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NEW del 12 giugno
2006
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Carceri
: indulto o amnistia ma entro una riforma della giustizia Le aspettative sono necessarie e vanno incoraggiate; esse sono i mattoni utili per la costruzione della casa sociale, altresì, indispensabili per l'evoluzione dell'essere umano. Vanno, tuttavia, ricondotte alla ratio della possibile e concreta realizzazione, giammai disattese…, ancor più, non avanzate come mero strumento di seduzione…, pena la forte riprovazione verso la fonte. Finito l'agone politico dell'ultima tornata elettorale, insediato il novello Esecutivo, stiamo assistendo ad una ridda di dichiarazioni o, meglio, ad una diatriba su come affrontare il problema dello sfoltimento delle carceri italiane. Il problema è veramente da risolvere ed un intervento del neo guardasigilli è, quantomai, opportuno. La sua posizione, tuttavia, è necessario rifugga il populismo o le false illusioni, specie se c'è il reale rischio di colpire chi vive nel disagio. Procedere per un atto di clemenza nei confronti dei detenuti significa avanzare in un campo minato, un terreno sicuramente irto di difficoltà, poiché afferente al pianeta giustizia. In un terreno, dicevo, così periglioso, è necessario agire con buon senso e sicuramente con proposte serie, ben valutate e, pena la riprovazione, concretamente realizzabili. La semplice proposta dell'indulto e/o amnistia, da sola, risulta essere inadeguata e fuorviante per la risoluzione del problema. In questo, sicuramente non è d'aiuto il 'via libera' da parte del Vaticano che, per bocca del Capo dei Cappellani delle Carceri, monsignor Giorgio Caniato, giudica "assai favorevolmente" l'iniziativa e si augura che "possa andare avanti" spero solo, ha aggiunto Caniato, "che almeno stavolta non si voglia illudere il mondo carcerario". In verità, le dichiarazioni del prelato rischiano di passare come una presa di posizione superficiale, poiché non supportata da una visione a 360° o, meglio, da un progetto integrato. Nella stessa maggioranza di governo è scoppiata la polemica; Di Pietro ha invitato Mastella - a cominciare dalla testa invece che dalla coda e a pensare ad una serie di atti per far funzionare la giustizia -, quindi, con il chiaro monito ad occuparsi prima della riforma della giustizia e poi dell'amnistia. In tal contesto, non aiuta nemmeno la dichiarazione resa al quotidiano LA STAMPA da parte del Sottosegretario alla Giustizia avvocato Luigi Li Gotti; egli, nell'intervista di Flavia Amabile, del 4 giugno 2006, ha espressamente detto che "per le riforme è necessario tempo. Per un indulto è necessario soltanto studiare gli istituti da escludere, ed è fatto" ; egli stesso ammette: "Sì, le carceri sono un'emergenza. Bisogna occuparsene subito. … abbiamo avviato degli studi sull'impatto dell'amnistia, dell'indulto e dell'ex-Cirielli per capire quanto si modificherà la popolazione carceraria". In questo dire, appare, senza equivoci di sorta, la mancanza di un chiaro progetto; in tal senso, forse, è opportuno tacere. L'amnistia e l'indulto non sono certamente provvedimenti che possono risolvere i problemi della giustizia, ma solo a differirli, sono un palliativo. I casi precedenti di interventi di questo tipo, ed in generale i dati, dimostrano che, dopo pochi mesi la loro applicazione, il problema del superaffollamento delle carceri riemerge in tutta la sua gravità. Lo stesso Mastella, in una sua lettera al quotidiano Repubblica, ha precisato "E' del tutto ovvio, poi, che un atto di clemenza non possa 'risolvere i problemi delle carceri'… non è solo problema dei detenuti … riguarda gli agenti di polizia penitenziaria, il cui lavoro è improbo …". Egli, in questo caso, ha dimenticato che i "ristretti" non sono "seguiti" soltanto dagli agenti, ma, anche, da diverse "alte professionalità" che si occupano di tutta una serie di interventi istituzionali, in particolare dell'osservazione scientifica della personalità 'intra-moenia', finalizzata alla formulazione del programma di trattamento del detenuto (art. 13 legge 354/75 - Ordinamento Penitenziario), quali assistenti sociali, psicologi ed educatori ed altrettanti assistenti sociali e psicologi dell'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, che intervengono nella gestione della pena in misura alternativa 'extra-moenia'. Essi sono professionisti che, in una situazione numerica assolutamente inadeguata, quotidianamente intervengono per cercare di studiare e porre in essere atti concreti per dare risposte e sostegno, utili ad arginare situazioni multiproblematiche di disagio. Una soluzione di clemenza perché sia efficace è necessario sia parte integrante di un progetto ben più ampio. Certamente, con la popolazione carceraria di circa 62.000 ristretti, gli istituti di pena, che ne possono contenere poco più di 40.000, sono al collasso. Un provvedimento 'liberatorio', tuttavia, accompagnato da un minore controllo dei flussi migratori, sarebbe un provvedimento inutile; facile prevedere che l'arrivo in Italia di un gran numero di persone, prive di un lavoro, finirebbe per fornire manodopera alla criminalità organizzata, con la conseguenza che le carceri tornerebbero a riempirsi in tempi brevissimi. E', pertanto, inderogabile intervenire sulla legislazione vigente, poiché lo scorso anno sono entrati circa 9.700 stranieri, responsabili solo di violazioni alle norme sull'ingresso in Italia. E', altresì, indispensabile mettere mano alla legge ex-Cirielli che ha aumentato le pene per i recidivi e ha precluso loro la possibilità di ricorrere alle misure alternative. E' necessario, ancor più, una soluzione di riforma che operi con una giustizia veloce, equa ed efficace, arrivando a leggi che permettano di giudicare più rapidamente le persone rinviate a giudizio e/o condannate in primo grado. Bisogna individuare tutta una serie di reati per i quali comminare una pena eseguita con il lavoro sociale. Per ultimo, tuttavia, non per minore importanza, anzi, è necessario dare più valore e visibilità al sistema delle misure alternative, prevedendo il potenziamento dell'organico, al fine di porre in essere e sedimentare progetti e percorsi rieducativi mirati che, coinvolgendo in un sistema di rete, tutti i settori del tessuto territoriale di pertinenza (Enti Locali, volontariato, associazioni no-profit, ecc.), siano tesi a provvedere e seguire con controllo e sostegno i condannati, indirizzandoli verso stili di vita armonici, in regola con la normativa ed il comune sentire sociale. Diversamente, ogni ipotesi di clemenza è destinata ad un altro fallimento, utile soltanto da grancassa propagandistica. *Dottore in Scienze del Servizio Sociale, Master Specialistico in Criminologia, devianza e sistema penitenziario ___________ NB:
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