NEW del 15 settembre 2006

 
     

La "legge Consolo" per la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile
di Federica Mancinelli

5. Le Mutilazioni Genitali Femminili nel contesto internazionale
L'opera internazionale per contrastare ed abolire l'abitudine a tali pratiche prende il via concretamente solo in questo secolo, grazie agli sforzi di Organizzazioni femminili africane. La Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite sollevò il problema nel 1952, ma solo nel 1984 l'ONU creò un Comitato Interafricano contro le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini" (IAC), con sede a
Dakar. Dai primi Anni '90 le MGF vengono riconosciute dalla comunità internazionale come una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine.

Nel contesto internazionale la condanna della pratica delle MGF si articola in tre dimensioni: la tutela dei Diritti Umani, dei diritti della Donna e dei diritti del Bambino (13). Le Nazioni Unite condannano la pratica delle MGF facendo inizialmente riferimento all'Art. 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 ("Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a punizioni crudeli, inumane o degradanti") fino alla solenne Dichiarazione di Ginevra del 1997, promulgata da tre Agenzie dell'ONU - il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia - dove per mutilazioni genitali femminili si intendono "tutte le procedure che comportano la rimozione parziale dei genitali esterni femminili o altri interventi dannosi sugli organi genitali tanto per ragioni culturali che per altre ragioni non terapeutiche".

In Africa (dove le MGF vengono praticate in tutti i Paesi) da oltre vent'anni molti Stati hanno intrapreso un'opera di discussione e prevenzione per il superamento di tali pratiche, elaborando leggi e strumenti preventivi che conducano ad un reale cambiamento di mentalità individuale e sociale. Il primo Gruppo di lavoro venne costituito nel 1977 da 20 Organizzazioni Non Governative aventi status consultivo per l'ONU. Da allora si sono succedute occasioni di incontro e di studio che hanno avviato un dibattito ormai continuo su questi argomenti e sull'entrata in vigore di leggi che proibiscano tali pratiche14. In particolare alcuni Paesi, come il Burkina Faso, l'Egitto e il Togo hanno vietato per legge le MGF (in Burkina Faso e in Egitto esse non sono pù praticate neanche secondo il diritto consuetudinario) (15).

In Europa, l'attenzione verso questo problema nasce all'inizio degli Anni '70 fino a concretizzarsi nel 1980 con l'apertura dela Conferenza di Copenhagen sulla Donna ed il parallelo Forum di Organizzazioni Non Governative in cui delegate statunitensi ed africane si scontrarono e confrontarono vivacemente sul tema. Nei decenni successivi la risoluzione di questo problema è diventata sempre più necessaria ed urgente, a causa dell'intensificarsi dei flussi migratori provenienti dall'Africa verso il Vecchio Continente, con l'aumento di richieste, da parte dei genitori immigrati, di poter effettuare mutilazioni genitali sulle proprie figlie nelle strutture sanitarie pubbliche.

Il Consiglio d'Europa assimila le mutilazioni genitali femminili alle pratiche di tortura, facendo esplicito riferimento all'Art. 3 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali" del 1950 ("Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti") (16).

La Svezia è stato il primo Paese, nel 1982, a dotarsi di una disciplina specifica in materia, seguita nel 1998 dalla Norvegia. La Legge svedese proibisce "operazioni sulle parti esterne dei genitali femminili che hanno lo scopo di mutilarli o di produrre altri danni permanenti". In Gran Bretagna, nel 1985 è entrato in vigore il "Prohibition of Female Circumcision Act", ai sensi del quale è un crimine "praticare l'escissione o mutilare in altro modo, interamente o parzialmente, le grandi labbra o il clitoride di un'altra persona". In Germania il Tribunale Amministrativo di Oldenburg è recentemente ricorso alla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951, accogliendo il ricorso di una cittadina del Togo, permettendole di non essere espulsa dal territorio tedesco, con la motivazione che la condizione di una donna obbligata a subire delle mutilazioni puo' essere considerata una vera e propria persecuzione (17).

La Francia è l'unico Paese europeo dove si sono celebrati processi contro gli esecutori di pratiche di mutilazione sessuale, non essendo però presente nell'ordinamento giuridico interno una Legge specifica in materia, basandosi gli organi giudiziari sull'Art. 222 del Codice penale che punisce genericamente le "mutilazioni" fisiche contro natura.

A testimonianza che le MGF non sono una tradizione della religione e della cultura islamica, significativa e importante è la Dichiarazione di Rabat del 2005, a conclusione della prima Conferenza Islamica dei Ministri incaricati, che invita tutti gli Stati musulmani a "prendere le necessarie misure per eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti delle ragazze e tutte le pratiche tradizionali nocive, come la mutilazione genitale femminile", sottolineando che queste pratiche sono contro i precetti e la tradizione dell'Islam. Ai Governi è stato chiesto di "promulgare ed attuare leggi adeguate, fare dei programmi nazionali e delle strategie per proteggere le ragazze".

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17 La Convenzione di Ginevra del 1951 garantisce protezione a chi teme di essere perseguitato nel proprio Paese e, quindi, sottopsto a trattamenti lesivi della propria libertà personale e dei propri diritti fondamentali a motivo della sua appartenenza ad un gruppo etnico, politico o religioso e della sua particolare situazione sociale. In base ad una corretta interpretazione dlla Convenzione di Ginevra il caso del fondato timore di sottoposizione all'infibulazione è sicuramente riconducibile alla nozione di persecuzione .

Speciale diritti

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