NEW del 11 novembre 2005

 
     

Le modifiche costituzionali e i diritti dei cittadini
di ANM

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Infine l'Associazione Magistrati esprime preoccupazione per le possibili ricadute della devolution sul godimento e la possibilita' di rivendicazione da parte dei cittadini dei diritti relativi alla giustizia sociale e sull'effettivita' dell'uguaglianza fra i cittadini stabilita dalla prima parte della Costituzione.

4. La modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione (Le Regioni, Le Province, I Comuni) e la tutela giurisdizionale dei diritti sociali.
Nel dibattito pubblico che si è sviluppato sul progetto di riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione (Le Regioni, Le Province, I Comuni) vi sono state differenti valutazioni tanto sulla incisività ed efficacia delle soluzioni istituzionali contenute nelle nuove norme quanto sul rapporto (di sostanziale continuità o di rottura) che intercorre tra il disegno riformatore proposto dalla attuale maggioranza e la revisione costituzionale attuata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Senza entrare nel merito di tali differenti valutazioni basterà qui ricordare che alla legge costituzionale n. 3 del 2001 sono riconducibili l’equiparazione di Stato e Regioni nella “potestà legislativa”, l’attribuzione alla potestà legislativa regionale di un contenuto ampio e residuale rispetto all’intervento statale in via esclusiva od a quello di legislazione concorrente e l’introduzione del potere sostitutivo del Governo per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. In altri termini é a questa riforma che si deve il ribaltamento di prospettiva, costituito dall’attribuzione del potere legislativo per materia allo Stato anziché alle Regioni.

La riforma costituzionale che giunge ora al “secondo” esame del parlamento prevede nuove consistenti modifiche del Titolo V tra cui vanno sottolineate :
a) la cancellazione del riferimento ai “vincoli derivanti ….dagli obblighi internazionali” come limite all’esercizio della potestà legislativa di Stato e Regioni (art. 117, primo comma, Cost.);
b) l’elencazione di materie nelle quali le Regioni hanno potestà legislativa esclusiva (art. 117, terzo comma, Cost.);
c) l’espressa menzione nel testo costituzionale della Conferenza Stato-Regioni operante “ per realizzare la leale collaborazione e per promuovere accordi ed intese” (art. 118, terzo comma Cost.);
d) l’introduzione della procedura di annullamento di leggi regionali ritenute pregiudizievoli per l’interesse nazionale (art. 127, commi secondo e terzo Cost.).

A fronte di tale ridefinizione del rapporto tra potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, occorre chiedersi se le modifiche al testo costituzionale incideranno ed in che termini su alcuni fondamentali diritti sociali e sulla loro tutela giurisdizionale. Particolare rilievo ai fini che qui interessano assume l’attribuzione alle Regioni della potestà legislativa “esclusiva” nelle materie indicate nell’art. 117 quarto comma, lett. a), b), c) e d) (assistenza ed organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse regionale, polizia amministrativa regionale e locale) cui fa seguito il riconoscimento della potestà legislativa esclusiva regionale in “ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato” (lett. e) ).

Qui sta il nocciolo duro della devolution italiana. Gli esiti ed i possibili sviluppi di questa peculiare devoluzione e le ricadute delle nuove competenze esclusive sulla “effettività” della tutela di diritti sociali sono oggettivamente assai incerti. C’è una prima alternativa possibile, la meno grave ed allarmante: che la peculiare “devoluzione” italiana significhi “solo” che nelle materie di competenza esclusiva, le Regioni saranno esenti dai vincoli dei principi fondamentali della materia ma continueranno ad essere sottoposte non solo ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario ma anche del rispetto della Costituzione. Rispetto della Costituzione che a sua volta implica tanto la conformità alla prima parte della Costituzione, contenente i principi generali, quanto l’osservanza delle competenze legislative esclusive dello Stato in una serie di ambiti quali la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili o la statuizione di norme generali sulla tutela della salute.

Ma c’è anche un’altra alternativa molto concreta e molto più preoccupante: che la competenza legislativa esclusiva attribuita alle Regioni in materia di “assistenza e organizzazione sanitaria” e di “organizzazione scolastica e formazione” venga interpretata ed attuata - sotto la spinta di fattori economici e di volontà politiche - come una realtà del tutto nuova e diversa rispetto alle altre competenze regionali (la competenza legislativa concorrente e la competenza legislativa residuale delle Regioni) ed autorizzi tanto la frantumazione dei sistemi sanitari e scolastici quanto forti differenziazioni di prestazioni nelle diverse regioni, nella indifferenza e nell’incuranza dei limiti istituzionali e costituzionali. Con il possibile corollario di diversi regimi di accesso alle prestazioni sanitarie o agli istituti scolastici per i residenti ed i non residenti in una determinata Regione, e con un corredo di preclusioni, di ostacoli, di discriminazioni del tutto ignote nell’ordinamento attuale.

In quest’ultimo caso ci si troverebbe di fronte ad una singolare prospettiva. “Federalismo” (o regionalismo forte) versus eguaglianza. “Federalismo” (o regionalismo forte) discriminatorio, contrastante con l’eguaglianza. E’ difficile dire sin da ora quale dei due scenari sarebbe destinato ad affermarsi ed a prevalere se la riforma costituzionale andrà in porto. Molto dipenderà dalla politica, dalla “costituzione materiale” cioè dal nucleo di forze sociali e politiche dominanti che si troverà a gestire il nuovo assetto ed il nuovo modello costituzionale. Ma già il fatto che su terreni così delicati e vitali come quello della salute e della istruzione questi scenari possano essere plausibilmente prefigurati dà una misura delle incertezze e delle inquietudini che il progetto alimenta. Ragionare tempestivamente su questi rischi e su questi pericoli è perciò particolarmente importante. In quest’ottica è indispensabile tenere unite le riflessioni e le preoccupazioni sulla sorte di fondamentali diritti sociali con le riflessioni e le preoccupazioni sulle nuove tensioni che potranno investire il giudiziario sommandosi a quelle già esistenti.

Nell’arco della storia repubblicana i giudici hanno assolto la funzione di garanti di ultima istanza del godimento, in condizioni di uguaglianza su tutto il territorio nazionale, di fondamentali diritti sociali, tra cui appunto il diritto alla salute ed all’istruzione. Se la riforma del Titolo V della Costituzione dovesse autorizzare la moltiplicazione dei sistemi sanitarie e scolastici e la diversificazione su base regionale dei regimi giuridici di accesso alle relative prestazioni verrebbe revocata in dubbio la stessa idea di uguaglianza “giuridica” dei cittadini sancita dal primo comma dell’art. 3 della Costituzione e relegato al rango di morta utopia il processo di realizzazione dell’eguaglianza di fatto delineato dall’art. 3 capoverso della carta.

Gli esempi potrebbero essere molti. Si pensi - sul terreno delicatissimo dell’assistenza sanitaria - alla possibile previsione di priorità di accesso per i residenti (rispetto ai non residenti) a centri sanitari di eccellenza a prescindere dalla oggettiva gravità delle patologie lamentate o, ancora, all’introduzione di sistemi di pagamento - o di contribuzione - fortemente differenziati esclusivamente sulla base del criterio della residenza o meno nella regione dei pazienti. Ed analoghi scenari potrebbero verificarsi sul terreno dell’istruzione, aggravati dalle forme di diversificazione culturale su base regionale rese possibili dal potere delle Regioni di definire la “parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione” (art. 117, comma 4, lett. c).

A fronte di questi possibili sviluppi non sarebbe azzardato ipotizzare l’emergere di contrasti profondi tra le garanzie contenute nella prima parte della Costituzione e le concrete modalità di erogazione dei servizi su base regionale e di correlata fruizione dei diritti. Un fronte di tensioni che chiamerebbe in causa direttamente la funzione del giudiziario e coinvolgerebbe giudici ordinari e giudice delle leggi in un confronto prevedibilmente assai aspro. Che non si tratti di mere ipotesi, di vaghe elucubrazioni è confermato da molti fattori: le dichiarazioni di forze politiche tanto chiassose quanto influenti, le preoccupazioni manifestate da molti studiosi, i timori nutriti da quella parte della popolazione che ha cultura, attenzione ed informazione sufficiente per immaginare il futuro possibile.


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