NOTIZIARIO del 06 ottobre 2004

 
     

Camera : Consulta decida su parlamentari divisi fra tribunali e aule
di Giulia Alliani

Il 4 ottobre il Parlamento ha deliberato l'elevazione di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato innanzi alla Corte costituzionale nei confronti del tribunale di Milano.

La Consulta, in passato, era gia' stata chiamata a risolvere un conflitto tra Camera dei deputati da un lato, e Autorità giudiziaria dall´altro "sul delicato bilanciamento dei valori di pari rango costituzionale, dell'interesse alla speditezza del procedimento giudiziario, e dell'interesse dell'Assemblea parlamentare", e non aveva ritenuto un valore preminente sull'altro.

Anzi, aveva sottolineato in seguito il Presidente Cesare Ruperto, la Corte Costituzionale «ha riconosciuto il pari valore dell'interesse del Parlamento ma non la sua assolutezza».

Infatti da sentenza Corte Costituzionale n. 225 anno 2001, 4/7/2001: "La tutela dell'essenza stessa del sistema parlamentare (che sta nella validità delle deliberazioni delle Camere) è possibile senza che per questo si rinunci all'esercizio della giurisdizione, che può (anche sollecitamente) proseguire, con il solo limite (tutt'altro che gravoso) del rispetto dell'attività di votazione in assemblea programmata dalla Camera."

Il caso era nato da una situazione particolare che e' stata spiegata con chiarezza dal relatore speciale dell'ONU sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati, il malese Dato's Param Cumaraswamy, in due suoi rapporti sulla situazione della giustizia italiana, risalenti al 2002.

Scrive Cumaraswamy: "La situazione era la seguente: il signor Previti aveva chiesto ripetutamente il rinvio delle udienze invocando impegni parlamentari. Il giudice aveva concesso questi rinvii... il giudice ritenne che i rinvii continui avevano portato ad un ritardo eccessivo e decise che la necessità di andare avanti con il processo doveva avere la priorità sugli obblighi parlamentari. Il Parlamento ritenne a sua volta che detta decisione fosse sbagliata e decise di rinviare il caso davanti alla Corte Costituzionale."

L'inviato dell'ONU continua: "Successivamente, una richiesta del signor Previti di annullare tutto il processo e di ricominciare da capo è stata respinta dal giudice. Gli avvocati della difesa hanno allora affermato che il giudice aveva disatteso una sentenza della Corte Costituzionale. Il giudice ritiene invece che spetti alla corte interpretare le decisioni della corte costituzionale."

Dunque, scriveva Cumaraswamy, "Il motivo che ha fatto scattare la protesta nazionale nell'ambito dell'inaugurazione dell'anno giudiziario è stata la risoluzione del Senato del 4 dicembre 2001 in cui si accusavano i magistrati di non aver rispettato la sentenza della Corte Costituzionale secondo cui il processo giudiziario non può avere la precedenza rispetto ai lavori parlamentari, ma che entrambe le circostanze debbano avere uguale importanza. Benché questa decisione riguardasse i giudici di Milano impegnati in una delle cause importanti in corso, ciò è stato percepito come una seria provocazione e un'ingerenza nei confronti dell'indipendenza della magistratura in generale."

Sempre in uno dei due rapporti Cumaraswamy aggiungeva una sua interessante e sensata connsiderazione: "Con riguardo all'importanza contrapposta tra i processi giudiziali e i lavori parlamentari, che era la questione principale della risoluzione del Senato del 4 dicembre 2001, ciò che può essere stato trascurato è il fatto che l'assenza di un singolo membro del Parlamento durante le sessioni parlamentari non impedisce o ritarda l'andamento dei lavori del Parlamento. Invece, senza la presenza dell'accusato in Tribunale a rispondere alle accuse nei suoi confronti, il giudizio non può procedere e la sua assenza, quindi, impedirà e ritarderà lo svolgimento del giudizio. Questa è la differenza."

L'inviato ONU commenta che "seguendo questo ragionamento, il processo giudiziale deve necessariamente avere la precedenza nelle circostanze date. Inoltre l'art. 14 della Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici, e l'espressione corrispondente presente nell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, prevedono che i processi penali dovrebbero essere celebrati senza indebiti ritardi. È compito del Tribunale decidere se questi casi sono celebrati e giudicati senza ritardo".

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