NOTIZIARIO del 10 dicembre 2004

 
     

Libertà di stampa e pace : l' Africa non è tutta così ... nera
di Rico Guillermo

Un giornale locale per chi non ne ha nessuno, una radio per la pace fatta da un ex ribelle. Questi due progetti dell'Africa sconosciuta, realizzati rispettivamente in Sudan e in Uganda, Paesi nei quali la guerra civile e' una realta' quotidiana, eppure evidentemente si sente voglia di riscatto.

I giornalisti sono tre in Sudan e tre in Kenia. La redazione sudanese del giornale e' immersa nell'odore da cantina e nei nugoli di moscerini, e va ad energia solare, ma la buona volonta' e le idee sono tante. I reporter operano con cellulare via satellite, collegandosi dal profondo sud Sudan rurale all'editore a mille miglia lontano (nel vero senso della parola) nel vicino Kenia.

Il giornale pionieristico e' distribuito due volte al mese attraverso il travagliato sud Sudan. Originariamente scritto in Inglese, il Sudan Mirror ha celebrato il suo primo anniversario con una edizione in Arabo, un piccolo ma significativo segno di riconciliazione fra il sud cristiano, dove si parla in genere in Inglese, ed il nord, musulmano e di lingua araba.

Ma, che sia edito in Inglese o Arabo, cio' che conta e' che sia un giornale onesto ed indipendente, ed al momento a giudizio di alcuni missionari e operatori umanitari che lavorano nella regione, lo scopo sembra essere stato raggiunto. Infatti il giornale e' continuamente preso di mira dal governo per la sua autonomia, con accuse di favorire i ribelli.

E' proprio di un ribelle, invece, Kenneth Banya, la voce della radio ugandese che parla di pace.

Nel Paese, attraversato da una guerra civile forse fra le piu' sanguinose e violente al mondo, Banya, ex comandante dell'Armata della resistenza del signore (un gruppo di fanatici che dicono di ispirarsi al cristianesimo e terrorizzano, rapiscono, uccidono e violentano) cerca di persuadere gli altri ribelli a deporre le armi.

La radio per cui opera, con sede a Gulu, ha lanciato un anno fa la campagna "Torna a casa". Il programma radiofonico assicura ai combattenti ribelli (la maggior parte dei quali iniziati con la violenza a compiere atrocita') che essi non saranno uccisi se si arrenderanno all'esercito ugandese, e che nei loro villaggi sono ricordati e attesi con affetto.

Se in Ruanda, Congo e Costa D'Avorio la radio e' stata usata in diverse occasioni per incitare all'odio ed alla violenza, contribuendo nel primo caso alla morte di ottocentomila innocenti, la radio di Gulu, con il suo impegno quotidiano di pace, riscatta un mezzo nato per comunicare e far crescere, non per uccidere.

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