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NOTIZIARIO del 27
novembre 2004
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Riforma
: come togliere indipendenza al pubblico ministero Una cosiddetta riforma potrebbe limitare la liberta' d'azione del potere giudiziario. C'e' qualcosa che non va per il verso giusto quando i magistrati scioperano. Quelli italiani l'hanno fatto per 14 volte dopo la fine della seconda guerra mondiale, e tre volte da quando, nel 2001, e' tornato al governo Silvio Berlusconi, che si trova attualmente sotto processo con l'accusa di aver corrotto dei giudici. L'ultimo sciopero, durato un giorno, e'stato indetto questa settimana dall'Associazione Nazionale Magistrati (ANM), di cui fanno parte il 90% dei giudici e dei pubblici ministeri. In Italia sono entrambi considerati magistrati e appartengono alla stessa carriera. Il loro sciopero ha coronato una serie di proteste contro una legge di riforma dell'ordinamento giudiziario che sta per essere approvata in parlamento. Secondo l'ANM piu' dell'80% dei magistrati si sono astenuti dal lavoro. Le proteste, ripetute per la terza volta nel corso di questa legislatura, hanno perso mordente ed e' scemato l'interesse dei media, anche se le lamentele dei magistrati hanno raggiunto nel cuore i timori di molte persone a proposito del futuro dell'Italia governata da Berlusconi. Alcune obiezioni alla legge non sono chiare, altre ovvie. Giustamente la legge vieta ai magistrati di iscriversi a partiti politici. E li obbliga a scegliere se diventare giudici o pubblici ministeri cinque anni dopo la qualifica. Quest'ultimo provvedimento intende ridurre la possibilita' che nei processi si verifichi qualche collusione tra due dei suoi protagonisti che dovrebbero essere completamente indipendenti l'uno dall'altro. Anche gli avvocati hanno scioperato questa settimana, per ottenere una separazione ancora piu' netta tra pubblici ministeri e giudici. Ma i pubblici ministeri devono essere tutelati oltre che separati. E' vero che, certe volte, sono stravaganti e arroganti. Questo mese uno di loro, dopo che un giornalista aveva contestato la sua linea di indagini, gli ha inviato un avviso di garanzia per aver "aiutato e favorito" una serie di omicidi. La legge fara' dipendere la progressione in carriera dei pubblici ministeri dal superamento di esami e li obblighera' ad affrontare test psico-attitudinali: e questo e' giusto. Ma la parte della legge che ha provocato maggior sdegno sta nell'attacco che viene portato all'indipendenza dei pubblici ministeri nella loro nuova posizione separata. In un luogo corrotto come l'Italia la necessita' di avere dei magistrati inquirenti forti e autonomi e' proritaria rispetto al rischio di eventuali abusi. La legge concentrerebbe la responsabilita' dell'iniziativa nell'esercizio dell'azione penale nelle mani dei capi delle procure i quali, con il nuovo ordinamento, potrebbero diventare piu' carrieristi e sensibili all'influenza del potere politico. Essa inoltre estende i poteri del ministro della giustizia sia per quanto riguarda la riformulazione delle accuse nei confronti degli imputati che per i provvedimenti disciplinari nei confronti dei pubblici ministeri. Le preoccupazioni riguardo a quest'ultimo punto si sono aggravate negli ultimi giorni dopo che due pubblici ministeri impegnati nel processo a Berlusconi sono stati accusati anche dal ministro della giustizia di aver tenuto comportamenti illegittimi. Un'altra preoccupazione riguarda il futuro della lotta al crimine organizzato. Se la loro liberta' verra' limitata, i pubblici ministeri saranno veramente in grado di contrastare i mafiosi che potrebbero avere dei protettori negli ambienti della politica?
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Ma la separazione delle carriere nel diritto anglosassone non c'e' Psichiatri e psicologi contro i test psichici per magistrati
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