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NOTIZIARIO del 13
ottobre 2004
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Permessi
premio a Giovanni Brusca : le reazioni e la legge Molti sono sconcertati dalla notizia che il tribunale di sorveglianza di Roma abbia dato al reo confesso dell'assassino del piccolo Giuseppe Di Matteo, all'autore della strage di Capaci e mandante di decine di altri delitti di mafia, un premio per buona condotta, e che tale provvedimento preveda la possibilita' di uscire dal carcere con permessi. L'ex capomafia di San Giuseppe Jato ha trascorso gia' alcuni giorni in una localita' segreta, grazie ai benefici carcerari e nelle prossime settimane i giudici del tribunale di sorveglianza dovranno decidere anche sull'istanza di scarcerazione del collaboratore di giustizia, cui dovrebbero seguire gli arresti domiciliari. Per la decisione si terra' comunque conto dei pareri dei PM di Palermo, Caltanissetta e Firenze e della Direzione Nazionale Antimafia condotta da Pier Luigi Vigna, che non certificheranno la genuinita' del pentimento di Brusca, quanto la portata degli effetti della sua collaborazione nello scardinamento dell'organizzazione mafiosa. Quanto accaduto, e la possibilita' di una eventuale scarcerazione indignano molti. La stessa sorella di Giovanni Falcone, Maria, ha commentato che ''e' necessario che ci siano delle agevolazioni e riduzioni di pena per chi collabora. Credo pero' che a persone a cui toccherebbero cento ergastoli gia' vent'anni sono un'agevolazione. Ma devono essere fatti in carcere''. Le reazioni sono comprensibili, tuttavia non si puo' - come fatto da cluni esponenti della maggoranza parlamentare - sfruttando la sensibilita' popolare attaccare i giudici, che si limitano ad applicare la legge. Va infatti considerato che il "pentitismo" e' l'unica arma disponibile per sconfiggere la mafia, dato che in questi contesti omertosi tutte le prove vengono sempre eliminate, le faccende sporche discusse in "famiglia", i testimoni scomodi "fatti fuori" senza remore. I collaboratori di giustizia (se siano davvero pentiti non lo sappiamo) sono quindi indispensabili alle indagini e al processo, ma come in ogni sistema democratico (che quindi non tortura per ottenere le informazioni), in cambio della collaborazione vengono offerti alcuni benefit, fra cui sconti di pena, stipendi, lavori e vite nuove per chi collabora e per la sua famiglia. I benefici sono proporzionati al contributo dato alle indagini, e lo stesso fa negli USA l'FBI. In Italia c'e' stato un certo ridimensionamento, ma in Usa per i programmi di protezione dei testimoni, spesso ex killer od ex boss, si spendono cifre da capogiro. Puo' fare impressione, nel caso di Brusca in particolare, ma e' cosi', e serve da stimolo per altri a parlare. Fra l'altro oggi in Italia il collaboratore di giustizia rischia moltissimo, insieme alla sua famiglia, specialmente da quando il giusto processo impone ai testi di ripetere nell'aula del tribunale le loro accuse e testimonianze. In tal modo si 'alza il prezzo' del 'pentimento'. Si tratta comunque - come dicevo - di un effetto della legge, voluta da parlamentari di ambo gli schieramenti politici. Ben altri effetti negativi hanno prodotto leggi recentemente approvate in campo penale per imputati "eccellenti" non mafiosi, ma che pero' si sono riflettute sulle indagini e i processi di mafia, come il legittimo sospetto e il rientro dei capitali dall'estero. La Casa delle liberta' aveva in progetto si' di modificare le regole, ma con il cosiddetto pdl Pittelli, il quale prevede da un lato che non possano essere usate per nuovi processi le risultanze di precedenti procedimenti penali, dall'altro che non si possa condannare nessuno se le prove sono tutte della stessa natura. Naturalmente nei processi di mafia le prove sono tutte di natura testimoniale, dunque per Brusca non vi sarebbero stati riduzione della pena e permessi premio come accade oggi, ma con una legge come quella non sarebbe mai stato possibile nemmeno incriminarlo e condannarlo. Falcone e Borsellino, eroi stupidi
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Vittime di mafia: una proposta Paolo Borsellino nel ricordo di Davigo, Imposimato, Borgna e Don Riboldi
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