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NOTIZIARIO del 30
ottobre 2004
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Unione
europea : mai così unita , mai così divisa E' un momento importante ma contraddittorio, questo della firma del trattato per la Costituzione europea. 47 anni fa nasceva la Comunita' Economica europea, fondata su patti economici ma con in mente un ideale piu' alto. Oggi gli aspetti economici sono ancora predominanti, sia all'interno che all'esterno, ma si avvertono resistenze crescenti proprio mentre ci si avvia, teoricamente, verso l'Unione completa. Il motivo principe di questo fatto sta, probabilmente, nelle diverse caratteristiche dei governi europei, del parlamento e della Commissione Barroso che va a costituirsi. I governi dell'Europa storica, quella dei 15, sono per lo piu' conservatori, quindi nazionalisti, mentre il parlamento UE, appena eletto, e' nato come reazione dei cittadini al governo attuale, quindi con una maggior componente di solidarieta' a sinistra e di liberalismo autentico a destra. Inoltre in esso vi e' una componente di reazione agli effetti negativi (che pure ci sono stati, come in ogni azione della storia) del patto comune. Sono i codiddetti "euroscettici", non tantissimi, ma comunque significativi al momento del voto. Anche la commissione Barroso, essendo espressa dai governi, non si trova in sintonia con l'europarlamento, e di qui le incomprensioni. Chi e' fermamente per l'Europa non puo' che concordare con le considerazioni del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ed un'Unione forte non dovrebbe essere necessariamente in contraddizione con un piu' accentuato decentramento locale, dal momento che la Germania, la Spagna e la Gran Bretagna sono costituite da autonomie (pur con differenze), e che la Federazione svizzera sta seriamente pensando di aderire all'Unione, il cui rafforzamento reputa oggi un vantaggio per se stessa. Il problema e' che i punti in agenda si stanno trasformando da quelli originari in altri che non possono presagire evoluzioni positive verso una reale unione. Dimentichi dei molti scopi citati dal presidente Ciampi, la pace, la stabilita', la lotta alla poverta', il dialogo culturale, i governanti incentrano la loro attenzione sui temi dell'immigrazione e del terrorismo, che hanno in poco tempo stravolto la politica europea, condizionandola pesantemente. Si e' fatta la scelta del riccio: chiudersi. Dal punto di vista strategico e culturale si e' scelto di reagire, non di agire, di respingere, non di gestire, di sottolineare la paura, non di mostrare sicurezza. Ma se solitamente questo tipo di azioni uniscono (ed infatti Bush e tanti altri prima di lui ne hanno fatto ampio e strumentale uso) nel caso dell'Europa si ottiene l'effetto opposto, in quanto, non essendo ancora realmente amalgamata dal punto di vista culturale ed umano, e non essendo unita dal punto di vista istituzionale, invece di fungere da fattore di coesione per l'Europa, le paure finiscono con l'unire maggiormente i singoli Stati al proprio interno, e gli accordi si raggiungono solo piu' per tenere "fuori" gli altri, quindi sull'immigrazione e sulla lotta al terrorismo (necessaria, ma non sufficiente). Di reale crescita e di cittadinanza europea non se ne parla, o almeno non concretamente. Se nella Costituzione europea sono previsti un solo ministro degli esteri, un presidente che resti in carica per oltre due anni, un commissario per ogni nazione ed il diritto di iniziativa popolare, di fatto la politica recente ed a breve termine dei Paesi europei e' unica solo per le azioni difensive. Oggi c'e' una Europa Unita con un unico trattato costituzionale, con un unico parlamento, con un unico Consiglio dei Ministri ed una commissione sola. Tuttavia il Consiglio e la Commissione vanno in contraddizione con il parlamento, e sulla neonata Costituzione si addensano ombre. Infatti essa non sara' valida finche' non ratificata ed assorbita nelle legislazioni nazionali tramite un atto del parlamento o un referendum, ma molti Stati, o forze politiche all'interno degli Stati vogliono andare al referendum, in alcuni casi nella speranza che i cittadini rifiutino l'adesione al trattato. Per la ratifica del trattato, e quindi l'adozione della Costituzione, c'e' tempo fino alla fine del 2006. 12 Paesi hanno già deciso di ricorrere al referendum. Oltre alla Francia e alla Gran Bretagna, voteranno anche Spagna, Portogallo, Polonia, Olanda, Belgio, Irlanda, e Lettonia. Tre Stati sono incerti, mentre sono 10 quelli che si affideranno al Parlamento. Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, al momento della firma ha detto che "la Costituzione sarà ratificata dal Parlamento e l'Italia sarà il primo fra gli stati membri a tagliare il traguardo", ed e' d'accordo anche il presidente ad interim della Commissione, Romano Prodi, ma c'e' l'ostacolo della Lega, sebbene ieri sera il governo abbia votato a maggioranza il ddl per la ratifica del trattato ed oggi il presidente Ciampi - da sempre convinto europeista - lo abbia firmato per la trasmissione alle Camere. Secondo esperti dell'Istituto Gallup, la maggioranza dei cittadini dei Paesi europei si dichiara a favore del trattato costituzionale, ma in realta' vi sono diversi distinguo per i contenuti della Costituzione stessa, da alcuni vissuta come troppo poco europeista e solidale (Francia) e da altri come minaccia all'autonomia del proprio Paese (Regno Unito). Se a respingere la costituzione fosse un grande Stato come la Gran Bretagna, il problema sarebbe forse maggiore che per un Paese piccolo come l'Estonia, e forse risolvibile, ma uno dei Paesi fondatori, come la Francia creerebbe dei seri problemi, compromettendo l'intero progetto europeo. I Paesi che sottoscrissero l'atto fondativo nel '47 a Roma furono infatti Italia, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Inoltre anche i Paesi che ratificassero la nuova Costituzione, la debbono poi concretamente applicare, adeguandosi ad esempio alla libera concorrenza, ed alla difesa dei diritti umani e civili in essa espressi - fra cui la liberta' di stampa - , ed all'adozione di strumenti comunitari quali il mandato d'arresto europeo. In alcuni Paesi, come l'Italia, siamo ancora ben lontani da molti di questi requisiti, come dimostrano la reiterata condanna del Parlamento UE sulla gestione dell'informazione e i numerosi rinvi alla Corte Europea per le violazioni alla concorrenza. Dunque l'Unione e' in pericolo: individualismi e contrasti rischiano di avere la meglio sugli ideali che la videro in embrione nel lontano 1947. Forse e' cambiato lo spessore di alcuni degli statisti che sono coinvolti in questo progetto, forse c'e' troppo benessere proprio mentre si imputa all'euro una maggiore poverta', forse la caduta generale degli ideali ha sminuito anche quelli europei. Forse tocchera' ai cittadini ribadirli e ricordarli a chi governa. Sempre che non si facciano condizionare dalla paura e dalla televisione.
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