NOTIZIARIO del 19 settembre 2004

 
     

Dell'Utri , non e' casellismo, e' storia
di Rita Guma

Nei suoi commenti dopo la sentenza di condanna in primo grado, Marcello Dell'Utri ha detto in sostanza di essere vittima del "casellismo" e che una caduta delle accuse mossegli a Palermo genererebbe una caduta del "pentitismo".

Ma Dell'Utri, tanto amante della cultura, dovrebbe studiare un po' la storia, quella d'Italia e quella della mafia. Scoprirebbe cosi' che le connivenze fra mafia e politica ci sono sempre state, come attestato documentalmente.

In molti periodi storici i politicanti ritennero che accordandosi con la mafia - e quindi accordando alla mafia un certo spazio d'azione - si ottenessero risultati in termini di ordine pubblico, cioe' non solo la mafia non avrebbe piu' commesso delitti per le quali l'autorita' fosse ritenuta responsabile di scarsa efficienza, ma addirittura avrebbe tenuto a bada la piccola criminalita' o gruppi che manifestavano disagio sociale e quindi sgraditi al potere.

Un esempio del primo caso e' il ministro Liborio Romano che nel 1860, all'arrivo di Garibaldi a Napoli, accolse nella polizia borbonica la camorra, offrendo una possibilita' di riscatto ai "migliori" di loro e servendosene per mantenere l'ordine pubblico. Un esempio del secondo caso e' la strage di Portella della Ginestra, il primo maggio - festa del lavoro - dove le vittime furono braccianti e l'autore del delitto il boss Salvatore Giuliano, che intervenne anche in campagna elettorale con manifesti apertamente schierati.

Il prof.Enzo Ciconte, studioso del fenomeno, asserisce che il potere politico talvolta si servi' della mafia, talvolta fu il contrario, e lo dice anche il procuratore Capo di Palermo Piero Grasso. Lo conferma indirettamente anche il procuratore Nazionale Antimafia Pier Luigi Vigna, quando dice che la mafia e' riuscita a stravolgere la fiducia della gente nelle istituzioni, poiche' in certe zone d'Italia "non esiste il diritto, ma il favore".

Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, sen. Roberto Centaro (FI), siciliano e gia' magistrato di Cassazione, fa poi espliciti esempi di interventi politici della mafia, come l'agevolazione dello sbarco americano in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, e parla di appalti truccati per le grandi opere.

Ora, resta un po' difficile da immaginare come sia possibile gestire i diritti dei cittadini (quindi i servizi) concedendoli come favori, o ottenere di truccare appalti di grandi opere senza che siano coinvolti amministratori e politici che quei servizi e quegli appalti dovrebbero garantire e gestire. E non a caso alcuni politici sono stati presi di mira ed uccisi (Piersanti Mattarella, Pio La Torre), in quanto non disponibili alle connivenze.

Quanto al pentitismo, i giudizi di esperti di ogni parte politica sulla necessita' dei pentiti e' unanime. Da Ciconte a Brutti, da Vigna a Grasso - e potrei citarne molti altri che essendo stati impegnati nella lotta al fenomeno mafioso hanno toccato con mano l'utilita' dei 'pentiti' - la normativa sui collaboratori di giustizia e' ritenuta necessaria, la loro funzione essenziale per minare alle fondamenta un ambiente basato sulle connivenze e l'omerta'.

Ed infatti decine di clan sono stati distrutti grazie alle dichiarazioni di quegli stessi pentiti che oggi vengono liberati dal carcere in forza di tale legislazione, legislazione che addirittura Centaro ritiene debba divenire parte integrante della legislazione italiana, e non essere piu' di emergenza. Certo un pentito potrebbe anche mentire, ma la sua affidabilita' viene misurata con diversi riscontri.

Dei pentiti si servirono anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tanto incensati dagli attuali esponenti governativi (e dalle TV di Berlusconi), due magistrati martiri che del "casellismo" dovrebbero essere considerati antesignani, essendo sempre stati convinti delle connivenze fra la politica e la mafia. Forse perche', appunto, non si tratta di "casellismo", ma di un aspetto logico e spesso evidente, in ogni luogo del mondo dove le organizzazioni mafiose pervadono l'intero tessuto della societa' e sopravvivono secoli.

Anche un bambino si accorgerebbe che in quei posti, se non c'e' qualcuno che si candida direttamente con i voti della mafia o si macchia di "concorso esterno in associazione mafiosa", c'e' almeno qualcuno che avrebbe il potere di opporsi ed invece si gira dall'altra parte. Se poi ne ottiene la pax sociale o qualche favore, si comprende anche perche'.

Speciale mafia e antimafia


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