NOTIZIARIO del 18 settembre 2004

 
     

Mutilazioni genitali femminili : violenza e violazione
di Carla Amato

Si conclude oggi in Kenya la conferenza internazionale sulle mutilazioni genitali femminili. La conferenza, intesa a sviluppare un ambiente politico, legale e sociale per la realizzazione del protocollo di Maputo sui diritti delle donne in Africa, e' cominciata il 16 settembre presso il centro internazionale Kenyatta , a Nairobi.

Il problema dell'infibulazione e delle altre mutilazioni genitali femminili e' diffuso in quasi tutto il mondo, in alcuni Paesi per tradizione, in altri per importazione. Non si tratta solo di un problema relativo alle comunita' musulmane, alcune delle quali peraltro non adottano tale pratica, e non e' adottata con le stesse caratteristiche in tutto il mondo.

Si tratta tuttavia di un problema attinente sia liberta' di pensiero che l'integrita' fisica del soggetto che la subisce, oltre che le tradizioni che pervadono le comunita' di appartenenza, per cui a volte sono le stesse donne a chiedere di sottoporvisi. Infatti e' la comunita' in cui vive che emargina la donna che non ha accettato di subire la mutilazione, e che la incoraggiano, spesso conferendo al momento in cui essa viene inferta carattere di festa, con festeggiamenti e doni anche di cospicua entita'. La pratica risulta percio' molto difficile da eradicare.

Il protocollo di Maputo relativo ai diritti delle donne in Africa, sottoscritto da 53 capi di stato dell'Unione Africana il 11 luglio 2003, all'articolo 5 stipula che tale pratica dovrebbe essere proibita e condannata. Per entrare in vigore pero' richiede la ratifica di 15 Nazioni, mentre ad oggi solo 3 Stati l'hanno ratificato formalmente. Il Kenia e' fra i Paesi che stanno avviandosi verso la ratifica.

Il congresso di Nairobi fa parte integrante della campagna per l'estirpazione delle mutilazioni genitali femminili. Il governo keniota, insieme ad organizzazioni quali Non c'e' pace senza giustizia, l'associazione delle Donne dei media in Kenya, l'italiana AIDOS e con la sponsorizzazione della Commissione Europea e dell'UNICEF, ha deciso di ospitare l'importante convegno, presieduto dal presidente del Kenia e dall'europarlamentare italiana Emma Bonino. Il congresso vuole mobilitare governi e sensibilizzare i politici e parlamentari perche' infrangano le tradizioni di vecchia data.

Al congresso partecipano persone che sono state sottoposte in passato a questa violenza, medici, insegnanti, magistrati, rappresentanti a tutti i livelli del governo e rappresentanti della società civile, ONG, leader culturali e religiosi e media. La partecipazione dei rappresentanti delle comunita' locali e' parte essenziale del congresso, mentre i rappresentanti della Comunita' internazionale sono stati coinvolti per evidenziare la dimensione internazionale del problema, data anche la tendenza a perpetuare la pratica da parte degli immigrati.

Lo scorso anno a Il Cairo, i rappresentanti di ventotto Stati africani e arabi interessati dalla pratica della mutilazione genitale femminile, si impegnarono, unitamente ad organizzazioni internazionali e non governative, sottolineando che "le dichiarazione delle piu' alte autorita' religiose" dell'Egitto e di altri Paesi, nonche' del Papa e del patriarca di Alessandria, avevano "riaffermato in che nessun precetto religioso dell'Islam o della cristianita' giustifica la pratica delle mutilazioni genitali femminili" e lanciarono la dichiarazione del Cairo, diretta ai capi di Stato, ai governi, ai Parlamenti interessati.

Con essa invitavano i governi a "promuovere, proteggere ed accertare i diritti dell'uomo, delle donne e dei bambini" sulla base delle convenzioni internazionali e le varie Carte dei diritti. Chiedevano l'adozione di una "legislazione specifica relativa alle FGM per affermare il loro impegno ad arrestare la pratica e garantire i diritti delle donne" con la "proibizione dell'FGM" , nonche' con la "protezione da tutte le forme di violenza sulle donne ed i bambini" e la "sicurezza riproduttiva".

Inoltre si chiedeva ai governi di condurre campagne educative atte a superare le resistenze della societa' sul problema operando sulle guide religiose, i leader tradizionali, i medici, gli insegnanti, la gioventù, gli operatori sociali e tutti i media compresi quelli elettronici, e soprattutto gli uomini, le madri e le suocere, responsabili spesso di volere tale pratica. La dichiarazione inoltre si preoccupava della "definizione legale di FGM, che dovrebbe comprendere tutte le forme di FGM, dovrebbe essere formulata dalle legislazioni nazionali in base alla definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla consultazione con la società civile, compreso la Comunità medica".

Una volta adottata la legislazione che proibisca l'FGM, occorrerebbe poi farla concretamente applicare e la dichiarazione del Cairo suggerisce di istituire severe e concrete sanzioni, suggerendo che le associazioni professionali condannino la pratica ed applichino a loro volta sanzioni rigorose ai professionisti che violano la legge.

La richiesta dei firmatari del Cairo si riferiva anche alle "donne e le ragazze che sono vittime o potenziali vittime di FGM" cui andrebbaro fornite "informazioni sui diritti legali, l'assistenza legale ed i servizi sociali nonche' il sostegno alle ragazze che rischiano di affrontare le ripercussioni negative da parte delle loro famiglie e comunita'".

Nel nostro Paese vivono alcune decine di migliaia di donne infibulate e, ogni anno, oltre 5000 bambine rischiano di essere sottoposte a mutilazioni simili. Sono attivi dei centri di accoglienza volontari con mediatori culturali e medici per fronteggiare il problema, ma e' anche in itinere un progetto di legge - gia' approvato alla Camera e dalla competente commissione del Senato - per concedere asilo alle donne che intendono sottrarsi alle mutilazioni praticate nel proprio Paese.

Il pdl prevede fra l'altro sanzioni, con pene detentive fra i 6 e i 12 anni (e aumento di un terzo in caso di reato su minore) per chi pratica, agevola o favorisce mutilazioni genitali che non abbiano una giustificazione terapeutica.

La Carta dei diritti dell'Uomo dell'ONU protegge la salute fisica e la liberta' dell'individuo, violate dalla pratica. Un rapporto dell'ONU pubblicato due giorni fa sottolineava che le violenze e le discriminazioni sulle donne sono uno dei fattori principali della poverta' e delle malattie nel mondo, perche' una donna assoggettata non chiede protezione dall'AIDS e non ha un controllo sulle proprie gravidanze.

Anche sotto il profilo culturale, il progresso nelle nazioni in via di sviluppo o l'evoluzione democratica in quelle dittatoriali puo' essere solo favorito da una societa' in cui la donna ha diritti uguali agli uomini e ne e' consapevole. Anche se esistono infatti donne capaci di compiere efferati crimini, la donna e' per sua natura continuatrice della vita, quindi contraria alle guerre ed alle violenze, e' la prima educatrice ed inoltre si dimostra statisticamente piu' volta all'interesse generale anche quando amministra la cosa pubblica.

Forse anche per questo in alcuni Paesi ci sono tante resistenze ad affrancarla.

Speciale diritti umani


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Lotta alla discriminazione