NEW del 05 dicembre 2006

 
     

Corte UE su tariffe professionali italiane : avvocati soddisfatti
di Gabriella Mira Marq

Con una sentenza depositata stamane, la Corte di Giustizia delle Comunita' europee si e' pronunciata in tema di tariffe professionali forensi italiane, un punto caldo del dibattito fra governo e avvocatura dall'introduzione del decreto Bersani.

La decisione era quindi attesa dall'Avvocatura italiana, che - come sottolinea una nota del Consiglio nazionale forense - "confidava in un pronunciamento che tenesse finalmente in debito conto le esigenze della qualità e della garanzia delle prestazioni professionali, dopo una stagione di liberalizzazioni incontrollate e di scarsa concertazione".

In Italia – in base ad una disposizione del 1933 – i compensi degli avvocati sono fissati sulla base di criteri determinati con una delibera del Consiglio nazionale forense e approvati dal Ministro della giustizia, sentiti il CIPE e il Consiglio di Stato, e che riguardano il valore delle controversie, il grado dell'autorita' adita e la durata dei procedimenti. Per ciascun atto o serie di atti la tariffa stabilisce un limite massimo e un limite minimo degli onorari. Ogni patto in deroga e' nullo e al momento della liquidazione degli onorari solo l'autorita' giudiziaria puo' eventualmente, con provvedimento motivato, valicare il limite massimo o minimo delle tariffe.

Ma secondo la Corte UE, il divieto italiano assoluto di derogare ai minimi tariffari stabiliti per gli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione di servizi che puo' essere giustificato qualora sia motivato da "ragioni imperative di interesse pubblico quali gli obiettivi di tutela dei consumatori e di buona amministrazione della giustizia, qualora le restrizioni non siano sproporzionate rispetto agli obiettivi". Tuttavia la Corte ha concluso che non si puo' rimproverare all'Italia di imporre o favorire la conclusione di accordi contrastanti con le norme sulla libera concorrenza o di rafforzarne gli effetti, o di imporre o favorire abusi di posizione dominante o di rafforzarne gli effetti.

Secondo la Corte, poi, il divieto di derogare convenzionalmente agli onorari minimi rende effettivamente più difficile l'accesso degli avvocati stabiliti all'estero al mercato italiano dei servizi legali, privandoli della possibilità di effettuare, attraverso la richiesta di onorari inferiori a quelli tariffari, una concorrenza più efficace nei confronti degli avvocati stabiliti in modo permanente in Italia, limitando la scelta dei destinatari di tali servizi.

Tuttavia i giudici europei sottolineano che gli obiettivi della tutela dei consumatori (destinatari dei servizi legali) e della buona amministrazione della giustizia possono essere ritenuti motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi, sempre che il provvedimento nazionale sia adeguato a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e che non superi la soglia necessaria per raggiungerlo.

La Corte affida tale valutazione al giudice del rinvio, il quale, a tal fine, dovra' necessariamente prendere in considerazione alcuni elementi:
• se vi sia una relazione tra il livello degli onorari e la qualità delle prestazioni fornite dagli avvocati e se, in particolare, la determinazione di onorari minimi permetta di raggiungere gli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia. Per quanto concerne il mercato italiano - che, osserva la Corte, e' caratterizzato da un numero di avvocati estremamente elevato - la tariffa potrebbe consentire di evitare una concorrenza che possa tradursi nell’offerta di prestazioni al ribasso, con il rischio di un peggioramento della loro qualità.
• l’asimmetria informativa tra i 'clienti-consumatori' e gli avvocati, dato che questi ultimi dispongono di un elevato livello di competenze tecniche che i consumatori non necessariamente possiedono, incontrando quindi difficolta' a valutare la qualita' dei servizi loro forniti.
• la possibilità di raggiungere in altro modo tali obiettivi, in particolare attraverso regole professionali relative agli avvocati (organizzazione, qualificazione, deontologia, controllo e responsabilità).

Il Consiglio nazionale forense commenta l sentenza esprimendo soddisfazione "nel vedere finalmente considerati, anche a livello europeo, gli importanti argomenti spesi dagli avvocati italiani nel chiedere, nei mesi scorsi, concertazione e riforme ragionate dell'ordinamento professionale".

Secondo il CNF, "i recenti provvedimenti nazionali si basavano sull'indimostrato assunto, oggi smentito dalla Corte, che l'eliminazione di qualsiasi regolazione fosse imposta dal diritto comunitario e si traducesse invariabilmente ed automaticamente in vantaggio per il cittadino/consumatore", mentre i giudici comunitari hanno ribadito che la presenza di tariffe minime e' legittima e hanno osservato che le esigenze di tutela del consumatore e di 'buona amministrazione della giustizia', cui é funzionale la previsione delle tariffe minime, possono prevalere sui principi della libera prestazione dei servizi.

Il Consiglio nazionale forense nota che "la Corte ha ammesso che, in linea di principio, il mantenimento di minimi tariffari inderogabili possa essere strumentale a garantire la qualità delle prestazioni" ed ha anche dato atto "che il sistema tariffario italiano possa giustificarsi (come altre misure regolamentari) in virtù dell'asimmetria informativa che caratterizza un settore complesso come quello dei servizi legali".

Infine l'organizzazione dell'Avvocatura sottolinea "che la Corte dimostra di accogliere un'accezione ampia della professione, senza introdurre, in relazione all'applicabilità delle tariffe, distinzioni tra attività giudiziale e consulenza".

Speciale Europa

Speciale giustizia

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