NOTIZIARIO del 10 marzo 2005

 
     

Giuliana Sgrena e Nicola Calipari sui giornali e sui blog del mondo
di Rita Guma e Giulia Alliani

Nicola Calipari e' parte del "costo umano della guerra americana con l'Iraq e della successiva occupazione". Ne' e' convinto il New York Times, che non aggredisce la nostra giornalista Giuliana Sgrena ne' rigetta la richiesta dell'Italia di conoscere la verita' sui fatti, come fanno invece parte della stampa USA e i blog d'oltreoceano con messaggi attribuiti ai soldati USA in Iraq.

Il 7 marzo sul New York Times, in un articolo da Baghdad, John Burns scrive che "La signora Sgrena e i suoi compagni non sono stati gli unici civili occidentali a trovarsi sotto il fuoco americano, secondo una serie di rapporti governativi non classificati che hanno avuto una circolazione estremamente ristretta ma di cui il NYT possiede copia. I rapporti parlano di almeno 6 incidenti da dicembre in cui soldati americani hanno sparato a veicoli che portavano occidentali nell'area dell'aeroporto".

Il New York Times dell'8 marzo pubblicava un editoriale sul fatto che la notizia della liberazione di Giuliana Sgrena e della morte di Calipari a Baghdad hanno fatto il giro del mondo. Il quotidiano statunitese ricordava che non si trattava dell'unica volta che il "fuoco amico" aveva sbagliato obiettivo e richiamava il caso verificatosi il 18 gennaio in cui una pattuglia USA vicino Mossul aveva ordinato lo stop ad un'auto che si avvicinava, ma i sei soldati avevano poi sparato all'auto e tutto intorno dopo solo alcuni colpi di avvertimento.

Il giornale riporta che Chris Hondros, un fotografo dell'agenzia Getty, disse che quando l'auto si era fermata, egli aveva potuto udire pianti e voci di bambini provenienti dall'abitacolo. Aperta la portiera, sei bambini, uno di soli 8 anni, erano crollati sul selciato grondanti sangue. I genitori di quattro dei bambini erano morti sui sedili di fronte, con i corpi crivellati di colpi. Di ritorno alla base, il comandante di compagnia aveva detto ai soldati che ci sarebbe stata un'indagine, ma che sarebbero state seguite le regole d'ingaggio, che permettono di sparare in caso ci si senta in pericolo.

A poche ore dalla messa in stampa dell'articolo del NYT, la Bulgaria lamentava l'uccisione di un suo militare, sempre colpito dal fuoco amico USA. L'autorevole quotidiano americano commentava che vi erano presumibilmente centinaia di altri casi simili, un sintomo del "costo umano della guerra americana con l'Iraq e della seguente occupazione", con soldati che "sparano prima, e poi si pongono domande".

Il giornale considerava ovviamente anche la ricaduta in termini di sofferenze psicologiche per i soldati americani coinvolti, quando scoprono di aver colpito civili e non kamikaze, nonche' gli effetti per l'immagine degli stessi Stati Uniti, immagine negativa che puo' anche essere usata dai terroristi. Il NYT afferma che questa "e' una responsabilita' di chi e' ai vertici della catena di comando - coloro che hanno scritto le regole d'ingaggio".

L'editorialista consiglia di studiare "le tecniche usate dagli altri, come i Britannici in Irlanda del Nord e gli Israeliani nei territori occupati" (ma anche in Israele sono emersi un centinaio di casi di errore, per i quali e' stata disposta un'inchiesta, ndr). Il giornale americano conclude che "nessuno di noi vuole che i nostri soldati siano uccisi da kamikaze che arrivano troppo vicino, ma nemmeno vogliamo che questi soldati debbano vivere per sempre sapendo di aver ucciso un eroico agente dell'intelligence o di aver stroncato i genitori di quattro bambini iracheni sotto i loro occhi per errore".

Ben altra reazione hanno avuto altri media. Nell'edizione del 6 marzo del programma della Cnn in cui Wolf Blitzer intervistava il consigliere del presidente Bush, Dan Bartlett, l'intervistatore - quasi offeso dalla richiesta italiana, chiedeva: "Dunque il presidente Berlusconi vuole che il presidente Bush gli consegni un rapporto completo?". Va tenuto presente che invece in passato la CNN sosteneva che i giornalisti venivano osteggiati dai soldati, al contrario di Fox News (Murdoch) che e' sempre pro-esercito e pro-Bush.

Nell'intervista, Blitzer aveva chiesto a Bartlett di parlare del "tragico incidente di venerdi' in Iraq che ha coinvolto la giornalista italiana Giuliana Sgrena". Il conduttore sottolineava che "ella scrive per il Manifesto, ed oggi ha scritto questo: 'Non era un checkpoint, ma una pattuglia... Non sappiamo da dove venissero gli spari, non avevamo incontrato altri checkpoint, prima. La nostra auto non viaggiava assolutamente a velocita' elevata' ".

Bartlett rispondeva che "Prima e dopo il presidente Bush, a nome del popolo americano, ha espresso le nostre condoglianze. E' un orribile incidente, uno fra tanti. Il presidente Bush ha personalmente chiamato il primo ministro Berlusconi .... per assicurare che c'e' un'ampia indagine per mettere in condizione di capire la realta' dei fatti di cui stiamo discutendo". Il consigliere di Bush giustificava poi l'accaduto: "Come sapete, in una situazione in zona di combattimento - in particolare questa strada verso l'aeroporto e' un'area nota per le autobombe - le persone devono prendere decisioni in una manciata di secondi ed e' criticamente importante che verifichiamo i fatti, prima di dare giudizi".

Blitzer e' tornato ad insistere: "E cosi' il premier Berlusconi vuole che il presidente Bush gli dia un rapporto completo?" Bartlett: "Beh, e' lo stesso presidente a volerlo. E' lo stesso presidente Bush che vuole un rapporto completo e dettagliato di quanto e' accaduto, e logicamente vuol essere sicuro di poterlo comunicare al suo collega".

Sempre alla CNN, un giornalista rivolgeva alcune domande ad un generale dell'esercito americano. Secondo questo generale, la giornalista italiana sosteneva di essere stata vittima di un agguato perche' - dopo avere criticato dalle pagine di un giornale comunista la guerra condotta dagli americani in Iraq - starebbe ora cercando di sfruttare la sua vicenda a fini politici.

Oggi Sgrena afferma di non aver mai detto di essere stata obiettivo degli Americani, ma di aver detto che sembrava un agguato, e si costitura' parte civile nel processo per l'omicidio di Calipari. Sul punto, invece, l'estrema sinistra parlamentare italiana chiede di non escludere dalle indagini questa ipotesi.

Tornando alle reazioni nel mondo, un giornale australiano del 9 marzo titolava il suo articolo "Punite le forze USA, chiedono gli Italiani" e - dopo aver illustrato la dinamica dei fatti desunta dalle dichiarazioni di Gianfranco Fini, sottolineava che dopo la sparatoria "due giovani soldati americani si erano avvicinati per guardare, ed avevano chiesto scusa ripetutamente". Il giornale da' conto del rapporto del Pentagono che accusa gli Italiani di non aver rispettato l'alt e non aver avvisato.

D'altra parte il Washington Post riportava questa ricostruzione: "La giornalista guidava nel buio e ad alta velocita' ed ha omesso, secondo i primi rapporti, di rispondere a numerosi avvertimenti". Il tentativo di delegittimazione e' evidente, come su parte della stampa italiana.

La stessa ricostruzione si trova in diversi messaggi di soldati statunitensi in Iraq che su vari blog commentavano in modo violento la vicenda delle Sgrena. L'Australian riportava il commento di alcuni soldati americani che "hanno usato i loro weblogs per lanciare insulti contro la signora Sgrena. In particolare uno di loro ha scritto: 'Per favore lasciate che la sua ferita vada in cancrena e fatela morire dopo lunga agonia'.

Nei blog i soldati americani si firmano con nick, quindi non e' possibile verificare se siano davvero soldati, se siano infiltrati o se si tratti della stessa persona che assume diverse identita' per confermare le sue tesi. Tesi che sono insultanti per la Sgrena, colpevole di aver rivelato con la sua vicenda una falla nel sistema di guerra USA e di averla fatta rimbalzare sui monitor di tutto il mondo, ma anche per gli Italiani o gli Europei in blocco, tanto che il gestore del blog - pur scettico sulle parole di Sgrena e solidale con i soldati USA perche' "in guerra queste cose accadono" - ha deciso di chiudere i commenti, trovando vergognoso e stupido che essi si siano tradotti in un confronto fra Paesi.

Su un altro blog di soldati USA - accanto ad un messaggio di cadetti americani che scrivono ai loro eroi in Iraq dicendo di ammirarli perche' combattono per la liberta' e di pregare per loro, avendo anche parenti che sono di stanza nel territorio iracheno - con riferimento alla vicenda di Calipari si legge anche questa frase di George Santayana da The Life of Reason, Volume I, 1905: "Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo".

L'intento del soldato che lo ha postato era quello di ricordare lo scarso sostegno che ebbero i soldati americani di ritorno dal Vietnam, ma noi troviamo che si possano applicare a molti altri aspetti della guerra in Iraq e di come e' stata ed e' gestita l'informazione su di essa.

Iraq: vittime non occidentali del fuoco amico

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Calipari: chiediamo giustizia e informazione