NOTIZIARIO del 07 ottobre 2004

 
     

Il dibattito sul caso di Previti infiamma i parlamentari
di red

La richiesta sul conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del tribunale di Milano, sezioni prima e quarta penale approvata alla Camera dei Deputati - controversia che contrappone di fatto Cesare Previti ed i magistrati della procura di Milano, per decisioni prese in merito ad un processo in cui il parlamentare era imputato - ha infiammato il 4 ottobre i parlamentari.

La richiesta alla Corte Costituzionale riguarda chi debba stabilire se va data priorita' agli impegni istituzionali del parlamentare imputato oppure alla sua presenza nell'aula del tribunale nell'interesse della speditezza del procedimento giudiziario.

Sulla questione si e' sviluppato un ampio dibattito, anche perche' la Corte aveva gia' sentenziato su analoga domanda gia' posta dal Parlamento e vi era anche un parere dell'inviato dell'ONU in merito.

Gli argomenti a sostegno della richiesta sono che "la funzione parlamentare non può mai essere condizionata dall'impegno giudiziario" - come ha ricordato l'on. Bonito , DS, per confutarli - e che "qualsivoglia convocazione per svolgere una qualsiasi attività parlamentare costituisce fondamento per invocare legittimamente il legittimo impedimento a comparire nel processo." Bonito ha ricordato che "la Corte costituzionale - partiamo dai dati certi - non ha affatto affermato i principi invocati ed evocati dal collega Previti, in quanto ha stabilito che il giudice deve bilanciare l'interesse costituzionale alla speditezza del processo - il cosiddetto giusto processo - con l'interesse all'integrità funzionale del Parlamento. La Corte ha altresì affermato che i due valori costituzionali in gioco, la funzionalità del Parlamento e il funzionamento della giustizia, hanno pari rilievo: nessuno dei due può schiacciare l'altro."

Il parlamentare ha ricordato il "caso Matacena", commentando che in merito"i giudici costituzionali hanno affermato il principio in virtù del quale, nel caso in cui ordinanze o pronunciamenti del tribunale hanno violato le prerogative parlamentari, tali vizi vanno dedotti come motivi di gravame o come eccezioni e la loro delibazione deve essere affidata ai giudici terzi, ai tribunali della Repubblica." Bonito ha definito quello di Previti "uno squallido tentativo di ostruzionismo processuale" aggiungendo che "caso per caso, l'onorevole Previti ha sempre, continuamente e sistematicamente strumentalizzato la funzione parlamentare". Bonito ha anche sottolineato, in riferimento ai parlamentari, che si tratta anche di una "questione di opportunita' politica" e che "in questo paese anche i ricchi ed i potenti debbono soggiacere alla volontà della legge".

Critiche immediate dall'on. Deodato, esponente della maggioranza, che ha parlato di "personalizzazione" scorretta da parte del collega, tornando pero' egli stesso a sitare il caso Previti.Deodato ha detto che "Con le note sentenze n. 225 del 2001, n. 263 del 2003 e n. 284 del 2004, la Corte costituzionale, riconoscendo la parità di rango costituzionale tra la funzione giurisdizionale e quella parlamentare, ha ritenuto che il giudice non possa sacrificare l'interesse all'esercizio della funzione parlamentare per far prevalere l'interesse alla speditezza del processo; e che, invece, debba procedere ad un ragionevole bilanciamento tra le due esigenze, fissando cioè le udienze, si dice testualmente, in giorni non programmati per lo svolgimento delle attività parlamentari."

Deodato ha aggiunto che "il deputato, per dimostrare il suo legittimo impedimento, non è tenuto a dare prova dell'effettiva partecipazione alla seduta, essendo sufficiente la produzione di atti di provenienza parlamentare (che, in quanto tali, il giudice non può disattendere) i quali attestino la concomitanza tra la seduta e l'udienza. Erroneamente, quindi, il giudice del tribunale di Milano ha ritenuto non probante, ad esempio, un telegramma del Presidente della Camera attestante la concomitanza dei lavori parlamentari."

Secondo Deodato "il tribunale di Milano ha disatteso ben tre sentenze della Corte costituzionale" poiche' "il giudice di Milano, non solo ha contravvenuto al divieto di valutazione della prova dell'impedimento parlamentare dell'imputato, ma non ha nemmeno proceduto ad giudizio di bilanciamento - come previsto - tra le diverse esigenze del funzionamento della giurisdizione e del rispetto della libertà e dell'autonomia delle funzioni parlamentari."

L'on. Graziella Mascia, dell'opposizione, ha invece sottolineato che "la Corte costituzionale, come alcuni colleghi hanno richiamato, si è già pronunciata su questa materia e, in particolare, afferma tra le altre cose che non è compito della Corte medesima, ma dei competenti organi della giurisdizione stabilire i corretti criteri interpretativi e applicativi delle regole processuali. La Corte costituzionale, dunque, si è pronunciata affinché si stabilisca una leale collaborazione tra i poteri dello Stato e che la valutazione si verifichi volta per volta." A giudizio della parlamentare "il tribunale di Milano ha ampiamente motivato, volta per volta, la sussistenza e l'oggettività circa il legittimo impedimento e, naturalmente, su questo vi è la possibilità di ricorrere in appello in Cassazione." Secondo la Mascia, proprio l'ulteriore richiesta alla Corte Costituzionale farebbe pesare la forza della maggioranza in difesa di un suo componente e quindi personalizzerebbe la questione.

L'on. Cola, AN, ha affermato che "la Corte costituzionale non si è pronunciata, indicando principi di carattere generale, in relazione alle sei ordinanze del 1999. La Corte costituzionale ha annullato le ordinanze!" Cola ha parlato di "arroganza" del giudicee detto che "la questione sul legittimo sospetto non era poi tanto infondata".

In merito al caso Matacena, Cola ha commentato che " L'arroganza della corte di assise di Reggio Calabria ha provocato un effetto nefasto. Infatti, l'annullamento dell'ordinanza della corte di assise ha provocato l'annullamento della sentenza e la corte di assise di appello di Reggio Calabria ha annullato la sentenza, che è retrocessa ancora in primo grado. L'arroganza del tribunale di Milano e del giudice delle indagini preliminari ha provocato e provocherà sicuramente effetti nefasti." Secondo Cola "il tribunale che si vede notificare un impedimento chiaramente fisserà le udienze nei giorni in cui non vi è seduta. Così si conciliano i poteri" e che la Corte costituzionale "ha stabilito il principio che l'impedimento non va assolutamente dimostrato in via ufficiale".

A giudizio di Giuseppe Fanfani, la richiesta e' infondata nel merito e censurabile politicamente", dato che "la Corte costituzionale, nell'annullare le due ordinanze in oggetto, non ha deciso nel merito la questione né poteva farlo. Ha invece ribadito due principi fondamentali. Il primo, che il parlamentare non ha nessuna prerogativa poziore rispetto a quelle stabilite dall'articolo 68 della Costituzione (immunita' parlamentare, ndr).... il secondo - che invece leggo - che: «non è compito di questa Corte, ma dei competenti organi della giurisdizione, stabilire i corretti criteri interpretativi e applicativi delle regole processuali: nemmeno, quindi, stabilire se e in che limiti gli impedimenti legittimi derivanti non già da materiale impossibilità, ma dalla sussistenza di doveri funzionali relativi ad attività» dell'imputato «rivestano tale carattere di assolutezza da dover essere equiparati» all'impedimento assoluto previsto dall'articolo 486 del codice di procedura penale."

Inoltre, secondo Fanfani, "a prescindere dalle persone coinvolte in questa vicenda.... stiamo dando all'esterno una pessima immagine, poiché diffondiamo il messaggio che i potenti possano tutto e che il Parlamento si presti a proteggerli contro la giurisdizione. Se passa tale messaggio, causiamo nel paese un senso di sfiducia complessivo nei confronti delle istituzioni, che non travolge soltanto la giurisdizione, ma anche questo Parlamento.".

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Immunita' non deve diventare impunita'