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NOTIZIARIO del 18
gennaio 2005
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Iraq
: liberato il Vescovo di Mossul resta la questione dei Cristiani I terroristi in Iraq non si fermano davanti a nulla: ieri con il rapimento del Vescovo Basile Georges, il Vescovo della città di Mosul nel Nord del paese, persona stimata da tutti, si è compiuto un'altro atto di violenza, anche se le agenzie di stampa hanno dato la notizia della sua liberazione. La città di Mosul è la terza città del paese con oltre 710.000 abitanti. Posta nel nord del paese, nel kurdistan iracheno, a poco meno di 110 km dal confine con la Turchia, Mosul e' attraversata dal fiume Tigri. Nelle vicinanze della città sorgeva un tempo l'antica Ninive, capitale dell'impero assiro. I suoi abitanti sono in maggioranza arabi. Agricoltura e sfruttamento dei pozzi petroliferi, di cui è ricca la regione circostante, costituiscono la ricchezza della città. Mosul aveva già subito massacri durante la guerra del Golfo, fu oggetto di sanguinosi scontri tra l'esercito di Saddam e i Curdi in rivolta nella primavera del 1991. I terroristi da quasi due mesi hanno presso di mira questa città uccidendo curdi, arabi e cristiani, e unico loro obiettivo è quello di fomentare l'odio tra questi etnie che vivano da anni senza problemi. Un mese fa mons. Petros Hanna Issa Al-Harboli il Vescovo di Duhok, nel Kurdistan aveva espressamente invitato tutti cristiani sparsi in tutta l'Iraq di tornare nei loro luoghi di origine. "Cristiani iracheni, tornate in Kurdistan", è l'appello di vescovo di Zakho e Duhok dei caldei nella regione del Kurdistan, che invita i cristiani che vivono in condizioni difficili a Baghdad e in altre zone del Paese a tornare nelle loro terre d'origine, ossia i villaggi abbandonati durante le persecuzioni del regime di Saddam Hussein. In un'intervista con il quotidiano curdo Xebat il mons. Harboli si rivolge anche alle ong internazionali, chiedendo loro "di tornare in Kurdistan per la ricostruzione dei villaggi cristiani e non cristiani distrutti durante quel periodo". Già alcune settimane fa alcuni leader religiosi avevano denunciato le forti pressioni e minacce agli 800.000 cristiani iracheni da parte di gruppi fondamentalisti islamici. Una buona maggioranza di cristiani sono originari del Kurdistan, che è una zona piuttosto stabile, e a livello politico sta facendo un certo apprendistato alla democrazia, anche se è solo agli inizi. I cristiani potrebbero far ritorno alle loro terre d'origine. Questa iniziativa potrebbe essere ancora di più incoraggiata dalle autorità locali del Kurdistan, come pure dalla gerarchia religiosa". Attualmente su una popolazione di 22 milioni sono circa 800.000 i cristiani iracheni, il 70 per cento appartiene alla chiesa cattolica caldea, mentre gli altri gruppi, assiri-nestoriani, siro-cattolici e siro-ortodossi, rappresentano ciascuno il 7 per cento dei cristiani di Iraq. * giornalista Kurdo iracheno.
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