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NOTIZIARIO del 24
novembre 2004
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Giustizia
: riforma e sciopero , i luoghi comuni e i veri problemi L'81% dei PM del distretto di Palermo passerebbe alla magistratura giudicante qualora passasse la riforma dell'ordinamento giudiziario e 69 sostituti procuratori su 103 sono pronti a lasciare la procura. E' uno dei volti della magistratura che oggi sciopera - insieme, ma non in accordo con gli avvocati penalisti - dopo aver lanciato vari segnali al ministro Castelli, che questa riforma volle, sempre e fortissimamente volle. Il dato di Palermo, comunicato dalla Giunta distrettuale palermitana dell'ANM, e' un sintomo di una giustizia malata, ma anche di una giustizia dolente, dove gli altri poteri dello Stato rovesciano sui magistrati quotidianamente accuse, livore e propaganda negativa, e dove il dialogo, chiesto da tutti - a cominciare dal Capo dello Stato a finire agli avvocati, che pure lamentano l'esclusione dalla discussione lamentata dai magistrati - non si e' mai sviluppato. Non c'e' stato infatti in parlamento, dove l'opposizione si e' trovata spesso di fronte ad emendamenti blindati o alla fiducia. Non si e' sviluppato sui media, dove le varie parti in causa parlavano due lingue diverse e parlavano quasi sempre in "salotti" diversi (questo quando ai magistrati era concesso spazio, certo non lo stesso che al ministro o ai tanti avvocati del presidente del Consiglio). Non c'e' stato nel Paese, dove per lo piu' i cittadini, bombardati di messaggi sempre negativi, hanno mantenuto posizioni preconcette. Cosi' e' vero per quasi tutti che "i magistrati non pagano mai per i loro sbagli", ed alcuni ritengono che non siano "mai processati". E' vero che "e' colpa dei giudici" se i mafiosi testimoni di giustizia o gli assassini vengono scarcerati, se c'e' tanta criminalita', se i ladri di bagagli all'aeroporto non hanno fatto nemmeno un giorno di prigione. Ed un giudice che ritiene che l'uguaglianza stabilita dalla Costituzione e la laicita' dello Stato si possano tradurre nell'eliminazione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici, od un gip che - usando le parole di un testimone e coprotagonista dell'avventura irachena delle security guard - parla di "mercenari", vengono processati nelle istituzioni, sui media ed in strada.... senza che nessuno, giornalisti compresi, abbia letto le loro ordinanze. Ovviamente non e' vero che un giudice non paga mai. I magistrati vengono perseguiti disciplinarmente e in diversi casi condannati dal CSM o dalla Cassazione, come si evince dalle sentenze riportate su questo sito. In molti casi non hanno detto o scritto quello che loro pubblicamente si attribuisce e che diventa vero perche' l'ha detto il politico autorevole o la TV. In molti casi le motivazioni delle sentenze eclatanti chiariscono che il politico e' stato si' assolto, ma con la mafia ci andava pure a cena, mentre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non fu perseguito dopo, ma prima che scendesse in campo. Ma linciaggi morali e leggi castranti si moltiplicano. Intanto negli uffici manca la carta per scrivere, pero' a volte c'e' l'umidita', mancano i soldi per pagare gli stenotipisti e cadono i soffitti. I processi ai criminali ed ai potenti si chiudono con la prescrizione, perche' i primi non si fanno trovare dal notificatore, i secondi possono permettersi di pagare avvocati all'infinito, e questi, appunto, tirano in lungo all'infinito il processo. Se proprio sta per essere pronunciata la sentenza, si fa una bella leggina apposta, che fa andare il tutto in prescrizione. Si', forse suscitano scandalo alcune sentenze, ma anche perche' nessuno spiega ai cittadini (e qui e' la stampa ad avere una grave responsabilita') che per ogni "pentito" libero o con regime agevolato, decine di mafiosi vanno in galera e si smantellano interi clan mafiosi, come confermano il presidente della commissione parlamentare antimafia Roberto Centaro ed il capo della direzione nazionale antimafia Pier Luigi Vigna. Ed i magistrati stanno solo appplicando una legge dello Stato. Si', forse il presidente delle Camere Penali italiane Ettore Randazzo vorrebbe la separazione delle carriere dei magistrati, mentre Edmondo Bruti Liberati, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati chiede (oltre ad esprimere decine di altre necessita') l'opposto, ma tutti e due hanno ragione, in quanto ne' avvocati, ne' magistrati sono stati interpellati, per stilare questa riforma-rivoluzione. Si', forse i magistrati sbagliano perche' ogni tanto, esasperati, non la mandano a dire, mentre dovrebbero lasciare che siano gli organi preposti, come il CSM, e la societa' civile apartitica a difenderli. Sbagliano perche' si fanno spesso vedere in convegni con membri dell'opposizione, anche se d'altra parte (spesso per questioni di consensi, non per autentico interesse) solo questi vogliono dialogare con loro. Tuttavia, se i cittadini vogliono lamentare la lentezza dei processi, gli effetti assurdi delle leggi ed altri tristi primati giudiziari italiani, debbono ampliare un po' il loro sguardo, mirandolo ben piu' in alto che nell'aula di un tribunale. E se i cittadini vogliono continuare a potersi lamentare di giudici e politici esprimendo liberamente la propria opinione, devono accertarsi che la magistratura resti indipendente, altrimenti c'e' il rischio che il potere politico determini l'azione giudiziaria, rischio presente in questa riforma.
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I magistrati confermano lo sciopero con i penalisti
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