa riferimento ai costi di 10 docenti per corso per 60 corsi ( standard attuale dei corsi del C.S.M. articolati su 5 sessioni per totali due giorni e mezzo), omettendo di considerare che i corsi residenziali hanno mediamente una durata quindicinale per espressa previsione normativa; c) per le spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti è omessa la voce "indennità di missione" che in corsi di lunga durata è certamente dovuta; d) è omessa l'individuazione del numero di corsi cui si riferisce l'impegno di spesa (si evince che forse dovrebbero essere 60, considerata la previsione per i docenti); e) la previsione di spesa (€ 1.291.142,25) è di gran lunga inferiore a quella contenuta nel bilancio di previsione del C.S.M. (€ 4.922.730,70 circa, di cui € 1.011.782,80 come spese di viaggio e € 3.910.947,80 per le restanti spese) per 48 corsi di formazione permanente, 5 corsi aggiuntivi, 4 sessioni monotematiche, i corsi per il tirocinio ordinario e mirato di due concorsi. Appare, pertanto, indispensabile un'attenta riflessione sulla copertura finanziaria che si fondi su una relazione tecnica dettagliata, basata su dati previsionali che tengano conto del progetto di Scuola perseguito, avvalendosi, eventualmente, dell'esperienza di strutture analoghe (ad. es. Scuola del personale civile del Ministero degli interni, Scuole francesi o spagnole della magistratura). Soluzioni compromissorie o pasticciate sotto questo punto di vista sono destinate a costituire un fattore di sicuro insuccesso con conseguenze facilmente prevedibili sulla professionalità dei magistrati e sulla qualità del lavoro giudiziario. NOTE (2) Decreto legislativo 23 febbraio 2006 n.109 *"Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica alla disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio dei magistrati, a norma dell'art.1, comma 1, lettera f) della legge 25 luglio 2005 n.150".* Pubblicato sulla G.U. del 21-3-2006 n.67. Entra in vigore il 19-6-2006 ai sensi dell'art.32 dello stesso decreto. (3) Tabella: Numero dei rapporti ed esposti pervenuti negli anni 2003-2004-2005 e pendenti al 28 febbraio 2006. PERVENUTI 2003 2004 2005 TOTALI RAPPORTI 763 642 557 1962 ESPOSTI 710 463 536 1709 PENDENTI AL 28/2/2006 RAPPORTI 559 ESPOSTI 473 Questi sono i dati del disciplinare. DISCIPLINARE 2003 2004 2005 TOTALI SOPRAVVENUTI 136 146 136 418 ASSOLUZIONI NEL MERITO 31 43 55 129 DICHIARAZ. NON LUOGO A DIBATTIMENTO 37 31 43 91 ESTINZ. PER CESSAZ. DALL'ORD. GIUDIZIARIO 10 12 10 32 CONDANNE 26 18 30 74 INIZIO AZIONE DISCIPLINARE 130 114 85 329 Roma, 13 maggio 2006 Il Comitato Direttivo Centrale _____________________________ * Il documento base è frutto della discussione del gruppo di lavoro cui hanno collaborato Margherita Cassano, Bruno Di Marco, Bruno Giangiacomo e che è stato coordinato da Nello Rossi. La parte relativa al sistema di mobilità è stata redatta da Bruno Giangiacomo, quella relativa alla formazione da Margherita Cassano, quella relativa alla giurisdizione disciplinare da Nello Rossi che ha curato anche il necessario coordinamento formale dei diversi contributi
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